IMMIGRATI: EMERGENZA INFINITA SE SPALANCHIAMO LE PORTE

Secondo molte voci autorevoli la tragedia di Lampedusa dovrebbe indure tutti gli italiani a vergognarsi per gli immigrati clandestini morti nel tentativo di arrivare illegalmente sulle nostre coste o più probabilmente uccisi dai criminali ai quali si erano affidati per attraversare il Mediterraneo. Eppure la loro morte non è non può essere colpa dell’Italia come può affermare solo chi è in malafede o affetto da quella vecchia malattia che l’Occidente non è ancora riuscito a debellare nota come terzomondismo. Malattia che assume una forma acuta ogni volta che si impenna il flusso di immigrati clandestini. Un termine quest’ultimo non più di moda, scalzato dal politicamente corretto “migranti” che dovrebbe però essere utilizzato, anche per una forma di rispetto, nei confronti di quanti giungono da noi con un visto sul passaporto. Ha ragione Andrea Tani che sulle nostre pagine ha ricordato l’impegno della nostra Marina e degli altri Corpi dello Stato che sul mare salvano vite umane. Quante? Oltre 5 mila solo quest’anno, 100 mila, forse 120 mila negli ultimi dieci anni come ha dichiarato il ministro della Difesa, Mario Mauro. C’è un’altra forza navale in Europa o nel mondo che abbia fatto altrettanto?   

Qualche motivo di imbarazzo ce lo offrono invece, ancora una volta, i nostri politici. Non solo perché li abbiamo eletti noi ma soprattutto perché affrontano con un preoccupante dilettantismo una grave emergenza nazionale. Bravi a spargere lacrime e a lanciare slogan buonisti quanto pericolosi, ma del tutto incapaci di difendere il territorio e gli interessi nazionali di fronte ai Paesi nordafricani, all’Europa, alle organizzazioni criminali e soprattutto di fronte ai cittadini italiani. La politica dell’accoglienza, ribadita in questi giorni da quasi tutte le forze politiche potrà solo produrre altri esodi di massa verso le nostre coste per la gioia delle mafie nordafricane che gestiscono i traffici di “schiavi” come ancora vengono chiamati i neri da molti arabi del Nord Africa. L’Italia è oggi il principale “complice” di queste organizzazioni senza scrupoli che incassano migliaia di euro da ogni clandestino, che dispongono il carico umano su ogni carretta galleggiante (o semi-galleggiante) facendo attenzione a distribuire donne in avanzato stato di gravidanza e bambini consapevoli che la loro presenza a bordo faciliterà l’accoglienza in territorio italiano. Lo conferma il progressivo aumento degli arrivi dopo le dichiarazioni degli esponenti del governo italiano, nessuno dei quali pare avere i nervi saldi per gestire l’emergenza con più realismo e meno chiacchiere miste a lacrime.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il premier Enrico Letta non solo si vergogna dei morti in mare, come se fosse colpa sua o dell’Italia, ma se la prende addirittura col magistrato che ha incriminato i sopravvissuti ai naufragi per “immigrazione clandestina”. Un atto dovuto considerato che in Italia come in tutto il mondo è un reato (le pene più severe sono applicate proprio dai Paesi africani) anche se Letta ha detto che lui lo abolirebbe. Una dichiarazione che incoraggia i traffici e i trafficanti di esseri umani. Criminali che avranno presto molti nuovi clienti e che hanno ricevuto un incentivo al loro business anche dal ministro degli Esteri, Emma Bonino, per la quale “pattugliare il Mediterraneo deve consentire di salvare più migranti in mare, non tenerli a morire in Libia o costringerli a rimanere in Eritrea”.
Ma certo, invitiamoli tutti, ma non solo somali, eritrei e siriani. Per non fare discriminazioni etniche accogliamo in Italia anche sudanesi, congolesi, malgasci, maliani e tutti gli altri. Si accomodino lor signori, pagando un piccolo obolo ai trafficanti arabi potrete sbarcate in Italia e da lì andare dove volete, tanto dai centri di assistenza italiani si scappa agevolmente.

