A causa dei tagli al bilancio ci si addestra per finta
Aumentano per numero e per rilevanza i sintomi del disfacimento delle capacità operative delle forze armate italiane. In assenza di dati ufficiali (emersi invece in altri Paesi NATO/UE) che attestino il livello di efficienza di mezzi e reparti, fonti ben informate hanno rivelato ad Analisi Difesa come la disponibilità di mezzi e l’addestramento nei reparti dell’Esercito abbiano subito un ulteriore depauperamento (dai Lince ai Centauro ai Dardo mentre pare vada un po’ meglio la situazione per la linea carri Ariete rimasta per anni quasi del tutto paralizzata) dovuto alla mancanza di manutenzioni, ricambi, lubrificanti, munizioni e carburante.
La notizia più eclatante è forse quella che riguarda l’addestramento alle operazioni elitrasportate impartito ai reparti di fanteria destinati a operare all’estero. Si tratta di preparare chi non lo avesse mai fatto, o rinfrescare l’addestramento ai veterani circa le modalità di impiego a bordo di elicotteri.
In pratica ci si addestra a salire sui velivoli con l’equipaggiamento, volare in sicurezza coi portelloni aperti, scendere rapidamente quando il velivolo si posa a terra o si ferma in hovering a poca distanza dal suolo, simulando inoltre situazioni critiche quali l’elisbarco sotto il fuoco nemico, l’abbandono del mezzo o l’evacuazione di feriti.
Un’attività addestrativa di routine salvo per il fatto che negli ultimi tempi alcuni reparti l’hanno effettuata a bordo di elicotteri parcheggiati nei piazzali delle basi perché a causa dei tagli al Bilancio della Difesa non ci sono né carburante né ore di volo disponibili.
Non sappiamo se per dare un tocco di realismo i piloti abbiano dovuto imitare con suoni onomatopeici il rumore dei motori, i mitraglieri il crepitio delle raffiche di armi automatiche e i tecnici siano stati costretti a scuotere gli elicotteri per far provare ai fanti imbarcati (e imbarazzati) l’ebbrezza della sensazione di volare.
Scherzi a parte (in realtà c’è poco da scherzare) le conseguenze dei tagli al bilancio della Difesa diventano sempre più gravi e a volte raggiungono il limite del comico.
Da quanto si apprende l’Aviazione dell’Esercito ha subito decurtazioni devastanti, pare che quest’anno abbia un bilancio di appena 15 milioni di euro contro i 190 del 2014 e si dice che appena il 10 per cento dei velivoli sia efficiente.
In assenza di dati ufficiali alcune fonti ci riferiscono che i piloti volano in media tra 20 e 50 ore all’anno, nei reparti più ”spinti” si arriva anche a 80, contro le 150/200 ritenute indispensabili per volare in sicurezza e scongiurare incidenti che infatti sarebbero sempre più frequenti.
Per quest’anno si prevede la chiusura di alcuni gruppi squadroni e un’ulteriore riduzione delle ore di volo. Difficoltà anche per l’Aeronautica che, senza denaro per i ricambi, rischia di dover chiudere alcune linee di volo di valore “strategico” la cui operatività è già ora compromessa.
Inutile aggiungere che le minacce in continua crescita ed evoluzione ai confini dell’Italia e sul territorio nazionale inducono a ritenere che non sia questo il momento più adatto per ridurre o perdere capacità militari.
Esigenze che dovrebbero spronare il governo a intervenire con urgenza per rifinanziare la voce Esercizio della “Funzione Difesa” come stanno già facendo altri partner NATO/UE.
Vale però la pena sottolineare come le drammatiche notizie che abbiamo riportato cozzino con recenti affermazioni dei massimi vertici militari.
“Possiamo ridurre le spese ovunque ma non risparmiare sull’addestramento e la formazione al meglio dei nostri soldati” aveva detto il 24 aprile il Capo di stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano mentre in un’intervista al Corriere della Sera il generale Danilo Errico, Capo di stato maggiore dell’Esercito, aveva precisato sul tema dei tagli che “stiamo lavorando con ciò che abbiamo soprattutto per migliorare la sicurezza del singolo soldato”.
A quanto pare invece il crollo verticale dei fondi per l’Esercizio significa, come era prevedibile, meno addestramento e quindi meno sicurezza con l’aggravante che il drastico calo di efficienza di mezzi ed equipaggiamenti a sua volta inficia ulteriormente le capacità addestrative e il mantenimento di un livello minimo di operatività che potrebbe risultare presto urgente mettere in campo.
Difficile infatti comprendere come una situazione simile e in costante peggioramento possa consentire di pianificare ancora operazioni ad ampio respiro o impegnativi interventi militari oltremare quando molti reggimenti non si addestrano più al combattimento da anni.
Del resto non c’è dubbio che oggi la spesa militare sia in termini politici la “più facile” da tagliare, specie per un governo che raccoglie nel suo elettorato di riferimento tutta la galassia dei movimenti pacifisti ma nel recente passato anche esecutivi di colore opposto hanno decurtato senza esitazioni i fondi per le forze armate.
In tempi passati e con guerre ben diverse da quelle odierne Napoleone Bonaparte diceva che “il popolo che non vuole mantenere il proprio esercito finirà inevitabilmente per mantenere l’esercito di un altro Stato”. Oggi forse non rischiamo invasioni territoriali (non almeno nel senso classico del termine) ma con “il nemico alle porte” non è forse il caso di accentuare la nostra irrilevanza militare.
Il problema non riguarda solo l’Italia, considerati i pesanti tagli agli stanziamenti militari attuati negli ultimi anni in tutta Europa, ma negli altri Paesi occidentali almeno le informazioni circolano pubblicamente, il dibattito è aperto e coinvolge istituzioni e cittadini.
A Londra il National Audit Office, organismo parlamentare che fa i conti in tasca alla pubblica amministrazione, ha rilevato come i prossimi tagli alla Difesa promossi dal governo di David Cameron potrebbero ridurre in modo pericoloso il numero di nuovi piloti per aerei ed elicotteri.
Il quotidiano “The Telegraph”, che segue con costanza il tema della spesa militare, ha pubblicato un articolo firmato da quattro ex alti vertici militari ( gli ammiragli Nigel Essenhigh e Michael Boyce e i generali Michael Walker dell’esercito e Peter Squire dell’aeronautica) in cui si lancia l’allarme per la perdita d’influenza e la crescente vulnerabilità della Gran Bretagna.
“A causa dei tagli, Londra rischia di presentarsi debole agli occhi del mondo e di commettere gli stessi errori degli anni Trenta, durante l’ascesa del nazismo” sostengono gli autori. Il Telegraph ha poi riportato un sondaggio della società PwC da cui emerge che il 53 per cento dei britannici ritiene che il governo dovrebbe aumentare la spesa per i 144 mila militari di Sua Maestà, attualmente di 37,4 miliardi di sterline pari a 53 miliardi di euro, oltre il triplo di quanto spende l’Italia per i suoi 170 mila militari.
Foto: Alberto Scarpitta, Wikipedia, Difesa.it, Daily Squib.
Twitter @GianandreaGaian
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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.