Il Sudan nel mirino di Israele

Mentre si infittiscono le voci di un imminente attacco israeliano contro i siti nucleari e strategici iraniani (forse subito dopo le elezioni presidenziali statunitensi), una catena di esplosioni ha devastato la notte del 23 ottobre il grande complesso industriale sudanese di Yarmouk, a 11 chilometri da Khartoum. Le autorità sudanesi non hanno dubbi nell’attribuire le devastazioni all’attacco di jet israeliani. Almeno due morti e 18 feriti il bilancio ufficiale delle esplosioni che avrebbero bloccato per un lungo periodo la produzione di armi e munizioni.  ”Noi riteniamo che Israele abbia condotto questo bombardamento”, ha denunciato il ministro sudanese dell’Informazione, Ahmed Belal Osman, durante una conferenza stampa a Khartoum. ”Ci riserviamo di rispondere nel luogo e nel momento che giudicheremo opportuni” ha avvertito. Secondo Osman, l’impianto colpito – la fabbrica militare Yarmouk – produceva ”armi tradizionali” ed è stato ”parzialmente distrutto” dagli ordigni lanciati da ”quattro aerei da combattimento”. Testimoni oculari hanno confermato di aver visto il lampo di ”un missile” o di un ”un aereo” prima dei boati e delle fiamme, mentre nell’aria si levavano esalazioni tossiche. Il Sudan aveva già chiamato in causa Israele per un paio di attacchi aerei contro presunti convogli di contrabbandieri d’armi avvenuti nel Paese africano nel 2009 e nel 2011. L’ultimo raid  avvenne nella zona di Port Sudan, con un bilancio di due persone uccise e anche allora lo Stato ebraico si era limitato a un no comment. Il raid ricorda l’attacco ordinato nel 1998 dall’allora presidente statunitense Bill Clinton contro l’industria farmaceutica sudanese Al-Shifa, distruitta da missili da crociera perché sospettata di produrre armi chimiche e come rappresaglia contro Khartoum che all’epoca offriva ospitalità a Osama bin Laden, responsabile degli attentati alle ambasciate in Kenya e Tanzania dell’agosto di quell’anno.  ”Israele non ha nessun tipo di reazione a questo argomento” ha detto il premier Benyamin Netanyahu ma nonostante i silenzi israeliani non è un mistero che Gerusalemme consideri il Sudan un Paese chiave nel flusso di armi dirette ad Hamas a Gaza. Armi e munizioni provenienti da Iran e Sudan e che dal territorio sudanese (e dal porto di Port Sudan) raggiungono l’Egitto e il Sinai per poi entrare nella Striscia di Gaza. Secondo indiscrezioni gli esperti israeliani hanno rilevato recentemente la presenza a Gaza di missili antiaerei portatili (per la prima volta da Gaza un’arma del genere è stata lanciata contro un jet israeliano), razzi non guidati e missili anticarro provenienti dagli arsenali libici ma anche di fabbricazione sudanese. L’attacco a Yarmouk, stabilimento di Stato costruito nel 1996 con il supporto dell’Iran dove si producono anche razzi campali di grosso calibro Nazeat e Zelzal (derivati dai Frog 7 sovietici ) e missili balistici a corto raggio Fateh, secondo fonti britanniche sarebbe stato condotto da 8 F-15 israeliani. Quattro armati da bombe di precisione e 4 con compiti di scorta in caso di intervento dell’aeronautica sudanese. Inevitabile l’impiego di velivoli tanker per rifornire in volo i jet (probabilmente sul Mar Rosso) sia all’andata che al ritorno considerato che Khartoum dista oltre 1.700 chilometri dalle basi aeree israeliane. Una distanza non dissimi (sarà un caso?) le da quella che separa Israele da molti potenziali obiettivi in territorio iraniano. Analisti che hanno esaminato le immagini satellitari di Yarmouk riferiscono di due edifici distrutti e 21 danneggiati da bombe ad alto potenziale che hanno provocato crateri di 16 metri di diametro anche se molti danni sono da attribuire all’esplosione di missili e munizioni stockati in decine di containers. Raids aerei a parte, Israele non ha mai nascosto l’ostilità verso il regime sudanese ed è oggi il primo sponsor militare del Sud Sudan, lo Stato nato l’anno scorso dalla secessione delle province meridionali sudanesi.  Tra le reazioni al raid su Yarmouk si segnala quella del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, che ha accusato Israele. ”A mio nome e a nome del governo, condanno il terrorismo sionista per l’attacco contro una fabbrica in Sudan. Condanniamo questo crimine e il terrorismo”, ha detto Haniyeh durante il suo discorso in occasione dell’Eid al-Adha, la Festa del sacrificio. Le esplosioni, ha aggiunto, ”dimostrano ancora una volta che Israele è uno stato fuorilegge che sostiene il terrorismo nella regione e nel mondo”.  Gli Stati Uniti, già in difficoltà in quella regione africana dopo l’attacco dell’11 settembre al consolato di Bengasi (che ha visto l’uccisione di quattro statunitensi incluso l’ambasciatore in Libia) rimasto finora impunito, hanno chiuso l’ambasciata a Khartoum e secondo fonti sudanesi questa decisione rivela che gli Usa sapevano del raid aereo israeliano. Ipotesi sulla quale è lecito avere dubbi considerati I rapporti difficili tra Barack Obama e Benyamin Netanyahu sulla questione palestinese e sulla crisi nucleare con l’Iran.  Teheran  non ha perso tempo a mostrare il suo appoggio militare al Sudan  e il 28 ottobre due fregate della marina militare iraniana sono giunte  in visita a Port Sudan ”per un gesto di sostegno politico, diplomatico e di sicurezza al Sudan” come ha reso noto il portavoce delle forze armate sudanesi, colonnello Sawarme Khalid Saad. Negli ultimi mesi nel porto sudanese sono giunte in visita unità navali pakistane, indiane ed egiziane.

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