F-35: a Cameri la manutenzione della sola cellula

 

Con un comunicato ufficiale rilasciato alla stampa l’11 dicembre, il Joint Strike Fighter Program Office (JPO) del Dipartimento della Difesa americana ha annunciato che il centro di manutenzione per gli F-35 europei e per quelli statunitensi che stazioneranno nel Vecchio Continente, verrà stabilito inizialmente sulla base aerea italiana di Cameri, che diventerà quindi il primo dei tre centri “regionali” dove tutte le flotte di F-35 riceveranno il necessario supporto tecnico-logistico. Entro Natale l’Ufficio di Programma farà sapere a quale paese sarà affidato il centro regionale per l’area Asia-Pacifico, mentre a quello nordamericano s’è già deciso che provvederà una rete di basi e stabilimenti ovviamente in territorio statunitense.

Le attività di manutenzione, riparazione, revisione generale e aggiornamento – MRO&U nell’acronimo americano – presso gli impianti industriali costruiti dalla Difesa nella base novarese dell’Aeronautica Militare cominceranno nel 2018 e riguarderanno la sola cellula del velivolo (il cosiddetto “air frame”: ala, fusoliera, piani di coda, carrello) senza i relativi sistemi ed equipaggiamenti, e senza il motore.

Le attività di supporto tecnico per quest’ultimo saranno affidate alla Turchia, che sarà affiancata più tardi da altri due centri in Olanda e Norvegia. Tutte queste assegnazioni riguardano solo la fase iniziale del dispiegamento delle flotte europee del JSF, e saranno riviste fra 5 anni.

Dando voce al capo del JPO generale Christopher Bogdan, il comunicato del Pentagono chiarisce due punti fondamentali del processo di globalizzazione del supporto tecnico dell’F-35 (“Global Sustainment Posture”), di cui l’assegnazione delle attività MRO&U a Cameri costituisce il primo passo:

a)    “Quando l’Italia avrà sviluppato la sua capacità produttiva,” spiega Bogdan, “ci sarà l’opportunità di assegnare più lavoro alla sua FACO, nel caso altri partner o gli stessi Stati Uniti volessero far costruire lì i loro aerei.

Se l’Italia spostasse in là nel tempo le attività di produzione (come conseguenza dei risparmi che il Governo intende fare; ndr), la Gran Bretagna potrebbe essere chiamata a provvedere ad attività manutentive aggiuntive”. In mancanza di un tale sviluppo nel breve termine (i ratei nella FACO sono e resteranno per un po’ bassissimi), il dirottamento di “nostro” lavoro oltre Manica appare un’eventualità concreta.

b)    Il prossimo passo importante di questo processo, ossia la scelta dei paesi e dei siti cui assegnare le attività MRO&U più “nobili” anche in quanto a ricadute tecnologiche, quelle cioè relative ai vari sistemi e componenti dell’aereo, oltre la messa in opera dei magazzini per i pezzi di ricambio e dei vari equipaggiamenti di supporto, sarà compiuto solo “entro pochi anni” e, attenzione, si baserà stavolta sul principio del “best value”, il criterio selettivo su base competitiva già seguito da Pentagono e Lockheed Martin per la scelta dei fornitori.

“Ogni Paese in grado di mettere in piedi una ‘capacità regionale’ ”, ha spiegato il capo del JPO, “avrà la garanzia di ricevere commesse rapportate alla quantità aerei acquistati. Se modificherà i suoi programmi (di acquisto; ndr), il carico di lavoro ‘regionale’ potrebbe essere dirottato verso chi può assicurare la migliore best value”.

“La ragione per cui stiamo mettendo in piedi questi centri regionali di supporto,” conclude il generale Bogdan, “sta nel far sì che i vari utilizzatori di F-35 possano avere libertà di manovra e d’azione nello schierare i loro aerei, avendo accesso al centro regionale più conveniente per vicinanza, o per altro, al luogo di dispiegamento delle proprie flotte”.

Le dichiarazioni del Ministro della Difesa e dell’AD di Finmeccanica
Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti e l’Amministratore Delegato di Finmeccanica Mauro Moretti hanno accolto con grande soddisfazione l’annuncio della scelta del sito italiano.

La prima ha parlato di “un risultato straordinario, che dobbiamo alla credibilità del nostro paese, all’azione del nostro governo, al fatto che abbiamo ingegneri e tecnologie avanzatissime. Gli americani ci hanno detto che sono rimasti strabiliati per il risultato di questo stabilimento a Cameri.

