OPERAZIONE MARE NOSTRUM

Con l’arrivo nelle acque a sud della Sicilia della nave da assalto anfibio San Marco e  con la prima missione di sorveglianza anti-immigrazione di un Breguet Atlantic del 41° stormo dell’Aeronautica, domenica 20 ottobre ha preso il via a tutti gli effetti  l’operazione “Mare nostrum”  che vede impegnate sei unità navali d’altura con una decina tra aerei, droni ed elicotteri. Un dispositivo militare che si aggiunge a quello costiero già in atto da tempo per il controllo e il soccorso agli immigrati clandestini in arrivo oggi per lo più dalla Libia ma anche da Tunisia, Egitto e persino Libano. Di fatto “Mare nostrum” costituirà una sorta di anello esterno del dispositivo nazionale di individuazione e soccorso che avrà la possibilità di spingersi fino a ridosso delle acque territoriali dei Paesi del Nord Africa per prevenire tragedie come quelle verificatesi nei giorni scorsi a Lampedusa. Forze d’altura quindi che si aggiungono a quelle più leggere composte dai mezzi di Capitanerie di Porto e Guardia di Finanza che hanno gestito finora l’emergenza determinata da un flusso di immigrati clandestini (36 mila da gennaio) che ha un solo precedente, nel 2011, quando ne giunsero 65 mila in seguito al caos tunisino e al conflitto libico. Un’emergenza gestita sull’isola di Lampedusa soprattutto dai militari dell’Esercito assegnati all’operazione “Strade sicure” tra i quali anche alcuni di origine somala ed eritrea in grado di comunicare con gli immigrati nella loro lingua.

 Le forze in campo
Le unità messe in campo dalla Marina Militare, che ha il comando dell’operazione su delega dello Stato maggiore difesa, sono sei. La nave da assalto anfibio San Marco (nave comando dell’ammiraglio Guido Rando alla testa di “Mare nostrum”)  due fregate classe Maestrale, due pattugliatori d’altura classe Cassiopea o Comandanti (in alternativa corvette classe Minerva) e una nave da trasporto costiero classe Gorgona. A queste forze si aggiunge un dispositivo aereo assegnato alla missione comprendente 4 elicotteri Ab 212, 2 elicotteri EH-101, un pattugliatore piaggio P-180, un pattugliatore marittimo Breguet Atlantic dell’Aeronautica e un velivolo teleguidato Reaper MQ 9 del 32° Stormo dell’Aeronautica che ha rischiersato a Lampedusa anche un elicottero da ricerca e soccorso HH-139 SAR. L’In tutto 1.500 militari per oltre la metà imbarcati. Sul piano navale il dispositivo appare decisamente sovradimensionato rispetto alle esigenze di soccorso. Le fregate lanciamissili da 3.300 tonnellate la nave da assalto anfibio da 8 mila tonnellate non sembrano essere i mezzi ideali per salvare naufraghi anche se a bordo del San Marco è operativo un ospedale in grado di prestare cure immediate. “Abbiamo aumentato la taglia delle navi – ha precisato l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina, – perché il fenomeno dell’immigrazione ha assunto ormai dimensioni bibliche, per cui troviamo imbarcazioni che hanno a bordo trecento, quattrocento persone, e le nostre navi tradizionalmente impiegate per questo compito sono troppo piccole”.  Assetti così impegnativi (e costosi) possono però avere una loro ragione d’impiego anche per compiti diversi dal solo soccorso in mare.

 

 

 

 

 

