Angola: nuovo “eldorado” per le aziende italiane della Difesa?

Il boom petrolifero e l’aspirazione a ricoprire un ruolo di rilievo nello scenario strategico africano  stanno trasformando l’Angola in uno dei più importanti acquirenti di sistemi d’arma ed equipaggiamenti militari di un continente che secondo le stime di Forecast International nel 2018 vedrà la spesa militare raggiungere i 46 miliardi di dollari. Tradizionale cliente dell’industria sovietica e poi russa, l’Angola  sembra puntare decisamente verso l’Europa per acquisire nuovi equipaggiamenti aprendosi a prospettive di cooperazione ad ampio respiro con le aziende italiane.  L’arrivo della portaerei Cavour e delle altre unità (fregata Bergamini e rifornitore Etna) del 30° Gruppo Navale nel porto di Luanda (dove resterà dal 15 al 19 febbraio) coincide infatti con il possibile concretizzarsi di commesse militari angolane per i prodotti “made in Italy” non solo legati a forniture di tipo strettamente militare ma anche a strumenti per la protezione delle frontiere e aree marittime di interesse economico.

Secondo produttore africano di petrolio, ma orientato a superare presto la Nigeria grazie ai nuovi giacimenti rivenuti sia a terra che in mare, Luanda ha varato un ampio piano di ammodernamento militare grazie a un bilancio della Difesa in continua ascesa e pari quest’anno a 5,7 miliardi bdi dollari, superiore al Sud Africa e secondo nel ciontinente africano solo all’Algeria. Cifre in costante crescita ma necessarie non solo ad acquisire nuovi mezzi ma anche a migliorare le pessime condizioni di vita del personale militare. Nel novembre scorso il ministro della Difesa Candido van Dunem è giunto in Italia dove ha incontrato i vertici della Difesa, di Segredifesa e Finmeccanica visitando diverse aziende del gruppo ed esprimendo l’auspicio di instaurare “relazioni strategiche” con l’Italia. La visita verrà ricambiata in questi giorni dal ministro Mario Mauro e fonti ben informate riferiscono che in quell’occasione potrebbe venire firmato un accordo tecnico i cui preliminari sonio già stati sottoscritti a Roma.

Luanda vuole formare i suoi ufficiali nelle accademie e scuole militari italiane e punta ad acquistare unità navali d’altura per proteggere le piattaforme off-shore (che sfruttano giacimenti di petrolio valutati 7 miliardi di barili), blindati e mezzi terrestri, aerei d’addestramento e un sistema di controllo integrato delle frontiere simile a quello venduto alla Libia. Un giro d’affari potenzialmente multi miliardario che coinvolgerebbe Fincantieri, Selex ES, Oto Melara, MBDA, Alenia Aermacchi e molte altre aziende italiane.  L’intesa che sembra configurarsi tra Roma e Luanda non sembra fermarsi alle sole commesse militari ma assume anche una precisa dimensione politica come ha confermato l’annuncio del 13 gennaio scorso dell’ambasciatore a Luanda Giuseppe Mistretta circa il sostegno dell’Italia alla candidatura dell’Angola come membro temporaneo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

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