TRA LA "ZONA CUSCINETTO" E LA "TERRA DI NESSUNO"

(aggiornato il 14 agosto ore 10,40)

L’Italia e la Grecia, “ventre molle dell’Europa” di churchilliana memoria, sono diventate le porte spalancate sul Vecchio Continente accessibili a chiunque si rivolga a trafficanti collusi col terrorismo islamico. Quest’anno si stima che i due Paesi verranno attraversati da almeno 300 mila immigrati clandestini (oltre 220 mila sono già arrivat1) anche se fare previsioni è impossibile.

Italia e Grecia sono quindi la “zona cuscinetto” tra le sponde sud ed est del Mediterraneo da cui provengono gli immigrati illegali e un’Europa che pare indirizzarsi verso una crescente chiusura all’accesso dei clandestini.

Una politica perseguita però con l’ormai proverbiale ambiguità che caratterizza la politica europea e spesso dell’intero Occidente. La stessa Europa restìa ad accogliere chi arriva sulle coste di Italia e Grecia ha varato l’operazione Triton che contribuisce a sbarcarne in Sicilia almeno mille al giorno.

Su richiesta di Roma la Ue ha varato anche l’Operazione Eunavfor Med che doveva contrastare i trafficanti ma, in attesa del via libera da Bruxelles, si limita ad aiutare Triton e l’operazione italiana Mare Sicuro a trasferire in Italia quella parte della popolazione africana che può permettersi di pagare i trafficanti.

Con un po’ di malizia si può ipotizzare che in molti in Nord Europa abbiano tutto l’interesse a sostenere la destabilizzazione economica e sociale di Italia e Grecia, incapaci di attuare politiche nazionali per difendere i propri confini, per renderle vassalli ancor più servili.

Un aspetto che potrebbe stupire solo chi crede ancora alla favola della fratellanza europea, ufficialmente sfatata dopo che il teutonico Istituto di Ricerche Economiche di Halle ha rivelato come negli ultimi 5 anni la crisi greca abbia fruttato alla Germania un risparmio di 100 miliardi di euro sugli interessi del suo debito pubblico. Che sia per questo che la crisi finanziaria di Atene viene prolungata all’infinito?

Analisi Difesa si è occupata in molte occasioni dell’immigrazione selvaggia (proponendo soluzioni che ci sembrano le uniche idonee a garantire la sicurezza nazionale, stroncare il crimine e salvare la vita a chi si affida a trafficanti e scafisti) spacciata per un’emergenza umanitaria quando invece rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale, dell’Italia in primis e di tutti i Paesi del Vecchio Continente.

Una minaccia che la classe dirigente italiana e buona parte di quella europea fingono di non vedere, per dolo (il ricco business dell’assistenza ai clandestini) o ignavia, rendendosi così responsabili del tentativo di distruggere l’identità del Vecchio Continente seminando povertà, caos e disagio sociale.

Eppure il semplice buon senso dimostra la follia di un’Europa che accetta di diventare meta di un’immigrazione illegale e parassitaria che, proprio per la sua natura, sarà senza fine.

Difficile infatti non notare quanto questa ondata migratoria sia diversa da quelle del passato, giustificate da richiesta di forza lavoro o determinate dalla decisione dei singoli Paesi di accogliere quote di profughi o rifugiati selezionati tra coloro che avevano presentato domanda d’asilo.

Chi fugge da guerre e persecuzioni costituisce solo una minima parte della massa di clandestini in arrivo e anche in quel caso si tratta gente che può spendere migliaia e a volte decine di migliaia di euro per venire in Europa.

Secondo il Ministero degli Interni dal 1 gennaio al 12 agosto sono  giunte in Italia 102mila persone contro i 98.400 dello stesso periodo del 2014. Si tratta soprattutto di eritrei (27.245), seguiti da nigeriani (12.451), somali (7.883), sudanesi (5.870) e siriani(5.688).  La quasi totalità (92.275) sono partiti dalla Libia.

Sono 25 anni che frequento zone di guerra e vedo profughi di ogni tipo ma non avevo mai visto masse così numerose di fuggitivi così ricchi da poter pagare esosi trafficanti e restare in viaggio mesi, in alcuni casi anche un anno. Per comprare il “biglietto” molti hanno venduto case e proprietà (me lo spiegava l’anno scorso in Niger l’Organizzazione internazionale delle migrazioni) in Paesi dell’Africa Occidentale dove non ci sono guerre, inclusi quelli indicati come “tigri” per i loro alti tassi di crescita del PIL.