Quali obiettivi?
“Mare Nostrum” è stata presentata dai ministri di Interni e Difesa, Angelino Alfano e Mario Mauro, come un’operazione di soccorso di durata non precisata (ma il premier Enrico Letta ha detto il 21 ottobre che l’operazione terminerà il 2 dicembre) tesa a mettere in salvo gli immigrati ma anche a fungere da deterrente contro gli scafisti. “Sarà un’operazione militare e umanitaria. Nel Mediterraneo meridionale ci sarà un rafforzamento del dispositivo di sorveglianza in alto mare, che è già presente, ma noi lo andiamo a incrementare” ha detto Mauro. Alfano ha invece sottolineato l’aspetto della sicurezza. “L’Italia rafforza la protezione della frontiera” perché “c’è la deterrenza che si ha dal pattugliamento, più l’intervento delle Procure cha già in due circostanze hanno sequestrato le navi e arrestato l’equipaggio”. Difficile però immaginare di poter scoraggiare i trafficanti aiutando i loro “clienti” a raggiungere l’Italia. Se il compito è solo quello di soccorrere in mare e portare in Italia gli immigrati africani allora la missione rischia di essere senza fine perché la presenza navale italiana incoraggerà i flussi migratori e ingigantirà il business delle organizzazioni criminali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che deterrenza potrà mai venire espressa agli scafisti il rischio di venire arrestati da un Paese che sta per varare l’ennesimo indulto svuota carceri? Anche il supporto delle istituzioni europee, richiamato e sollecitato da Roma, non sembra in grado di offrire contributi concreti a far fronte all’emergenza, almeno in tempi brevi. L’agenzia Ue per i confini Frontex offre un contributo limitato sul piano aereo e non mette in campo nel Canale di Sicilia neppure una motovedetta (una però l’ha offerta la Slovenia), nessun partner della Ue si è offerto di accogliere un po’ di clandestini in arrivo o già arrivati  mentre il sistema di rilevamento Eurosur non sarà operativo fino a dicembre, quando l’inverno e le peggiorate condizioni del mare avranno già limitato le traversate….ma solo fino alla primavera successiva. A conferma che l’immigrazione clandestina resterà un problema italiano basti ricordare che la Ue ha risposto all’emergenza stanziando appena 30 milioni di euro mentre in molti Paesi del nord non sono mancati commenti distaccati che lasciano intendere come il problema dovrà essere gestito ancora una volta dall’Italia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessuno finora a Roma ha parlato apertamente di respingimenti ma alcune dichiarazioni  hanno fatto balenare la possibilità che molti migranti possano venire respinti in Libia ha contribuito il ministro Mauro. Pur precisando che migranti bisognosi di assistenza sanitaria verranno trasferiti sulle navi militari, il ministro ha detto che le imbarcazioni individuate verranno “scortate verso il porto più sicuro e più vicino, non necessariamente italiano”. Grecia e Malta, notoriamente, non vogliono saperne. Resta quindi l’ipotesi di un’intesa con la Libia  sollecitata in questi giorni da visite di delegazioni italiane a Tripoli tese anche a indurre il premier Alì Zeidan a schierare la polizia sulla costa per impedire nuove partenze. L’obiettivo di riportare in Libia i barconi, bloccandoli appena lasciano le coste nordafricane, giustificherebbe la presenza di navi da guerra come le Maestrale (utili a esprimere deterrenza contro le milizie libiche armate fino ai denti) e l’impiego della San Marco che oltre al posto comando e a un ospedale attrezzato imbarca fucilieri di Marina, elicotteri e mezzi da sbarco.

 

 

 

 

 

 

 

Come ha sottolineato (anche sulle pagine di Analisi Difesa) il generale Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica e presidente della Fondazione ICSA, i droni Predator  “dovrebbero essere impiegati per il pattugliamento delle coste libiche, per individuare in maniera precoce le attività preparatorie all’imbarco dei migranti e fermarle per tempo anziché utilizzati in una ricerca in mare aperto” delle imbarcazioni. Nonostante gli sforzi annunciati da Roma per un coordinamento con le autorità di Tripoli e la collaborazione offerta dal premier Alì Zeidan è meglio non farsi illusioni anche perché il governo libico non controlla neppure il centro della capitale, figuriamoci i porti di Zuara e Misurata in mano a milizie che incassano la “tassa portuale” dalle organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di esseri umani.