Anche i funerali di Stato dei naufraghi suonano quanto meno sopra le righe, sintomo di una certa confusione tra pietà e Stato. Tributare a chi è deceduto violando la legge gli stessi onori accordati ai militari italiani caduti in battaglia non renderà meno grave la tragedia in atto nel Canale di Sicilia così come la “missione umanitaria” che il governo sta varando finirà per moltiplicare le dimensioni del problema. Aumenterà gli accessi dei clandestini e gli incassi dei trafficanti che potranno risparmiare anche sul carburante delle carrette quando la Marina andrà a prenderle davanti alle coste libiche. Con un po’ di pragmatismo appare chiaro che l’attuale emergenza può essere risolta solo respingendo gli immigrati sulle coste del Nord Africa dove Onu, Ue, altri organismi internazionali, organizzazioni religiose e laiche avranno modo di fornire loro assistenza umanitaria, sempre che criminali e miliziani lo consentano. Un’operazione che non escluderebbe il rischio di tragedie come quelle di Lampedusa, come abbiamo visto all’ordine del giorno anche con l’accoglienza, ma che in breve tempo scoraggerebbe i flussi migratori illegali azzerando il business dei trafficanti di esseri umani. Solo così si possono salvare vite umane prevenendo affondamenti in alto mare mentre per affrontare i costi l’Italia potrebbe pretendere il contributo aeronavale e finanziario dell’Europa. Del resto l’Europa latita e le alternative ai respingimenti sono solo pura demagogia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Trasformare tutti gli immigrati in “profughi” che possono chiedere asilo ingigantirebbe il fenomeno perché milioni di africani verrebbero volentieri a “fare i profughi” in Italia. O in un’Europa campionessa mondiale di falso moralismo, che ci redarguisce se ci azzardiamo a respingere un “migrante” ma non sopporta che qualcuno dei disgraziati sbarcati in Italia raggiunga Nizza o Berlino. Certo, siamo tutti consapevoli che la pochezza della nostra classe politica consente all’Europa di prenderci a calci nel sedere ma nessuno ha mai chiarito perché gli altri Paesi del Mediterraneo possono scoraggiare l’immigrazione clandestina con i respingimenti e l’Italia no. Grecia, Cipro e Malta hanno un peso maggiore di Roma a Bruxelles?

Anche abrogare il reato di immigrazione clandestina amplificherebbe il problema. Saremmo l’unico Paese al mondo a rinunciare alla pretesa di identificare chi supera le sue frontiere. Se abrogassimo il reato di furto i ladri non scomparirebbero…anche se l’ennesimo indulto in arrivo ne rimetterà presto in libertà un bel po’ a costi forse minori per lo Stato (ma non per i cittadini) rispetto alla costruzione di nuove carceri con alloggi più dignitosi. Persino le tante chiacchiere, in auge in questi giorni, che vorrebbero interventi nei Paesi africani per stabilizzarli e scongiurare così l’emigrazione sono aria fritta allo stato puro. Non siamo riusciti a inviare un pugno di aerei di supporto logistico in appoggio ai francesi in Mali e qualcuno pensa davvero a mandare truppe a stabilizzare Libia, Somalia ed Eritrea?

 

 

 

 

 

 

 

 