La spinta all’emigrazione è determinata esclusivamente da fattori economici perché da noi si vive meglio e si può accedere a sussidi elevati, specie in Nord Europa. Motivazioni forse comprensibili ma noi non possiamo peremetterci un simile fardello.

E poi non si sono mai visti profughi così arroganti, irrispettosi e ingrati. Contestano vitto e alloggio, devastano impunemente centri d’accoglienza, pretendono appartamenti e hotel, schede telefoniche, wi-fi, tv e persino sigarette oltre ad esigere il rispetto dei loro costumi, per lo più islamici e quindi discriminatori e contrari non solo alle nostre leggi ma persino alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.

Vederli rovesciare il cibo e distruggere gli alloggi è un insulto alla nostra generosità e ai tanti sfollati veri che muoiono di fame e stenti in campi di fortuna in tanti angoli del mondo. Pretendono persino (e concediamo loro anche questo) di non farsi identificare e di andare nel Paese che preferiscono: Germania, Gran Bretagna, Svezia,…come se fosse tutto loro dovuto.

Meglio poi non dimenticare che in tutto l’Occidente abbiamo il problema determinato da una massiccia presenza islamica con ampie sacche di estremisti. E ciò nonostante  continuiamo ad accogliere centinaia di migliaia di musulmani all’anno senza neppure sapere chi sono?

Vale la pena notare che i flussi maggiori di clandestini giungono in Grecia e Italia dalla Turchia (Paese islamico retto da un governo islamista) e dal territorio libico controllato dal governo islamista di Tripoli sostenuto da Qatar e (guarda un po’) dalla Turchia.

Se accettiamo che i trafficanti possano agire indisturbati liberamente in una Libia ormai da tempo “Stato fallito” dovremmo forse dire lo stesso della Turchia?

Ankara ha potenziato la sua flotta e invia gruppi navali negli oceani Atlantico ed Indiano ma pare non riesca (o non voglia) controllare le sue coste e fermare i barconi diretti nelle isole greche. Il presidente Recep Tayyp  Erdogan (foto sotto) ha incassato l’appoggio della Nato per fare la guerra ai curdi ma pare che nessuno in Europa abbia preteso che fermi i trafficanti di esseri umani che riversano ogni giorno migliaia di afghani, siriani e pakistani nelle isole greche.

Eppure per fermare l’immigrazione clandestina basterebbe poco, giusto un po’ di attributi. Innanzitutto con i respingimenti assistiti di coloro che arrivano sulle coste libiche e degli altri Paesi di provenienza a cui far seguire il rimpatrio dei clandestini nei Paesi di provenienza detraendo i costi dagli aiuti (generosi) che la Ue eroga ai Paesi africani e mediorientali.

Il tutto abbinato a una legge che stabilisca che nessuno che arrivi in Europa pagando i trafficanti otterrà mai asilo, welfare e permessi di soggiorno.

Invece le ricette proposte sono del tutto controproducenti. Londra e Parigi, accortisi solo dopo i fatti di Calais che l’immigrazione clandestina “è un problema europeo”, hanno elaborato un documento comune in cui si punta a convincere i migranti che “le nostre strade non sono pavimentate d’oro” incrementando parimenti gli aiuti economici ai Paesi di provenienza dei clandestini.

Le nostre strade appariranno però sempre lastricate d’oro a chi viene da Paesi più poveri (cioè il 99 per cento del resto del mondo) specie finché continueremo a mobilitare flotte per portare in Europa clandestini, finché assicureremo loro vitto e alloggio in hotel e persino telefonini e wi-fi, o finché pagheremo sussidi a extracomunitari nullafacenti o quasi, assegni famigliari per i (numerosissimi) parenti a carico rimasti in Africa e persino pensioni per anziani che non hanno mai lavorato un solo giorno in Italia o in Europa.

L’idea poi di “aiutare i migranti a casa loro” è vecchia quanto la decolonizzazione ma finanziare i Paesi africani serve solo a foraggiare regimi corrotti. Come ha ricordato l’africanista Anna Bono parlando di “soldi buttati in Africa”, la Ue ha deciso di donare nei prossimi anni al regime eritreo 312 milioni di euro e la Banca Mondiale presterà 2,1 miliardi alla Nigeria, potenza petrolifera dove la corruzione ha fatto sparire nel nulla 150 miliardi di dollari negli ultimi anni.

