Londra mette “sulla graticola” l’F-35B

Pausa di riflessione della politica britannica sul programma statunitense Joint Strike Fighter. Londra nutre sostanzialmente due preoccupazioni: il vero ammontare a medio-lungo termine dei costi complessivi d’acquisto e supporto dell’F-35B, la variante STOVL destinata alle nuove portaerei della Royal Navy in “coabitazione operativa” con la Royal Air Force; e la sua efficace e “sicura” integrazione con gli altri assetti aerei e navali con cui dovrà operare.

Dopo un’inchiesta del Times del luglio scorso, che denunciava un forte aumento degli oneri finanziari, un’ancora insufficiente affidabilità del sistema d’arma e i problemi riscontrati nello sviluppo dei suoi hardware e software, la Camera dei Comuni ha deciso di vederci più chiaro, avviando a sua volta un’indagine parlamentare.

I suoi risultati sono stati raccolti nel rapporto “Unclear for take-off? F-35 prcurement” e messi in rete, in omaggio alla massima trasparenza su un tema oltretutto così decisivo per il futuro degli assetti militari della Gran Bretagna.

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Riassumiamo di seguito le conclusioni dell’inchiesta, portata avanti dall’House of Commons Defence Committee. I parlamentari hanno ascoltato i due autori dell’inchiesta giornalistica, mettendo a confronto le loro dichiarazioni con quelle del Ministry of Defence nazionale (MoD) e del costruttore Lockheed Martin, e prendendo in esame le analisi più recenti del Defense’s Director of Operational Test and Evaluation (DOT&E) del Dipartimento della Difesa statunitense. Ministero e costruttore hanno rassicurato la Commissione, che si è detta grata per la collaborazione offerta ma l’ha giudicata non sufficiente a fugare dubbi e preoccupazioni, tanto da esigere da entrambi altri chiarimenti.

Nelle prime pagine del rapporto si legge che molti costi degli F-35 sono stati tenuti nascosti, limitandosi tanto la Difesa quanto Lockheed Martin a rendere pubblico il solo costo riccorrente “fly away” come reale costo del velivolo, valore che scende ma mano con l’aumentare della produzione.

Come andiamo scrivendo da anni, fino alla noia, su Analisi Difesa, vengono taciuti altri costi, che secondo i calcoli del Times hanno fatto raddoppiare il “recurring fly away cost” medio degli F-35 dell’ultimo lotto prodotto, il LRIP-9. Vengono taciuti anche perché si tratta sempre di stime, ma il punto è che queste stime, come giustamente osserva la Camera dei Comuni, si perpetuano da un lotto di produzione a quello successivo, dato che a questo stadio il programma non consente al momento dell’acquisto degli aerei di determinare l’impatto delle altre voci di spesa sul costo complessivo.

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E’ la prassi (normale?) di tanti procurement – alcuni contratti, quelli dei pezzi di ricambio per esempio, vengono spalmati su più anni -, ma il Joint Strike Fighter, almeno in questa sua complicatissima giovinezza, si sta preparando a battere ogni record, provocando forti mal di testa a chi redige i budget di spesa.

Da parte sua l’inchiesta ha fatto ogni sforzo per capire, sondare meccanismi e rapporti contrattuali. Per esempio riportando due dati che riguardano da vicino anche i previsti 30 F-35 STOVL per l’Aeronautica e la Marina italiane. Per i suoi esemplari Londra spenderà il 4,5 % del loro costo totale nel programma di aggiornamento il “Continuous Capability Development and Delivery”, e prima ancora un altro 3% (ma stavolta del solo costo “crudo” fly away) in modifiche, ma solo relativamente alla cellula dell’aereo, escludendo quindi motore e sistema d’arma.

Si possono fare due conti, prendendo in esame i due differenti costi totali di ciascuno dei primi 48 aerei attesi da Londra entro il 2026/27, cioè quello calcolato dal Times e quello, più basso, dichiarato ai Comuni dal Ministry of Defense: rispettivamente 189,5 milioni di sterline (212,3 milioni di euro, comprensivi della quota britannica allo sviluppo, equipaggiamenti e supporto) e 152 (170 per il solo aereo).

L’incapacità del Ministero della Difesa di fornire stime adeguate dei costi per l’acquisizione dell’F-35, sia su base generale che per ogni singolo aeromobile”, è la conclusione dell’inchiesta riguardo il capitolo costi, “è del tutto insoddisfacente, e questa inaccettabile mancanza di trasparenza rischia di minare la fiducia del pubblico nel programma. Raccomandiamo che il Dipartimento ci fornisca almeno un ordine di grandezza – che afferma di possedere – per i costi totali del programma oltre il 2026/27”.

 

Sicurezza delle operazioni e sovranità

C’è un’altra questione centrale sulla quale la Camera dei Comuni chiede all’MoD di essere informata ogni sei mesi “con ogni dettaglio possibile”, ed è la soluzione dei problemi del sistema d’arma. Per “dettagli” i parlamentari intendono specifici particolari sull’andamento della sperimentazione del “gateway” destinato alle comunicazioni fra gli F-35 e gli Eurofighter Typhoon e le unità della Royal Navy.