Inutile contare sull’aiuto dei governi africani. Ha ragione Anna Bono, l’africanista che ha registrato il silenzio fragoroso dei governo di Somalia ed Eritrea per l’orribile morte dei loro connazionali. Noi dovremmo vergognarci mentre a loro non importa nulla. In Somalia si combatte da 30 anni e il regime eritreo è impegnato ad alimentare l’esodo dei suoi cittadini perché impone agli emigrati una “tassa” in base ai loro guadagni ricattandoli con la minaccia di rappresaglie sui famigliari rimasti in Eritrea. La “sensibilità” dei governi africani per la vita dei loro cittadini è stata criticata anche da Human Rights Watch. “L’Unione Africana dovrebbe avere in cima alla propria agenda la soluzione delle crisi in Eritrea e Somalia, dopo la strage di Lampedusa, e in generale come ridurre la fuga dei migranti dai conflitti e dalla fame invece di preoccuparsi solo di proteggere un pugno di persone potenti” si legge in un comunicato di HRW dopo che ieri il vertice della Ua aveva chiesto di riformare le procedure de Tribunale penale internazionale dell’Onu che persegue diversi leader africani per crimini di guerra e contro l’umanità.

I nordafricani invece ci prendono per c…ollo da anni, a causa di governi impotenti o collusi con le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Di fronte all’arrivo a Lampedusa di centinaia di clandestini al giorno il premier Alì Zeidan ha dichiarato che la Libia non ha “spalancato le porte” di fronte al problema dell’immigrazione assicurando che il suo governo farà il possibile per tenere sotto controllo i punti di partenza dei barconi, come i porti di Zuara e Misurata. Zeidan non ha il controllo neppure della camera d’albergo di Tripoli nella quale vive (e dove miliziani islamici lo hanno sequestrato per alcune ore nei giorni scorsi), figuriamoci di città lontane in mano alle gang locali. Il premier non ha però perso l’occasione per chiedere aiuto all’Europa per addestrare dei guardiacoste e avere accesso al sistema satellitare per monitorare le frontiere. Una musica che assomiglia tanto al valzer di richieste economiche alternate all’invio di masse di immigrati di cui fu protagonista negli anni scorsi Muammar Gheddafi. Con il quale almeno l’accordo l’avevamo trovato, prima di rovesciarlo e ucciderlo con le stupide “bombe intelligenti” della Nato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quest’anno spendiamo quasi 18 milioni di euro per assistere e addestrare le forze libiche tra cui i peggio spesi sono i 7,5 milioni che finanziano la manutenzione delle motovedette regalate nel 2009 dalla Guardia di Finanza alla Guardia Costiera libica proprio per il contrasto dell’immigrazione clandestina. Tre imbarcazioni sembra siano andate distrutte durante la guerra del 2011 ma altre tre sono diventate “stealth”. Nel senso che non si sono mai viste contrastare l’immigrazione ma qualche volta sono apparse sul mare per abbordare i pescherecci italiani in acque internazionali. Stesse caratteristiche “stealth” che caratterizzano anche le tre motovedette da 34 metri donate l’anno scorso alla Tunisia e costate al contribuente italiano 25 milioni di euro. Ultimo impiego il 20 settembre scorso per catturare il peschereccio Cartagine “in navigazione a 70 miglia dalle coste tunisine” come ha riferito la nostra Marina che ha cercato invano di impedirne la cattura inviando un elicottero.

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre i pescatori di Mazara del Vallo devono pagare “riscatti” per liberare pescherecci ed equipaggi, il governo italiano ha stanziato nei giorni scorsi per l’emergenza immigrati 220 milioni di euro che suonano come uno schiaffo anche per i contribuenti italiani tartassati e privati progressivamente di servizi e garanzie sociali. La realtà concreta, che la politica sembra non riuscire a vedere, è che l’Italia non si può permettere il lusso di accogliere decine di migliaia (per ora) di immigrati clandestini. Non è una questione politica  (centro-destra e Lega Nord oggi sbraitano ma nel 2011  accolsero, oltre ai profughi africani dalla Libia, anche 24 mila tunisini che non avevano nulla a che vedere con la guerra) ma economica e sociale. Con il 13 per cento di disoccupati, PIL in pichhiata, milioni di persone che non arrivano a fine mese e tanti pensionati che mettono insieme pranzo e cena solo grazie alle mense della Caritas, in Italia non avremmo bisogno neppure degli immigrati regolari, figuriamoci dei clandestini.

Foto: Marina Militare

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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