Almeno le leadership di Francia e Gran Bretagna cercano soluzioni e chiudono le frontiere come la Germania, la Svizzera e altri Paesi: in Italia invece si spalancano le porte e si favoriscono flussi sempre più massicci con l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina in vigore ovunque nel mondo, da Andorra allo Zimbabwe passando persino per il Vaticano. Se abrogassimo il reato di furto (già oggi di fatto quasi mai punito col carcere) i ladri diminuirebbero o aumenterebbero?

Analisi Difesa ha ricordato più volte che persino il direttore dell’agenzia europea Frontex, Fabrice Leggieri, ha ammesso che la gran parte di coloro che arrivano in Italia dalla Libia sono “migranti economici che possono e devono essere rimandati a casa loro”.

Nessuno però li rimpatria forse perché su ogni immigrato clandestino è stato generato in Italia un business che ingrassa ambienti molto vicini alla politica. “L’affare” dell’immigrazione clandestina conviene persino ai militari che possono contare sui fondi extra per missioni ridicole e offensive per la dignità delle forze armate ma che fanno incassare soldi preziosi in tempi di vacche magre che penalizzano soprattutto le spese di esercizio.

Così invece di difendere gli un tempo “sacri” confini della Patria i militari sono in prima linea per farli oltrepassare a chiunque paghi il pizzo alla malavita, barattando con un po’ di carburante e indennità di missione la dignità dell’Italia e l’onore militare per arricchire criminali la cui complicità col terrorismo islamico, che minaccia anche l’Italia, è stata ampiamente dimostrata. Di fatto siamo i migliori alleati dell’ISIS.

L’impegno militare non riesce peraltro a scongiurare tragedie in mare che solo i respingimenti attuati a ridosso della costa libica potrebbero evitare come insegna l’esperienza australiana.

Ma è chiaro: se i clandestini venissero riportati in Libia in una settimana cesserebbe “l’emergenza umanitaria” e con essa il business su entrambe le sponde del Mediterraneo.

D’altra parte, l’indimenticabile frase intercettata dai carabinieri (“io coi zingari e coi negri je faccio più sordi che co à droga”) all’inizio dell’inchiesta nota come “Mafia-capitale” spiega meglio di un convegno di esperti perché accogliamo tutti e anzi, mandiamo pure la flotta a prenderli in massa.

Mentre scriviamo queste note giunge la notizia che il cacciatorpediniere Mimbelli ha raccolto 750 “migranti” fruttando ai trafficanti circa 1,5 milioni di euro e in qualche mese altrettanto denaro a chi si occuperà della loro assistenza in Italia. C’è proprio di che andarne fieri!

I flussi migratori biblici sono quindi generati dall’accoglienza generalizzata, dal fatto che chiunque arrivi illegalmente ha la certezza che resterà in Europa per sempre ottenendo ciò che vuole, eventualmente anche facendo danni, nella certezza di restare impunto.

L’emergenza è determinata dalla diffusa consapevolezza che siamo polli da spennare, codardi che hanno accettato di trasformare la Nazione  in una “terra di nessuno” o, peggio, in una terra di conquista per chiunque voglia muoversi come e dove vuole lungo la Penisola.

Basti pensare che i clandestini giunti in Sardegna protestano occupando piazze perché vogliono andare sul continente e da lì in Nord Europa. Sono convinti (li abbiamo convinti) di essere padroni a casa nostra e ovviamente, non devono neppure pagare il biglietto su treni e traghetti.

Provassimo noi a emigrare clandestinamente in uno dei Paesi di provenienza dei clandestini o anche solo ad arrivarci senza avere tutti i visti (costosissimi) in ordine sul passaporto ci ritroveremmo in luride galere costretti a pagare multe salatissime per poter tornare a casa.

L’Europa sta invece rafforzando la percezione di aver rinunciato a difendere confini, territorio, legalità, sicurezza e ricchezza.

I risultati sono devastanti. Già oggi nessun Paese occidentale che ha aderito alla Coalizione contro l’ISIS rivela nomi e volti e dei militari impegnati in Iraq e Siria nel timore di rappresaglie islamiche sulle famiglie e i colleghi rimasti a casa (ma a casa di chi se dobbiamo nasconderci anche in Europa?).