E questo vuole dire lavoro, ricadute tecnologiche, positivi ritorni anche per l’indotto”. Un commento più di circostanza è giunto invece dal numero uno di Finmeccanica, che in una breve nota spiega come “il riconoscimento del sito di Cameri quale unica struttura in Europa per le attività di logistica e manutenzione ad alto contenuto tecnologico degli F-35 rappresenta un’ulteriore conferma dei livelli di eccellenza di Finmeccanica in campo aeronautico (…).

Le attività che saranno svolte nello stabilimento, significative per il loro contenuto tecnologico, avranno rilevanti ritorni occupazionali ed economici. Auspico” prosegue Mauro Moretti “il coinvolgimento di Finmeccanica anche su altre componenti di qualità dell’aereo, come l’avionica e l’elettronica: un coinvolgimento che produrrebbe ulteriori importanti benefici in termini di posti di lavoro, di ricerca e di innovazione (…)”.

L’aut-aut degli Americani
Tanta soddisfazione per la verità trova, almeno per ora, poche giustificazioni. In sostanza il Pentagono ci assegna attività MRO&U “inziali” per la sola, semplice cellula dell’aeroplano – che di tecnologicamente avanzato non ha granché – riconoscendoci e premiando da un lato lo sforzo d’aver messo in piedi per primi in Europa un’adeguata infrastruttura industriale, ma ponendoci dall’altro (per essere eufemistici) davanti a un bivio.

O aumentate la produzione di aerei, comprando cioè gli F-35 che avevate in mente di ordinare all’inizio secondo una pianificazione che contemplava un effettivo e tangibile “ramp up” delle attività industriali nella FACO di Cameri; oppure, per la manutenzione, riparazione e quant’altro serve a tenere in efficienza le flotte europee di JSF, vi affiancheremo la Gran Bretagna.

Per tenersi stretta questa importante commessa ora la Difesa deve fare una sola cosa: ordinare più aeroplani, altro che dimezzare la spesa. O si accettano le regole del gioco di Washington, o tutto diventa un fragile castello di carte. Le ricadute (di lavoro; quelle tecnologiche sono tutt’altro discorso) invocate dal Parlamento per la prosecuzione del programma sono a portata di mano: basta confermare i 90 esemplari della “flotta Monti” con una pianificazione degli ordini possibilmente più serrata di quella prevista due-tre anni fa. Al Governo la decisione.

Da parte sua la Gran Bretagna, come “Analisi Difesa” ha riferito più volte, “scalpita” per ottenere a sua volta dai cugini d’oltre Oceano qualcosa del grande business dell’MRO&U. Intanto si sta attrezzando come base addestrativa nord-europea per i futuri piloti di F-35 e come polo d’eccellenza nel settore della guerra elettronica, rendendosi “papabile” nel momento in cui gli Stati Uniti eleggeranno il partner al quale delegare al di qua dell’Atlantico almeno parte dell’upgrade avionico e sistemistico del loro caccia.

Verosimilmente Londra non si rassegnerà a svolgere il ruolo di “scalo alternato” alla FACO italiana. La sua industria avionica e sistemistica è e resterà sulla breccia in Europa, e non è difficile immaginare che alla fine almeno qualcosa – se non la gran parte – delle attività dedicate all’efficienza e all’aggiornamento dei sistemi più “nobili” dell’F-35 le saranno assegnate. E’ pur vero che la prima firma industriale britannica attiva in questo campo, Seles ES, è di proprietà di Finmeccanica, ma non sarà facile capire di quale travaso di conoscenze potrà giovarsi nel caso il “lato” italiano di Selex ES, quando quello oltre Manica dovesse guadagnare il business più importante di tutte le attività di supporto agli F-35 europei.

Quanto alle affermazioni dell’amministratore delegato di Finmeccanica, non se ne afferra il senso là dove parla di quella di Cameri come l’“unica struttura in Europa per le attività di logistica e manutenzione”.

Primo: stando almeno al suo comunicato (e a meno di accordi paralleli non ancora arrivati alla luce), il Pentagono non ha ancora assegnato nulla a chicchessia per la logistica; secondo, come s’è detto per ora sul semplice airframe dell’F-35 di manutenzioni davvero ad alto contenuto tecnologico non si vede l’ombra. Infine, lo stesso Mauro Moretti significativamente non si sottrae all’ennesimo auspicio per un “coinvolgimento di Finmeccanica anche su altre componenti di qualità dell’aereo, come l’avionica e l’elettronica che (…) produrrebbe ulteriori importanti benefici in termini di posti di lavoro, di ricerca e di innovazione”.

Proprio il ruolo che il nuovo capo della holding aerospaziale italiana reclama per il futuro, abbandonando quello di eterni, semplici “fornitori di carpenteria”. E, magari, pure quello di “esecutori intelligenti di scelte altrui” denunciato dal suo predecessore.

 

Foto Lockheed Martin

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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