 

 

 

 

 

 

I costi
L’operazione “Mare nostrum” verrà presumibilmente finanziata, almeno per i primi mesi, con i  190 milioni di euro messi a disposizione nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri per l’emergenza immigrazione ( più 20 milioni per l’accoglienza dei minori). I costi vivi dell’operazione non sono stati annunciati dal ministro Mauro che si è limitato a definirli “in crescita” rispetto al milione e mezzo al mese speso fiora per gestire l’emergenza con i mezzi di Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza. Quanto in crescita proviamo a stimarlo utilizzando le tabelle di onerosità della Marina che dimostrano chiaramente quanto siano sottostimate le valutazioni che riferivano di costi intorno ai 3 o 4 milioni mensili.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un giorno di navigazione di una Maestrale costa circa 60 mila euro, del San Marco 45 mila, per le corvette la spesa è di 20 mila euro e tra i 12 e i 15 mila euro per i pattugliatori. L’impiego delle sole unità navali costerà quindi in media 200 mila euro al giorno ai quali aggiungere il costo delle ore di volo della decina di velivoli assegnati all’operazione. Almeno 4 gli elicotteri AB-212 coinvolti con un costo orario di 4 mila euro come quello del drone Reaper (Predator B) messo a disposizione dall’Aeronautica Militare e che verrà probabilmente trasferito dalla base di Amendola (Foggia) a una più vicina al Canale di Sicilia (forse a Trapani). I due sofisticati elicotteri EH-101 dotati di radar per la ricerca di superficie costano 7 mila euro a ora di volo mentre tra gli aerei da pattugliamento i costi variano dai 2 mila euro dei piccoli Piaggio P-180 ai 13 mila euro dei grandi e vecchi Breguet Atlantic.
Anche ipotizzando un impegno dei mezzi aerei di meno di 20 ore di volo al giorno si raggiunge un costo medio di  100 mila euro. Sommando i costi aerei e navali più le indennità d’imbarco dei circa 800 marinai delle sei unità navali coinvolte si può ipotizzare una spesa media giornaliera di almeno 300 mila euro, cioè 9 milioni di euro al mese a cui aggiungere 1,5 milioni per il dispositivo di unità costiere già in azione per un totale di 10,5 milioni, anche se fonti ben informare riferiscono un conto di 12 milioni. Cifre che forse non viene resa nota per ragioni politiche poiché l’impatto sull’opinione pubblica di ulteriori spese militari e per l’accoglienza immigrati rischiano di risultare ben poco popolari di fronte ai sacrifici imposti dal governo agli italiani.

 

 

 

 

 

 

 

L’impatto dell’operazione “Mare nostrum” sarà valutabile già entro pochi giorni evidenziando se avrà la capacità di scoraggiare i traffici di esseri umani o se, al contrario, la presenza navale riempirà altri barconi di disperati. Di certo questa emergenza “aiuta” la Marina confermando la necessità di rinnovare la flotta d’altura italiana (e non solo per compiti strettamente militari) in rapido invecchiamento. L’ammiraglio De Giorgi vorrebbe una “legge navale” che stanzi 10/12 miliardi in dieci anni per sostituire la cinquantina di unità di prossima radiazione. Sette miliardi sono già previsti dalla Legge di Stabilità all’esame del Parlamento e probabilmente sufficienti per mettere in cantiere una nutrita classe di pattugliatori d’altura multiruolo e completare il finanziamento del programma Fremm con le dieci unità previste.

 

 

 

 

 

 

 

TABELLA  COSTI

FREGATE CLASSE MAESTRALE  € 60 mila euro /giorno
LPD SAN MARCO   € 45 mila/giorno
CORVETTE  CLASSE MINERVA  € 20 €mila /giorno
PATTUGLIATORI  CLASSI COSTELLAZIONI/COMANDANTI  € 12/15 mila euro /giorno
TRASPORTO COSTIERO CLASSE GORGONA  € 4 mila euro /giorno
ELICOTTERI AB 212   € 4 mila/ora di volo
ELICOTTERI EH 101  € 7 mila /ora di volo
PATTUGLIATORI P-180  € 2 mila ora di volo
DRONI PREDATOR   € 3 mila euro/ora di volo
PATTUGLIATORI ATLANTIC  € 13 mila euro /ora di volo

Foto Marina Militare e Aeronautuca Militare

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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