A conferma che ormai la “prima linea” ce l’abbiamo in casa, vale la pena evidenziare che l’Italia impiega in missioni di sicurezza interna (Strade Sicure, Mare Sicuro e Eunavfor Med) quasi 9 mila militari, senza contare Capitanerie di Porto e Guardia di Finanza mobilitati in mare per l’emergenza immigrati, cioè il doppio di quanti ne schiera nelle missioni oltremare.

Abbiamo qualche interesse a riempire l’Europa di milioni di altri islamici? Di immigrati che “minacciano lo stile di vita e le infrastrutture sociali dell’Europa” come ha dichiarato alla BBC il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, scatenando non poche polemiche.

Secondo Hammond, l’Ue non può proteggere se stessa se deve ”accogliere milioni di migranti dall’Africa” che si muovono per una ”motivazione economica” affermando che l’unica soluzione al problema è il rimpatrio per evitare che tanti migranti disperati “che saccheggiano la zona di Calais” siano una minaccia per la sicurezza del tunnel sotto la Manica.

Il governo di David Cameron ha varato un giro di vite sull’immigrazione clandestina e ha incassato dalla Ue per il periodo 2014-2020  ben 370 milioni di euro, più dei 266 milioni destinati alla Francia. Davvero tanti rispetto ai “soli” 522 milioni tra fondi per l’accoglienza (310) e per la sicurezza (212) assegnati all’Italia che subisce flussi ben maggiori di quelli in premono sul tunnel della Manica.

A parte le dispute tra i partner Ue che vedono l’Italia sempre “meno uguale degli altri” occorre chiedersi quale credibilità abbia ancora una classe politica che ha dimenticato il dovere di occuparsi prioritariamente dei suoi cittadini, del loro benessere e della loro sicurezza.

Neppure le recenti rivolte popolari contro case e alberghi assegnati ai clandestini sembrano aver aperto gli occhi al governo italiano. Matteo Renzi ha parlato una sola volta e timidamente di rimpatrio dei “migranti economici” e Roberta Pinotti di “guerra” ai “nemici “trafficanti ma evidentemente, se anche volesse fare sul serio, l’attuale esecutivo non può permettersi di perdere il supporto degli ambienti catto-comunisti che esprimono associazioni, enti e società che gestiscono il business dell’accoglienza.

Il governo rischia però di perdere il contatto con la realtà, con l’opinione pubblica e con la sua stessa base politica come dimostrano le reazioni di molti sindaci del PD alla distribuzione di immigrati nei comuni del Veneto e delle zone dell’Emila colpite dal terremoto del 2012 dove sono ancora in tanti gli italiani che attendono la ricostruzione di case e attività produttive.

“Gente così se ne deve tornare a casa. O si adattano e rispettano le regole oppure tornano da dove sono partiti” ha detto Giancarlo Piva, sindaco PD di Este (Padova) dopo che alcuni clandestini hanno bloccato una strada per protestare contro il cibo e le condizioni in cui vengono ospitati.

“Le sembra che 250 grammi di pasta al giorno e 150 di carne più frutta a volontà sia poco? Io mango meno e tanti padovani pure.”  Protestano anche i sindaci PD di Vicenza e Treviso e di molti altri comuni che, lontani dai palazzi romani, colgono l’impatto devastante di quello che sta accadendo. Tutti razzisti?

Eppure, non ci vogliono raffinati politologi per comprendere che riempire l’Italia di stranieri pretenziosi cozza con i 4 milioni di italiani che vivono in povertà e i molti milioni che faticano ad arrivare alla fine del mese per i quali Roma non fa abbastanza visto che butta centinaia di milioni  per assistere chiunque paghi i criminali per venire in Italia.

Certo i poveri italiani “valgono meno” perché sussidi e welfare li ricevono direttamente mentre i clandestini vengono assistiti attraverso gli intermediari che si occupano di loro. In troppi sembrano aver dimenticato che la scurezza sociale è la base fondamentale per assicurare l’ordine pubblico e la stabilità anche economica della Nazione.

Non si tratta di razzismo o xenofobia ma solo di buon senso. Già oggi l’opinione pubblica non ne può più di un’immigrazione che non ha nessuna giustificazione (per giunta con la disoccupazione italiana al 13%) e che rafforza la percezione che vi siano troppe discriminazioni a sfavore dei cittadini italiani.

Un’immigrazione che non porta vantaggi, giustificata nel nome di un solidarietà che non regge perché lasciamo nel terzo mondo i più deboli e i più poveri mentre accogliamo solo chi può pagare i criminali.