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Come scrivemmo mesi fa, la Gran Bretagna ha già sperimentato con successo una modifica al MADL (il Multi Function Advanced Data Link “low-probability-of-intercept” dell’F-35; ndr) che trasforma i suoi segnali nel formato usato dal diffuso sistema Link 16. In quella sede riferimmo anche che Armaereo ci aveva dichiarato che non risultavano in atto iniziative e/o attività analoghe riguardo gli F-35 e i Typhoon dell’Aeronautica Militare Italiana.

Sta di fatto, secondo quanto riferisce la Commissione riportando le conclusioni del Times, che “lo ‘stealth’ non può trasmettere dati alle navi britanniche o agli aerei legacy senza rivelare la sua posizione al nemico.” Senza interventi sul MADL, se l’F-35 trasmette i suoi dati via Data Link 16 riduce sensibilmente la sua invisibilità, rischiando, in concreto, di essere individuato dai radar avversari e reso indistinguibile da un missile nemico dagli stessi radar delle navi amiche, la sua porterei HMS Queen Elizabeth in testa.

Il quotidiano britannico avrebbe poi rivelato che l’MoD non avrebbe acquistato il previsto Battlefield Airborne Communications Node (BACN), lo strumento informatico regolarmente acquisito dalle forze americane (nulla si sa dell’Italia) come “critical support technology” a monte di ogni comunicazione “sicura” di dati sensibili del MADL del velivolo americano. Tutto questo tuttavia, scrivono i parlamentari nel loro documento, sarebbe stato smentito/ridimensionato in un briefing tenuto dall’MoD al solo Partito Conservatore.

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Un’altra questione sollevata dall’inchiesta parlamentare riguarda il capitolo della protezione da attacchi informatici e in generale la sovranità operativa. “Le rassicurazioni di Lockheed Martin e del Ministero della Difesa sul livello rigoroso dei test informatici sul software ALIS sono ben accette, così come la garanzia di Lockheed Martin che il Regno Unito potrà utilizzare completamente e senza restrizioni il software per le operazioni ‘sovrane’ dei nostri F-35.

Tuttavia, chiediamo maggiore chiarezza a Lockheed Martin (“We note that Lockheed Martin’s supplementary evidence weakened this guarantee, recita il report) sul livello di protezione dei dati tecnici raccolti da ALIS sulla flotta del Regno Unito, e se questi dati rientrano nella ‘licenza illimitata per i diritti di proprietà’ del governo degli Stati Uniti.

 

Quando la politica si interessa davvero e seriamente dei sistemi d’arma

L’inchiesta della Camera dei Comuni ha rivelato cose già note e altre no, approfondendo questioni di carattere tecnico-operativo che, diversamente dall’usuale approccio della nostra politica (e di certa stampa) alle questioni militari, hanno finito per diventare alla portata dell’opinione pubblica.

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Sugli stessi temi e problematiche sarebbe interessante, opportuno e davvero trasparente avere un riscontro altrettanto serio e preciso anche da parte dei nostri (prossimi) deputati e senatori. Anche perché la Gran Bretagna non è il solo partner del programma Joint Strike Fighter a voler vederci più chiaro. Anche l’Olanda ha espresso qualche preoccupazione sui costi del suo procurement, e lo stesso ha fatto a suo tempo la Knesset di Israele.

E’ poi sintomatico che l’F-35B STOVL, la versione più complessa del Joint Strike Fighter, provochi qualche malumore anche al suo più grande utilizzatore, l’US Marine Corps. In autunno i Marines avevano richiesto uno studio esterno sui costi della gestione dei pezzi di ricambio e in generale della manutenzione dei loro aerei, complice un’interruzione nello scambio di informazioni con il Joint Program Office, l’ufficio di programma del Pentagono.

Una “ruggine” provocata anche dall’accusa rivolta al JPO di non aver investigato abbastanza su un grave incidente occorso nel 2016 a uno STOVL (aveva preso fuoco in volo, e i Marines avevano rilevato come le troppe spie d’emergenza di colore diverso accesesi sul display potessero far perdere la bussola almeno ai piloti più giovani).

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Il recente rapporto del Government Accountability Office sul sostegno delle flotte di F-35 parlava chiaramente di una mancanza di trasparenza da parte del JPO “… che pone i servizi in una posizione difficile… Senza un miglioramento della comunicazione sui costi a cui vanno incontro, (i servizi) potrebbero non essere in grado di redigere budget efficaci per il mantenimento a lungo termine (di questi aerei)”.

Da noi, va tutto bene madama la marchesa, almeno così sembra. A nessun esponente dell’ormai disciolto Parlamento è venuto in mente di chiedere al Raggruppamento temporaneo di Impresa Leonardo-Lockheed Martin e/o a Segredifesa, chiarezza e garanzie concrete sui punti-chiave di questo sistema d’arma; gli stessi richiamati con cognizione di causa dalla Camera dei Comuni britannica.

Il nostro Ministero della Difesa “custodisce” e protegge il programma da qualsivoglia intrusione, mentre oltre Manica al pubblico – il report parlamentare lo scrive espressamente – è dato modo di partecipare alla comprensione generale dei problemi. Potendo stabilire con almeno qualche cognizione di causa se i soldi per il programma militare più costoso del dopoguerra, siano spesi a ragion veduta.

Foto UK MoD

 

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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