Contro al-Qaeda Washington manda i Marines in Cirenaica

L’attacco al consolato statunitense di Bengasi e l’uccisione di quattro americani, incluso l’ambasciatore Chris Stevens, ha confermato le peggiori aspettative formulate da molti analisti dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi. La minaccia di gruppi jihadisti armati in Libia, e in particolare in Cirenaica, non è infatti una novità e furono proprio i servizi d’intelligence anglo-americani a scoprire nell’autunno scorso la presenza di una cellula di al-Qaeda costituitasi nei pressi del confine libico-egiziano. Le prime notizie in proposito trapelarono alla fine di dicembre dell’anno scorso dalla CNN che citava una fonte libica informata “da funzionari occidentali dell’antiterrorismo”. Il capo di al-Qaeda, Ayman al Zawahiri, avrebbe spedito uomini esperti in Libia durante il caotico periodo della guerra civile e nel momento in cui i lealisti fedeli a Gheddafi cominciavano a perdere il controllo di ampie aree del territorio. Secondo questa fonte tra i jihadisti in Libia c’era anche un veterano già arrestato in Gran Bretagna per terrorismo, descritto come un uomo dedicato totalmente alla causa di al-Qaeda, posto direttamente da al Zawahri al vertice dell’organizzazione con l’incarico di reclutare miliziani e costituire basi logistiche. Compito probabilmente non troppo ostico in Cirenaica, vasta regione oggi in gran parte fuori dal controllo governativo che vide nascere negli anni ’90 il Gruppo Combattente Islamico Libico (che aderì ad al-Qaeda) e che negli anni scorsi ha visto moltissimi militanti islamisti libici (per lo più salafiti) raggiungere l’Iraq per combattere gli statunitensi nelle fila dell’organizzazione al-Qaeda in Mesopotamia. Negli ultimi mesi non sono certo mancati i segnali della presenza della rete terroristica in Cirenaica Era libico anche il numero due di al-Qaeda, Abu Yahya al-Libi, la cui morte in un raid aereo statunitense nel Waziristan pakistano era stata annunciata in giugno ma è stata conferma solo ieri da al-Zawahiri. Possibile che l’attacco al consolato statunitense a Bengasi costituisse una rappresaglia per la morte di al-Libi che in un messaggio video del dicembre 2011 invitò i giovani libici a battersi per scongiurare una deriva filo-occidentalista del Paese. Secondo la fonte della CNN un altro esponente di al Qaeda, di nazionalità europea e libica, stava provando nell’autunno scorso a stabilire una testa di ponte dell’organizzazione in Libia. L’uomo, conosciuto come A.A., era già stato arrestato nelle regioni tribali al confine tra l’Afghanistan e il Pakistan. Un area dove centinaia di volontari libici sono stati addestrati al jihad. L’amministrazione Obama ha deciso di inviare in Libia l’unità di forze speciali dei marines Fleet anti-terrorism security team (Fast) composta da una cinquantina di militari specializzati nella difesa contro gli atti terroristici ma a Washington una fonte ha riferito che in Libia potrebbero essere inviati “fino a 200 Marines” per proteggere i cittadini e gli interessi americani. Mobilitati per le operazioni di ricerca e attacco anche i velivoli teleguidati che saranno con oggi probabilità basati a Sigonella che già ospita i Global Hawk e forze aeree e speciali dell’US Navy.

LINK
Al Qaeda sends fighters to Libya
http://marines.americanspecialops.com/fleet-antiterrorism-security-team/

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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