Un’immigrazione che viene presentata da politici e media (che per la gran parte recepiscono senza battere ciglio le regole del “politically correct”)  con norme di linguaggio ridicole nella forma e sbagliate nella sostanza. Abrogato il termine “immigrato clandestino” si utilizzano fino alla nausea quelli di “naufrago”, “migrante” o “profugo” o “rifugiato”.

Roba che ricorda le regole imposte dalla prima amministrazione Obama che, per non offendere i musulmani, eliminò dal linguaggio ufficiale il termine “islamico” abbinato al terrorismo senza con questo estirpare la minaccia dei terroristi islamici.

Ma con quale credibilità si può mettere sullo stesso piano chi va per mare e a causa di tempeste o incidenti cola a picco e cerca di non farsi inghiottire dalle onde con chi appena salpato con imbarcazioni di fortuna (gestite da criminali che incassano tra mezzo milione e un milione di euro a barcone) telefona alla capitaneria di porto italiana per farsi venire a prendere? I migranti sono coloro che sono giunti in Italia ed Europa con regolare visto sul passaporto e permesso di soggiorno.

Se usiamo questo termine per i clandestini come dovremmo chiamare lo straniero che rispetta la legge e giunge in Italia con i permessi richiesti? Pirla?

Lo status di profughi o rifugiati lo avrà, forse, solo il 10 per cento di quanti sono sbarcati a meno che, con un’ulteriore azione suicida, Roma e Bruxelles decidano di consentire a chiunque di ottenere tale status. Il termine giusto quindi resta immigrati clandestini e del resto gli scafisti imbarcati sugli stessi barconi vengono incriminati per “sfruttamento dell’immigrazione clandestina”.

Questa nauseante operazione mediatica ha ottenuto il risultato di aumentare la diffidenza dei cittadini nei confronti dei media e della politica, percepiti come mondi sempre più lontani, come dimostrano un astensionismo ormai intorno al 50% e il crollo di audience e della credibilità attribuita ai media.

Del resto sono sempre di più coloro che, a contatto con la realtà, si ribellano ai luoghi comuni del buonismo terzomondista. L’Ungheria sta costruendo un muro ai confini serbi, Sofia non accoglie nessuno perché deve già occuparsi di troppi bulgari poveri mentre a Praga hanno suscitato polemiche le parole pronunciate dal presidente ceco Milos Zeman”, uomo di Sinistra che in un’intervista al tabloid Blesk ha affermato che ai migranti vanno dette “tre frasi”.

La prima è “nessuno vi ha invitati”. La seconda è “dato che siete già qui, dovete rispettare le nostre regole, come noi quando siamo a casa vostra”. La terza è “se non vi piace, andatevene”. Le dichiarazioni fanno seguito a recenti disordini in un campo per immigrati clandestini in cui gli “ospiti” hanno distrutto finestre e altro mobilio.

Il presidente ceco aveva di recente attaccato il governo per la lentezza nel varare aiuti finanziari alle scuole d’infanzia destinando invece molti soldi all’assistenza degli immigrati percepita (a Praga ma non a Roma) anche come un problema di sicurezza.

“Accettando i migranti facilitiamo l’espansione dello Stato islamico in Europa“ ha dichiarato Zeman aggiungendo la frase “anche io non voglio l’Islam nella Repubblica Ceca”. Nell’intervista Zeman ha poi paragonato l’immigrazione ispanica negli Stati Uniti con quella islamica in Europa sostenendo che “i messicani si integrano negli Usa molto meglio dei profughi dei paesi islamici da noi”.

Valutazioni di buon senso, condivisibili o difficilmente contestabili, in ogni caso più che legittime ma proprio per questo impresentabili per chi vive nelle torri d’avorio di Roma e Bruxelles la cui politica di sostegno all’illegalità sta favorendo in tutto il continente l’affermazione di movimenti nazionalisti o apertamente razzisti, giustificati dalla necessità di difendere la nostra terra e le nostre radici.

Nell’Italia divenuta “zona cuscinetto” c’è chi teme che l’emergenza clandestini porti al successo elettorale di Lega Nord e Matteo Salvini ma se chi governa oggi non metterà subito fine a un‘immigrazione selvaggia e arrogante il rischio vero è che una delle prossime elezioni, nella “terra di nessuno”, le vinca il Ku Klux Klan.

Foto: Marina Militare, Getty Images, AP, TMNews, Reuters

TWITTER @GianandreaGaian

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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