L'ITALIA INVIA CONTRO IL CALIFFO ANCHE I TORNADO…DISARMATI

L’Italia aumenta l’impegno militare contro lo Stato Islamico inviando in Kuwait 4 bombardieri Tornado del 6° Stormo di Ghedi che potrebbero essere operativi già a fine mese. La notizia è stata resa nota venerdì al Sole 24 Ore dal Capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, e simultaneamente dal Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, in un’intervista apparsa su La Stampa. L’opzione di affiancare ai 2 droni Predator e alla cisterna volante KC-767A basati in Kuwait anche 4 velivoli da combattimento era nota già dal mese scorso ma indiscrezioni riferirono che proprio il ministro aveva bocciato l’idea di impiegare velivoli pilotati sui territori controllati dal Califfato.

La decisione di inviare i Tornado sembra sia stata determinata dalle richieste della Coalizione, cioè degli Stati Uniti che hanno realizzato finora ben l’85% delle missioni di attacco aereo effettuate dagli alleati sui cielo di Siria (circa 400) e Iraq (circa 500).

I velivoli italiani, che come quelli degli altri partner della NATO volano solo sull’Iraq ma non sulla Siria (dove gli statunitensi sono affiancati dai velivoli degli Stati arabi), “verranno utilizzati solo per missioni di ricognizione, sorveglianza e intelligence” precisa ad Analisi Difesa una fonte militare.

Pur potendo imbarcare 9 mila chili di carico utile i velivoli saranno equipaggiati solo dei 2 cannoni da 27 millimetri Mauser per l’autodifesa e del “pod” da ricognizione Reccelite per individuare e raccogliere  immagini dei bersagli al suolo.

Vale la pena ricordare che anche il dispiegamento dei Tornado in Afghanistan prese il via nel 2008 con limitazioni simili, escludendo cioè l’impiego bellico con lo sgancio di ordigni. Limitazione poi rimossa nel 2012 quando a Herat erano schierati i cacciabombardieri AMX.

Circa l’impegno militare italiano contro lo Stato Islamico restano da definire i costi finanziari e i tempi e luoghi di schieramento della missione addestrativa dell’Esercito tesa a formare reclute curde e irachene (stimata in 200 militari di cui circa 70 istruttori) e degli 80 consiglieri militari destinati ad affiancare i comandi tattici iracheni e curdi. Temi affrontati durante la visita lampo del 12 novembre scorso a Erbil del Capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, che ne ha discusso con il suo omologo irakeno, il generale Babaki Zebari.

Resta poi da sottolineare l’ormai consueta ambiguità che caratterizza su almeno tre fronti la partecipazione italiana alle operazioni oltremare. Innanzitutto rimane inspiegabile la politica militare di una Nazione che aumenta gli impegni bellici e nelle missioni all’estero mentre continua a tagliare drasticamente i fondi di un apparato militare ormai asfittico.

Incomprensibile poi il motivo per cui Roma, con la Libia che ci sta “scoppiando in faccia” insieme ai nostri interessi nazionali, continua a rispondere “signorsì” a tutte le richieste statunitensi di aumentare l’impegno in Iraq e di mantenere altri due anni un contingente in Afghanistan. Paesi dove il nostro ruolo è e resterà marginale e ininfluente e dove non dovremmo continuare a buttare soldi che non abbiamo.

Infine sconcerta l’ulteriore ambiguità che ci vede ancora una volta andare in guerra ma “senza sparare”, con i bombardieri utilizzati solo come ricognitori. Secondo gli stessi vertici della Difesa sarebbe la Coalizione a chiederci mezzi da sorveglianza e ricognizione ma dal momento che schieriamo gli stessi velivoli Tornado in dotazione alla Royal Air Force britannica (8 bombardieri basati a Cipro) perché oltre a individuare gli obiettivi i nostri piloti non possono anche colpirli?

Se il governo è convinto che sia necessario fermare lo Stato Islamico perché non farlo con le bombe come fanno non solo anglo-americani e francesi ma pure danesi, belgi, olandesi, australiani, canadesi e norvegesi? Inutile illudersi di non rientrare negli obiettivi delle possibili rappresaglie terroristiche islamiche solo perché i nostri aerei non bombardano. Ieri il M5S ha accusato il ministro Pinotti di averci trascinato in guerra ma con buona pace dei “grillini” l’Italia è a tutti gli effetti belligerante contro lo Stato Islamico dal 20 agosto scorso (come sottolineò l’ex ministro della Difesa del PD, Arturo Parisi), quando il Parlamento approvò l’invio di armi italiane ai curdi attaccati dalle milizie del Califfato.

Foto Aeronautica Militare

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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