Meno male che ci sono i libici a sparare ai trafficanti e allontanare le Ong
Flotte italiane ed europee che da anni ci costano centinaia di milioni di euro continuano ad arricchire i trafficanti libici sbarcando in Italia centinaia di migliaia di immigrati illegali mentre la Guardia Costiera libica con i suoi pochi e poveri mezzi affronta con le armi i criminali, allontana le navi delle ong dalle sue acque e cerca di fermare i flussi.
Può sembrare ridicolo (e di certo lo è per l’Italia e l’Europa) ma è quanto emerge dalle ultime notizie giunte dal Canale di Sicilia e se da gennaio gli sbarchi di immigrati clandestini in Italia sono già oltre quota 62 mila almeno mille sono stati respinti grazie alle motovedette libiche.
La morte di un migrante e il ferimento di due altri per colpi di arma da fuoco sparati giovedì scorso dai trafficanti di esseri umani sulla costa occidentale della Libia sono stari riferiti da un comunicato diffuso dalla Marina libica. Ad essere bersagliato è stato un gruppo di cinque gommoni e due pescherecci adibiti a barcone che con un totale di circa 570 migranti stavano navigando verso il porto di Zawiya, a ovest di Tripoli, dopo essere stati intercettati dalla Guardia costiera libica che li stava riportando indietro, si precisa in un messaggio inviato all’ANSA dall’ammiraglio Ayob Amr Ghasem, portavoce della Marina libica.
Vi sono stati “tiri da parte di un gruppo armato a partire dalla costa e da due imbarcazioni in fibra di vetro a un miglio dal porto” di Zawiya, ha riferito il portavoce del Corpo da cui dipende la Guardia Costiera e che risponde al governo di accordo nazionale del premier Fayez Al Sarraj.
“Gli assalitori sono fuggiti ma l’incidente ha causato la morte di un migrante illegale e il ferimento di due altri originari del Bangladesh” ha aggiunto Ghasem. I cinque gommoni e i due pescherecci di “medie dimensioni” con i circa 570 migranti a bordo, prima di essere attaccati durante lo spostamento verso Zawiya, erano scortati da “un gruppo di protezione” formato da cinque trafficanti di esseri umani libici a bordo di due motoscafi in fibra di vetro e di una moto d’acqua, ha riferito ancora il portavoce della Marina libica. “Le Guardie costiere hanno attaccato il gruppo di protezione e distrutto uno dei motoscafi e il jet ski”, ha aggiunto Ghasem riferendo dell’arresto di “tre persone” ma anche della fuga del secondo motoscafo.
I migranti, intercettati otto miglia al largo di Sabratha e portati al quartier generale dalla Guardia costiera a Zawiya, sono “africani” (tra loro anche marocchini, egiziani e “tre libici”) e del Bangladesh.
A causa dell’intervento di emergenza provocato degli spari, ha riferito ancora l’ammiraglio, la motovedetta della Guardia costiera ha dovuto lasciar andare altri cinque barconi che aveva bloccato.
Ghasem ha inoltre segnalato contatti telefonici fra imprecisate Ong che hanno dato l’impressione che le organizzazioni umanitarie stessero aspettando i barconi poi bloccati ieri dalla Guardia costiera libica. Nella nota Ghasem ha sostenuto che “chiamate wireless sono state rilevate, una mezz’ora prima dell’individuazione dei barconi, tra organizzazioni internazionali non-governative che sostenevano di voler salvare i migranti illegali in prossimità delle acque territoriali libiche. Sembrava che queste Ong aspettassero i barconi per abbordarli. Le Guardie costiere – ha aggiunto Ghasem senza fornire nomi o altri dettagli – hanno preso contatto con queste Ong e hanno chiesto loro di lasciare le acque territoriali libiche”.
Il portavoce ha sottolineato che “il comportamento di queste Ong accresce il numero di barconi di migranti illegali e l’audacia dei trafficanti di esseri umani”. Nel sottolineare il caso di un migrante ucciso ieri dai trafficanti, Ghasem ha aggiunto che questi ultimi “sanno bene che la via verso l’Europa è agevole grazie a queste ong e alla loro presenza illegittima e sospetta in attesa di poveri esseri umani”.
