Esclusivo – Il nuovo comando forze speciali dell’esercito

(aggiornato  l’8 ottobre- ore 16,10) – L’Esercito sta costituendo un nuovo comando forze speciali a livello brigata, affidato a un generale dei paracadutisti e incursore,  che raggrupperà gli incursori del 9° reggimento Col Moschin, i ranger del 4° reggimento alpini paracadutisti Monte Cervino, il 185° reggimento acquisizione obiettivi, gli elicotteristi del REOS (Reparto elicotteri per operazioni speciali) e il 28° reggimento Pavia per le operazioni psicologiche. Quest’ultima unità è attualmente alle dipendenze del Comando Artiglieria, gli altri reparti dipendono ora dal Comando truppe alpine e dalla brigata Folgore ma rispondono al Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS), struttura interforze che gestisce l’impiego anche dei reparti speciali di Marina, Carabinieri e Aeronautica. Fonti vicine agli ambienti militari hanno riferito ad Analisi Difesa che “il progetto di costituzione di un Comando delle Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE) rientra nel più ampio processo di razionalizzazione della struttura di Comando e Controllo della componente terrestre e persegue l’obiettivo di incentrare le risorse a disposizione prioritariamente sulle unità operative.”  Il potenziamento della componente forze speciali (FS) e per operazioni speciali (FOS) nasce dalle esperienze maturate negli ultimi anni e in particolare in Iraq e Afghanistan e tra i motivi che hanno indotto a costituire il COMFOSE viene sottolineata “la necessità di un’inderogabile razionalizzazione” che crei “le necessarie sinergie e l’unitarietà d’indirizzi nel campo dell’addestramento, della formazione, dell’acquisizione dei materiali e della normativa di riferimento inclusa l’esigenza di individuare quelle procedure tecnico-tattiche in grado di accrescere la capacità d’integrazione, in operazioni, tra le FS/FOS, le unità convenzionali e gli assetti dedicati all’intelligence tattica. Oggi queste unità dipendono da differenti comandi, con un’inutile e non più sostenibile duplicazione delle risorse dedicate”. Alla costituzione del nuovo comando si aggiungono poi altre direttive tese a creare una maggiore osmosi tra i vari reparti come la disposizione che il comandante dei ranger del 4° reggimento Monte Cervino sia un ufficiale proveniente dal 9° reggimento incursori Col Moschin e infatti in questi giorni il colonnello Carlo Sardi ha ceduto il comando del 4° all’incursore paracsdutista Pietro Addis.  Da quanto rivelato Il COMFOSE dipenderà direttamente dal Capo di stato maggiore dell’Esercito e costituirà l’interfaccia tra l’Ufficio Operazioni Speciali costituito presso lo Stato Maggiore e il COFS interforze, stabilendo così un collegamento funzionale in materia di cooperazione, ricerca e individuazione dei materiali di interesse comune, normativa e addestramento interforze. La fonte tiene a precisare che “il COMFOSE non duplicherà le funzioni del COFS, che ha solo compiti d’impiego in operazioni degli assetti di FS/FOS resi disponibili da ciascuna forza armata inserendoli in joint task force e fissando le modalità di integrazione con le altre componenti combat, combat support e combat service support dei contingenti nazionali.”
Ciò nonostante la costituzione del nuovo comando che sorgerà a Pisa nella struttura del Centro addestramento di paracadutismo, rischia di apparire ridondante rispetto a una più funzionale ed economica assegnazione completa dei reparti di questo tipo al COFS, potenziando cioè questo comando interforze. Una scelta che avrebbe aiutato la standardizzazione non solo tra i diversi reparti dell’esercito ma tra tutti i reparti italiani di questo genere che del resto operano in task force congiunta in Afghanistan dal 2007 (la Task Force 45). Fonti vicine all’Esercito sostengono che il nuovo comando, che avrà uno staff “molto snello” e “non sarà proiettabile”, semplificherà la gestione di reparti ma resta la sensazione di un’occasione perduta, specie in epoca di risparmi, per allargare questa semplificazione a livello interforze potenziando una struttura di comando già esistente.

