Rivelazioni con pochi segreti sull’attacco israeliano all’Iran

20 agosto – I piani dell’attacco che Israele avrebbe messo a punto contro i siti atomici e le difese strategiche iraniane rivelato ieri dal blogger israelo-americano Richard Silverstein svela in realtà ben pochi segreti. Silverstein ha pubblicato  sul suo sito Tikun Olam  (“Riparare il mondo” in ebraico) un estratto di un dossier che gli sarebbe stato dato da una fonte israeliana di alto livello che a sua volta l’ha ricevuto da un ufficiale delle Forze di Difesa israeliane. La fonte israeliana avrebbe fatto filtrare il piano segreto perché “questi non sono tempi normali e temo che Bibi e Barak (il premier Netanyahu e il ministro della Difesa israeliani) facciano maledettamente sul serio”.  Dichiarazioni che sostengono le proteste di quanti in Israele vogliono impedire azioni militari come i 400, fra i quali due professori di diritto, che oggi hanno firmato una petizione online per chiedere ai piloti dell’aviazione israeliana di rifiutarsi di obbedire se verrà ordinato loro il bombardamento degli impianti nucleari iraniani poiché un attacco ad impianti nucleari porterebbe alla dispersione di materiale radioattivo fra la popolazione civile e “Israele come chi ha effettuato materialmente il raid potrebbero essere accusati di crimini di guerra”. Sul pano militare quanto rivelato da Silverstein non costituisce nulla di nuovo rispetto alle notizie già ampiamente illustrate e ai piani previsti da diversi analisti e pubblicati in passato. In pratica si tratterebbe di una riedizione, con armi più moderne, di quanto attuato da statunitensi e alleati contro l’Iraq nel 1991 e 2003 o contro la Serbia nel 1999.   Il dossier rivela un piano di attacco in quattro fasi: nella prima si ricorrerebbe alla tecnologia più sofisticata per annientare tutti i sistemi di comunicazione: reti informatiche,  telefoni, radio, tv, le comunicazioni satellitari e le connessioni in fibra ottica degli apparati strategici e governativi che linkano i centri del potere con i siti atomici e le basi missilistiche sotterranee dei missili balistici Shahab 3 di Khorramabad e Isfahan. La paralisi di queste infrastrutture, ottenuta con incursioni  di guerra elettronica e cibernetica, impedirebbe all’Iran di gestire la difesa aerea e la rappresaglia, cioè di coordinare una risposta attaccando Israele con missili balistici a testata chimica. La seconda fase prevede  il lancio di decine di missili balistici Jericho, armi nate per portare in volo le atomiche israeliane ma modificati (come hanno fatto anche gli statunitensi con armi simili) per portare una tonnellata di alto esplosivo convenzionale e dotati di penetratore per raggiungere la profondità di qualche decina di metri sotto il suolo prima di esplodere. Armi anti-bunker per distruggere i laboratori e le basi sotterranee iraniane. Ulteriori attacchi contro comandi militari e persino residenze di personaggi chiave del regime e dei programmi nucleare e militari verrebbero effettuati con missili da crociera lanciati dai sottomarini tipo Dolphin in navigazione nel Golfo Persico e nel Mare Arabico.  Successivamente i satelliti Ofeq rileverebbero i danni inflitti all’Iran e, se necessario, ulteriori incursioni verrebbero effettuate anche impiegando cacciabombardieri dotati di “tecnologia sconosciuta al grande pubblico e anche all’alleato americano e invisibili ai radar”.  L’ìmpiego di ondate di jet F-15 ed F-16 comporterebbe il sorvolo dello spazio aereo di alcuni Paesi arabi (Giordania, Iraq, Arabia Saudita) che potrebbero però appoggiare o sforzo militare israeliano dal momento che, secondo indiscrezioni, Riad avrebbe addirittura permesso ai piloti israeliani di utilizzare una base sul suo territorio per addestrarsi a compiere i raid sull’Iran. Un’intesa arabo-israeliana certo atipica (ma comprensibile in un’epoca che vede i Paesi sunniti uniti nel tentativo di rovesciare il regime sciita siriano alleato di Teheran), “cementata” dalle pesanti forniture di armi hi-tech statunitensi alle monarchie del Golfo mentre no n mancano le indiscrezioni circa una stretta cooperazione Usa-Israele per l’attacco all’Iran. A conferma che Israele intende impedire con la forza all’Iran di dotarsi di armi atomiche sono giunte le dichiarazioni del ministro israeliano uscente della sicurezza interna (Homeland securitry) Matan Vilnai secondo il quale  ”non c’è alcuna ragione di essere isterici. Mai prima d’ora il fronte interno è stato così ben preparato”, ha detto il ministro al quotidiano Maariv in risposta alle denunce sull’impreparazione della difesa civile in caso di conflitto con l’Iran. ”Posso assicurarlo con la massima autorità: oggi ognuno sa esattamente quello che deve fare”, ha aggiunto riferendosi alla ripartizione dei compiti tra le diverse istituzioni incaricate della protezione civile, per quanto riguarda la concentrazione della popolazione fuori dalle zone di combattimento in tempo di guerra. Secondo Vilnai, ”Israele si è preparato a uno scenario di guerra di 30 giorni su diversi fronti” (l’attacco all’Iran potrebbe portare a risposte armate degli Hezbollah  libanesi e di Hamas a Gaza) che potrebbero causare almeno 500 morti e ci sono kit contro attacchi chimico-batteriologici disponibili per oltre la metà della popolazione israeliana. L’esercito sta testando un sistema di allerta per sms per avvertire la popolazione in caso di attacchi missilistici mentre il comune di Tel Aviv  ha approntato la trasformazione di 60 parcheggi sotterranei in rifugi anti missile in caso di attacco contro Israele come ha riferito il Jerusalem Post. I parcheggi, fra cui quello della stazione degli autobus e dei principali centri commerciali, coprono un’area di 850mila metri quadrati e possono ospitare 800mila persone.

www.ilsole24ore.com

LINK
http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-19271083
http://www.richardsilverstein.com/tikun_olam/
http://www.jpost.com/Defense/Article.aspx?id=281314

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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