Sabato la Guardia Costiera libica ha segnalato un altri caso analogo in cui ha riportato indietro 438 migranti africani e bengalesi bloccati in mare mentre lasciavano la Libia su due gommoni e due barconi. L’intervento, verso le 7 di ieri mattina, è stato a 8 miglia al largo di Mellitah, a ovest di Tripoli, ha precisato Ghasem all’ANSA. Le quattro imbarcazioni erano scortate da “un gruppo di protezione” dei trafficanti su due motoscafi Viper attaccati dalle motovedette libiche che hanno distrutto uno dei due motoscafi arrestando 5 criminali libici armati di kalashnikov mentre il secondo Viper è riuscito a fuggire.
“In presenza dell’Alto commissariato per i rifugiati”, riferisce ancora Ghasem, i migranti sono stati consegnati al centro di accoglienza di Al Nasr. Anche sabato “è stata rilevata” la “presenza di Ong internazionali” che sembravano aspettare i migranti illegali ha notato l’ammiraglio.
L’aspetto più rilevante delle dichiarazioni di Ghasem è che la Libia, coi suoi poveri mezzi navali, si impegna più delle potenti flotte di Italia e Ue nel riportare indietro i migranti illegali.
Con quale determinazione l’Europa e l’Italia affrontino “l’invasione” dei migranti illegali lo dimostra anche il bilancio di due anni di Operazione navale Ue Eunavfor Med, avviata nel giugno 2015 e pateticamente ribattezzata Operazione Sophia dal nome di una bimba somala nata a bordo di una fregata lanciamissili tedesca.
Con un nome così “aggressivo” è facile immaginare quale “deterrenza” contro l’immigrazione illegale possa esprimere la missione Ue che avrebbe dovuto, secondo Federica Mogherini, “interrompere il modello di business dei trafficanti” anche se la stessa “Lady Pesc” aveva annunciato al Palazzo di Vetro che nessun migrante sarebbe stato respinto, “affondando” così fin dal suo varo la flotta Ue e condannandola al ridicolo.
Il bilancio di due anni di attività di una flotta che impiega navi da guerra dai pattugliatori alle portaerei è infatti deprimente: 36mila immigrati illegali soccorsi e sbarcati in Italia affondando le 440 imbarcazioni (gommoni e barconi) sui quali viaggiavano i clandestini.
Di fatto Eunavfor Med ha favorito il business dei trafficanti come hanno fatto del resto le flotte italiane, di Frontex e le imbarcazioni delle Ong. Anche i 109 sospetti scafisti consegnati alle autorità giudiziarie italiane si aggiungono agli oltre mille loro colleghi arrestati dal 2013, incriminati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e poi in gran parte liberati in attesa di giudizio.
Aggiungendo che la missione Ue ha inoltre addestrato 130 ufficiali della guardia costiera libica, il comandante della missione Ue, ammiraglio Enrico Credendino, ha spiegato che l’Operazione Sophia “concluderà il suo mandato il prossimo 27 luglio e sarà quasi certamente prorogata fino al 31 dicembre 2018”.
Abbiamo quindi tempo per recuperare tempo e dignità e aiutare la piccola Guardia Costiera libica a respingere i migranti illegali perché oggi, nonostante le potenti navi da guerra ipertecnologiche di due flotte italiane e due europee schierate da anni nel Canale di Sicilia, l’unica speranza di almeno ridurre i flussi di immigrati illegali in Italia sembra riposta nei pochi mezzi della Guardia Costiera Libica, che è inoltre l’unica forza impegnata a cercare di impedire alle navi delle ong di cooperare con i trafficanti.
Per Roma e Bruxelles, già umiliate sul mare dai barconi e gommoni dei trafficanti, l’ennesima figura da “peracottari”.
Foto AFP, ANSA, Eunavfor Med e Frontex
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.