I nostri amici dello Stato Islamico

L’avanzata delle milizie dello Stato Islamico in Iraq e Siria rappresenta la migliore conferma della finta guerra che arabi e occidentali stanno conducendo contro il Califfato. A dispetto dell’annunciato grave ferimento di Abu Bakr al-Baghdadi e dell’uccisione del numero due al-Afri e del “ministro del petrolio” Abu Sayyaf i soldati del Califfo hanno strappato alle truppe irachene il controllo di Ramadi a poche decine di chilometri da Baghdad costringendo a ripiegare in fretta e furia anche i consiglieri militari americani che affiancavano i soldati di Baghdad.

In Siria solo la determinazione delle truppe di Bashar Assad ha consentito fino a ieri di respingere i miliziani jihadisti dall’oasi di Palmira che ospita suggestive rovine romane nel deserto e un sito archeologico tra i più importanti del Medio Oriente.

Da un anno in Occidente ci si straccia le vesti per ogni vestigia dell’antichità demolita da jihadisti dello Stato Islamico ma ciò nonostante nessuno aiuta le forze regolari siriane ad abbattere un nemico spietato che decapita i nemici come le statue romane nella furia di abbattere ciò che non risponde all’ortodossia islamica sunnita. Dove sono i bombardieri alleati, i Tornado disarmati italiani ?

Continuiamo a inorridire per le stragi di cristiani, curdi e yazidi eppure non muoviamo un dito per difendere Damasco il cui regime sarà certo poco incline alla democrazia ma ha sempre rispettato e tutelato le minoranze.

Quegli stessi italiani ed europei incapaci di difendere i propri confini persino dagli immigrati clandestini fanno oggi parte di una Coalizione che dice di combattere il Califfato ma sostiene gli islamisti. Una Coalizione che invece di difendere i cristiani, le altre minoranze e i siti archeologici continua ad aiutare, direttamente o indirettamente, i jihadisti sunniti.

Ieri lo Stato islamico ha sfondato le linee dell’esercito siriano a Palmira dove si combatte a pochi chilometri dalle spettacolari rovine romane patrimonio dell’Unesco. Centinaia di civili sono in fuga, l’ospedale è stato evacuato, e si è combattuto furiosamente nei pressi dell’aeroporto. Questa mattina la città era completamente nelle mani dello Stato Islamico le cui milizie controllano ormai la metà del territorio siriano. Dopo la caduta della città  (video) Damasco ha dato il via a intensi raiud aerei con l’obiettivo di frenare l’avanzata delle milizie jihadiste.

Mentre dal sito archeologico, ha annunciato il direttore del Dipartimento delle antichità siriano, sono state rimosse centinaia di statue e di preziosi reperti: il timore ovviamente è che i jihadisti le riducano in polvere, come hanno fatto a Ninive, Hatra e Nimrud, arrivando ad usare i bulldozer per radere al suolo le rovine. Tutti preoccupati in Occidente ma nessuno che intervenga anche solo per dire che le forze di Damasco vanno aiutate perché sono l’unica alternativa alla furia islamica del Califfato.

Invece 350 consiglieri militari americani hanno iniziato da pochi giorni ad addestrare in Turchia e Giordania 4 mila ribelli siriani accuratamente selezionati da turchi, sauditi e qatarini, cioè gli sponsor dello Stato Islamico oggi sostenitori della nuova alleanza islamista che a fine marzo prese il controllo di Idlib, nel nord della Siria. Si tratta dell’Esercito della Conquista  (Jaish al-Fatah) composta da un ampio ventaglio di milizie islamiche; salafiti, Fratelli Musulmani e gli uomini di al-Qaeda del Fronte al-Nusra.

Non c’è lo Stato Islamico ma solo per motivi di opportunità e del resto le milizie di al-Baghdadi si limitano a combattere sul fronte occidentale senza interferire con gli altri gruppi ideologicamente simili.

La nascita dell’Esercito della Conquista sembra indicare che sauditi e Qatar hanno trovato un’intesa nel nome dell’obiettivo comune di abbattere lo sciita laico Bashar Assad. Il programma prevede di addestrare 5 mila miliziani in 3 anni al costo (paga il Pentagono) di complessivi 1,5 miliardi di dollari.

Da più parti si parla di un accordo tra Turchia, Qatar e Arabia Saudita teso a far cadere Bashar Assad non certo a combattere lo Stato Islamico e ad Ankara l’opposizione denuncia da tempo le forniture di armi attuate dal governo ai miliziani islamisti in Siria.

Quanto a noi europei solo una politica acefala e suicida poteva portarci ad essere di fatto alleati di qaedisti e salafiti determinati a imporre la sharia a Damasco. A Washington ci vogliono pure convincere che i nuovi miliziani combatteranno lo Stato Islamico ma nessuno riesce a spiegare come si può combattere il Califfo indebolendo l’esercito siriano, l’unico avversario insieme ai curdi capace di tenere testa agli uomini di al-Baghdadi.

Foto: AP, Stato Islamico, Aeronautica siriana

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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