Un altro 8 settembre: l’Italia ritira la medaglia all’ex alleato di ferro Bashar Assad

Non c’è tragedia o crisi  internazionale che l’italietta non riesca a trasformare in farsa e la guerra civile siriana non fa eccezione. Anzi, dopo aver visto l’anno scorso Roma “tradire” per l’ennesima volta un alleato (la Libia di Gheddafi) e fargli la guerra, il trattamento riservato da Quirinale, governo e parlamento al presidente siriano può solo far sorridere specie a pochi giorni dall’8 settembre! Bashar Assad non ha ancora perso il trono di Damasco sul quale lo pose il padre Hafez, suo predecessore alla guida del regime siriano, ma dovrà fare a meno della medaglia  di Cavaliere di Gran Croce conferitagli nel marzo 2010 dal presidente Giorgio Napolitano in visita ufficiale (e trionfale) di ben quattro giorni a Damasco. A quell’epoca la guerra civile non era ancora scoppiata ma Assad era già un dittatore senza scrupoli che eliminava e faceva torturare gli oppositori, sosteneva insieme all’Iran con armi e denaro gli Hezbollah libanesi e chiudeva un occhio fin dal 2003 sul passaggio attraverso il territorio siriano dei volontari di al-Qaeda che da Libia, Cecenia, Afghanistan, Pakistan e numerosi altri Paesi islamici entravano in Iraq per attaccare i militari americani e alleati, italiani inclusi. Dettagli evidentemente considerati insignificanti da Roma che con la visita di Napolitano siglò con Damasco intese commerciali, economiche e persino nei settori militare e della sicurezza (nonostante la Siria abbia uno dei più poderosi arsenali di armi chimiche del mondo)  seconde solo a quelle intrattenute dalla Siria con la Russia. L’11 marzo 2010 Bashar ha ricevuto la massima onorificenza italiana, non la semplice medaglia di Cavaliere di Gran Croce ma la più prestigiosa  Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone solitamente riservata ai capi di stato e conferita per premiare altissime benemerenze. Oggi però la decorazione è diventata ingombrante. Non è politically correct mantenere rapporti con quel dittatore sanguinario accusato anche dall’Onu di fare quello che ha sempre fatto, cioè sterminare gli oppositori. Paradossalmente Assad  oggi è forse più giustificato a reprimere le opposizioni dal momento che i ribelli siriani non sono certo pacifici manifestanti. Anzi tra le fila degli insorti vi sono pure quei  miliziani di al-Qaeda che invece di essere riconoscenti nei confronti di Assad per gli aiuti ricevuti in passato oggi fanno saltare in aria i palazzi del governo, dell’intelligence e persino i suoi ministri. L’Italia, si sa, ha la memoria corta e “scurdammoce o passato” è un’abitudine più che consolidata nei palazzi romani ma con Assad  doveva anche cancellare il segno visibile dell’amicizia col regime di Damasco rappresentato da quella onorificenza concessa dal Quirinale, simbolo imperituro degli stretti rapporti bilaterali oggi divenuti imbarazzanti per Roma al punto che in Parlamento molti hanno chiesto che venisse ritirata l’onorificenza. Il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura ha dichiarato che “il governo ha revocato per indegnità l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce” e anche se ha aggiunto che formalmente Assad ha 20 giorni di tempo per replicare, De Mistura si è detto convinto che “non abbia argomenti da usare né il tempo per farlo in quanto impegnato in altre cose” considerando così la revoca “confermata”.  I politici italiani non hanno mai perso il vizio di darsi troppa importanza e probabilmente faticheranno a rendersi conto che in Siria hanno tutti (non solo Assad) problemi ben più seri da affrontare delle “patacche” italiche.  Assad non potrà più portare la decorazione italiana ma per sua fortuna non tutti i suoi amici sono volubili come gli italiani, tradizionalmente pronti a cambiare bandiera e mollare gli alleati per convenienza. Il presidente siriano si potrà infatti consolare sfoggiando con orgoglio l’unica altra decorazione straniera ricevuta, la medaglia dell’Order del Libertador concessa dal presidente venezuelano Hugo Chavez il 26 giugno 2010. Un amico vero, che non ti pianta in asso nel momento del bisogno.
 Infine due righe per parlare un po’ di noi. Con questo numero ANALISI DIFESA si rinnova lasciando la cara, vecchia grafica che aveva reso la nostra pubblicazione inconfondibile. A Intermedia abbiamo lavorato a lungo alla nuova veste di AD. Diteci cosa ne pensate.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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