I tagli
Circa l’impatto della “spending review” sull’Esercito va rilevato che il 27 settembre è stato chiuso il primo reparto “tagliato” dai programmi di riduzione messi a punto dal ministro Giampaolo Di Paola. Lo scioglimento del 123° reggimento fanteria di Chieti, uno dei 5 cinque reggimenti di addestramento dei volontari (RAV) , ha aperto la strada a una riorganizzazione che potrebbe vedere presto la chiusura di un altro reparto simile a conferma di come la riduzione del reclutamento rappresenti uno strumento rilevante per ottenere più rapidamente il taglio del personale previsto dal piano di Di Paola. I provvedimenti di “spending review”  approvati ieri dal Consiglio dei ministri  in attuazione del decreto-legge n. 95 del 2012 prevedono che i militari italiani scendano da 190 mila a 170 mila entro la fine del 2014. In realtà il taglio, che non riguarda Carabinieri e Capitanerie di Porto, non sarà così corposo poiché dei 190 mila militari previsti dal Modello di Difesa ve ne sono in servizio solo 180.270 (erano 183.560 nel 2011) secondo i dati forniti all’inizio dell’anno dal ministero. In pratica si tratterà di scendere di 10  mila unità in due anni (per un risparmio valutato circa 50 milioni di euro), obiettivo raggiungibile grazie anche alla riduzione del reclutamento iniziato già quest’anno con 3 mila volontari in meno arruolati rispetto ai 12 mila previsti.  Circolano voci che il prossimo RAV dell’Esercito a chiudere potrebbe essere l’85° reggimento fanteria di Montorio Veronese nella cui base è stato trasferito il 4° reggimento Ranger (alpini paracadutisti). Di certo non il 235° di Ascoli Piceno che cura l’addestramento delle reclute di sesso femminile. Importanti tagli sono in arrivo anche tra le 11 brigate operative dell’Esercito che dovrebbero ridursi a 9 entro il 2014. Ormai quasi certo lo scioglimento della brigata di cavalleria (blindati) Pozzuolo del Friuli che vedrà i suoi reggimenti assegnati a brigate prive di reggimenti di questo tipo. Benchè indiscrezioni riportate in questo stesso articolo  riferissero della chiusura del 2°reggimento Piemonte di Villa Opicina, fonti ben informate hanno rivelato ad Analisi Difesa che il reparto, a pieni organici e con uno squadrone in partenza per la missione in Libano, resterà in vita e verrà assegnato ad altra brigata. Il 5° Lancieri di Novara di Codroipo dovrebbe passare alle dipendenze della brigata alpina Julia mentre la brigata aeromobile Friuli farebbe il pieno di reparti inglobando il 4° Genova di Palmanova,  il 1° reggimento artiglieria a cavallo di Milano, il 3° Genio guastatori di Udine e il reggimento Lagunari “Serenessima” che affiancherebbe il  66° aeromobile come unità di fanteria. La brigata basata a Bologna dovrebbe però perdere il Savoia Cavalleria di Grosseto, reggimento destinato a passare alle dipendenze della brigata Folgore che uscirà potenziata dalla riorganizzazione anche grazie alla ricostituzione di un reggimento artiglieria paracadutisti dotato di due o tre compagnie di mortai da 120 millimetri Potrebbe chiamarsi 184° reggimento o 185° che in tal caso tornerebbe alla sua specialità originaria lasciando al Reggimento Acquisizione Obiettivi la sola denominazione RAO.
A conferma di come ipotesi e indiscrezioni si accavallino basti pensare che pochi mesi or sono la stessa brigata Friuli era indicata tra quelle di probabile soppressione. Oggi invece si parla insistentemente della chiusura della brigata Granatieri di Sardegna, schierata nel Lazio, che vedrebbe parte dei suoi reggimenti assegnati ad altri comandi o disciolti. In alternativa, sempre secondo indiscrezioni, rischierebbe la chiusura la brigata corazzata Ariete che sta per perdere uno dei suoi tre reggimenti carri, il 4° di Bellinzago, che verrà sciolto. Gira inoltre voce che l’11° reggimento bersaglieri, sempre dell’Ariete, potrebbe venire assegnato alla brigata Garibaldi (che ha già i reggimenti bersaglieri 1° e 8°) ma non è chiaro che fine farebbero il 32° e 132° carri su tank Ariete e il 132° artiglieria su semoventi Pzh-2000. Difficile fare previsioni ma è evidente che sul piano operativo sarebbe preferibile “sacrificare” la brigata Granatieri di Sardegna mantenendo in vita l’Ariete con due reggimenti carri e uno di artiglieria semovente.  Scelta certo più costosa in termini finanziari ma che consentirebbe di salvaguardare la preziosa componente corazzata.

 Ritiro più rapido dall’Afghanistan
Notizie e indiscrezioni raccolte sembrano far emergere la volontà di ridurre il numero di comandi ridistribuendo i reparti operativi per costituire brigate più forti e complete sotto il profilo dei mezzi e degli organici. Il crollo verticale dei fondi destinati alla Difesa richiederà interventi drastici per garantire le capacità operative dello strumento militare, come ha più volte ribadito Di Paola auspicando una precisa pianificazione finanziaria delle risorse assegnate per il futuro. In base ai tagli già approvati i fondi del bilancio sono destinati a ridursi dai 13,6 miliardi di quest’anno a meno di 11 miliardi nel 2014 per almeno il 70 per cento assorbiti dal pagamento degli stipendi al personale militare.  Fonti ben informate riferiscono che per aumentare i fondi da destinare all’esercizio si sta accelerando il ritiro delle truppe dall’Afghanistan recuperando così alcuni milioni del miliardo e 450 milioni di euro assegnato quest’anno extra bilancio alle operazioni all’estero e assorbito per oltre metà dal fronte afghano. Uno dei quattro battaglioni da combattimento schierati in Afghanistan è già stato ritirato e un secondo rientrerà in dicembre riducendo così da 4 mila a meno di 3 mila effettivi il contingente schierato a Herat e dintorni. Ma se il ritiro dei militari ridurrà i costi della missione, rimpatriare mezzi e materiali avrà costi elevatissimi non ancora definiti. “Stiamo facendo la pianificazione – ha detto recentemente Di Paola a Kabul – ”entro la fine dell’anno conosceremo i costi logistici”. A tal proposito una recente stima realizzata in Francia ha valutato che il costo del rimpatrio di un container possa variare, a seconda del percorso e dei vettori impiegati (aerei, treni) tra i 5mila e i 58mila euro.

Foto: Alberto Scarpitta

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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