L’apocalisse dell’Italia

 

di Daniel Pipes (nella foto sotto) da The Washington Times del 2 novembre 2017

Quando si pensa ai migranti e all’Islam, l’Italia non è un paese che viene in mente. Al contrario dei suoi vicini nordeuropei, l’Italia non ha avuto un miracolo economico che richiedesse l’importazione massiccia di manodopera. Non ha un legame profondo con grandi fonti di immigrazione, come l’Asia meridionale per la Gran Bretagna.

Non è stata colpita da gravi atti di violenza di matrice jihadista come la Francia. A differenza della Svezia, non si sente parlare di folle acquiescenza e contrariamente al Belgio non esistono “no-go zones” parziali. Diversamente dai Paesi Bassi, non è emerso nessun politico dichiaratamente anti-islamico paragonabile a Geert Wilders e, a differenza della Germania, nessun partito anti-immigrazione è diventato una forza politica rilevante.

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Ma come le sue controparti nordeuropee, l’Italia merita attenzione perché sta subendo massicci cambiamenti. Cambiamenti che forse sono ancor più pressanti, profondi e negati che nei paesi meglio conosciuti.

Innanzitutto, c’è la geografia. Non solo il famoso “stivale” dell’Italia si staglia nel Mar Mediterraneo, rendendo il paese una destinazione allettante per i migranti illegali che arrivano via mare, ma il territorio italiano si estende verso il Nord Africa: la piccola isola di Lampedusa, con una popolazione di 6 mila persone, si trova a soli 113 km dalle coste della Tunisia e a 300 km da quelle della Libia. Nel 2016, sono entrati in Italia 181 mila migranti, quasi tutti illegalmente, quasi tutti via mare.

La Libia e l’Italia sono ora la principale autostrada percorsa dagli africani per raggiungere l’Europa. L’immigrazione era già una grande sfida quando il leader libico Muammar Gheddafi gestiva a proprio piacimento i flussi migratori, strappando così concessioni da parte dell’Italia, in un gioco che anticipava ciò che sta ora facendo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan con la Germania.

Ma con la deposizione di Gheddafi, avvenuta nell’ottobre 2011, l’anarchia in Libia presenta problemi ancora maggiori. Almeno Gheddafi bastava pagarlo per ottenere i risultati desiderati, invece oggi è molto più difficile negoziare con una miriade di leader locali e trafficanti di esseri umani.

Ad aggravare ulteriormente la tendenza verso ciò che l’intellettuale francese Renaud Camus definisce una grande sostituzione dei popoli, 285 mila italiani hanno lasciato il loro paese nel 2016, un aumento notevole rispetto agli anni precedenti.

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E poi c’è la storia. La presenza musulmana in Sicilia durò quasi cinque secoli (827-1300) e anche se è meno celebrata di quella in Andalusia, gli islamisti sono memori di quell’epoca e vogliono riprendersi la Sicilia. Roma, la sede della Chiesa Cattolica, rappresenta un simbolo fondamentale della collera e delle ambizioni islamiste, il che rende altamente probabile che la capitale sia un obiettivo della violenza jihadista.

I trend demografici sono addirittura peggiori di quelli dell’Europa settentrionale, con un tasso di fecondità (TFR) totale di 1,3, figli per donna ben al di sotto della vicina Francia (2,0). Il giornalista Giulio Meotti mi dice che il TFR dei migranti è di quasi 2,0 mentre quello degli italiani è di circa 0,9. Alcune cittadine rischiano l’estinzione. Uno di questi paesi, Candela, dove il numero degli abitanti è passato dagli 8 mila del 1990 ai 2.700 di oggi, ha risposto alla tendenza offrendo denaro per indurre i migranti economicamente produttivi a stabilirsi lì. Il ministro della Salute italiano, Beatrice Lorenzin, ha definito il trend demografico “un’apocalisse”.

Se combinati, questi fattori mostrano una crisi di civiltà per l’Italia. Ma il muro della negazione è quasi completo. Sì, la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle si oppongono all’immigrazione sfrenata, ma questo non è il loro obiettivo. Per quanto nel Nord Europa il dibattito sull’immigrazione e l’islamismo sia asimmetrico e sprezzante, in Italia è peggiore. Le voci che hanno affrontato questi temi dieci anni fa, come Magdi Allam, Oriana Fallaci, Fiamma Nirenstein, Emanuele Ottolenghi e Marcello Pera non si sentono più. La negazione prevale.

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Papa Francesco ha assunto il ruolo di principale sostenitore dell’immigrazione libera e dell’accoglienza indiscriminata dei migranti, rendendo il delicato dibattito sul tema ancora più difficile. Oltre alla deriva politica, lo sprovveduto governo del premier Paolo Gentiloni promuove i cliché abituali della sinistra, riconoscendo a malapena il cambiamento tettonico in corso. Dopo aver visitato dodici città in Italia, ho l’impressione che per la maggior parte degli italiani la crisi sia davvero terribile da affrontare.

Mi torna alla mente un’immagine che ho visto in un parco di Padova: una statua circondata da quattro panchine. Sette donne anziane si stringono attorno a una panchina, mentre otto africani occupano le altre tre. Questa scena dimostra sia il reciproco disprezzo sia il cospicuo senso di superiorità dei migranti.

Cosa ci vorrà perché gli italiani si sveglino e inizino ad affrontare la catastrofe demografica e sociale che minaccia la loro cultura straordinariamente affascinante? La mia ipotesi: un grosso attacco jihadista a Roma.

 

Pezzo in lingua originale inglese: Italy’s Apocalypse

Traduzioni di Angelita La Spada

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