Il governo Monti tassa anche gli orfani degli eroi di guerra

Il governo Monti si appresta a tassare pensioni di invalidità, assegni d’accompagnamento e persino i vitalizi assegnati dallo Stato agli insigniti  di Medaglia d’Oro al Valor Militare. La tassa sull’eroismo colpirà non tanto la novantina di militari che hanno ricevuto negli ultimi 20 anni la massima decorazione militare, quasi tutti alla memoria, ma i loro famigliari: mogli e figli che da domani dovranno pagare l’Irpef sull’eroismo dei loro cari. Certo, solo se avranno redditi superiori ai 15 mila euro annui, cioè meno di quanto guadagna in un mese un deputato o un consigliere regionale (benefits e fondi per i gruppi politici a parte) e la metà di quello che guadagna il premier, sempre in un mese. Hai dato la vita per la Patria compiendo atti di valore? Per ricompensarti lo Stato fa pagare l’Irpef a tuo figlio orfano, quasi un parassita che si ingrassa con il vitalizio esentasse della medaglia. Che ne pensa il Ministro della Difesa?  Il provvedimento indigna ma non stupisce da un “governo d’occupazione” che pare impegnato a distruggere l’Italia e gli italiani. Un esecutivo sempre più chiaramente espressione di poteri forti stranieri determinati a liquidare l’Italia come concorrente sui mercati. Un governo imposto dall’asse franco-tedesco che domina l’Unione Europea (ricordate la  telefonata di Angela Merkel al presidente Giorgio Napolitano per far cadere Berlusconi raccontataci dal Wall Street Journal?) ma con ampie garanzie di tutela degli interessi statunitensi garantiti (dopo una telefonata di Obama al Quirinale) dalla nomina degli attuali ministri di Esteri e Difesa. Il termine “governo d’occupazione” è certo provocatorio ma pare oggi più che mai consono e attuale dopo un anno di iniziative adottate dall’esecutivo incentrate a demolire l’Italia non solo sul piano economico ma anche sociale colpendo i diritti, generando insicurezza e paura del futuro, demolendo lo stato sociale e soprattutto quel che resta della fiducia dei cittadini nello Stato, nelle istituzioni, nella Patria. Un impegno perseguito con determinazione al punto da lasciare da otto mesi due militari prigionieri degli indiani senza nessuna reazione nei confronti di Nuova Delhi, neppure diplomatica, degna di nota. Qualcuno crede davvero che tassare gli assegni d’accompagnamento e invalidità o poche decine di vitalizi agli orfani degli eroi in uniforme possa salvare dal dissesto i conti dello Stato?   Nessuna crisi è mai stata affrontata e risolta  aumentando le tasse, mortificando imprese e consumi, gettando nello sconforto i lavoratotri o innalzando a dismisura i prezzi di carburante e generi di prima necessità.
Non c’è bisogno di una laurea alla Bocconi per sapere che le crisi si combattono con provvedimenti diametralmente opposti. I “professori” non lo sanno? Qualcuno crede davvero che si possa varare casualmente o per distrazione una riforma delle pensioni che “dimentica” 300 mila lavoratori  (i cosiddetti esodati) o una riforma del lavoro per combattere la precarietà sche invece trasforma migliaia di precari in disoccupati? Siamo davvero così ingenui da pensare che il caos generato da un governo impostosi in seguito a una crisi indotta sia casuale? Dovevano salvare l’Italia e in meno di un anno sono riusciti a far crollare il PIL e la produzione industriale e ad aumentare pressione fiscale, inflazione e disoccupazione.
Provvedimenti che hanno il solo obiettivo (in Italia come in altri Paesi del sud Europa dove molti, soprattutto giovani fuggono all’estero in cerca di un futuro)  ben rappresentato dalla parola d’ordine “cessione di sovranità “ pronunciata sempre più spesso e anche in alcune recenti circostanze dal presidente Napolitano e dal premier Monti,  il primo ex Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo e il secondo ex commissario Ue. Il Presidente della Repubblica ha detto pochi giorni fa che per tornare allo sviluppo occorrono  “ulteriori trasferimenti di poteri decisionali e di quote di sovranità” dall’Italia all’Unione Europea sottolineando che solo così si può arrivare all’integrazione politica. Anche  Monti, a inizio ottobre  ha ribadito che ”occorre fare passi avanti verso la cessione di pezzi di sovranità” pur ammettendo che questo “è tuttavia difficile da spiegare ai cittadini europei”.  Forse perché i cittadini non vogliono né l’integrazione né la “cessione di sovranità”. Per i “tecnici” saranno anche dettagli ma i cittadini la “cessione di sovranità” non l’hanno votata, non l’hanno scelta democraticamente e nessuno gli ha neppure mai chiesto se la volevano. Anzi, ricordate le reazioni schifate di Merkel, Sarkozy e Van Rompuy quando nel novembre scorso l’ex premier greco George Papandreu  annunciò un referendum per chiedere ai greci se volevano restare nell’euro e nella Ue? In pochi giorni perse la maggioranza e si dimise. Gli unici Paesi chiamati ad approvare la Costituzione della UE, Olanda e Francia, l’hanno bocciata mentre a noi italiani addirittura nessuno ha mai chiesto se volevamo aderire alla UE e all’euro. Prima  della sovranità qui si è ceduta la democrazia, anche per colpa di una classe politica indecente e arraffona pronta a regalare l’Italia ai Quisling di Bruxelles e Berlino e a dare in Parlamento il sostegno a provvedimenti  dei “tecnici” (che mai avrebbero tollerato da esecutivi politici) in cambio del mantenimento dei privilegi di casta.  Per farci diventare tutti europei contro la nostra volontà e i nostri interessi l’unica soluzione sono i poteri speciali, i governi d’emergenza, cioè la politica che abdica e si affida alla nomenklatura degli apparati finanziari che tengono le redini del continente da quando è stato istituito l’euro. Condizioni del genere si possono verificare solo di fronte a un’emergenza, una guerra o una grave crisi con la quale giustificare politiche lacrime e sangue che spogliano i cittadini trasformandoli in sudditi senza  certezze su futuro, sanità, scuola, togliendo loro fierezza patriottica e senso di appartenenza nazionale e costringendo giovani e ”cervelli” a emigrare impoverendo così la più importante risorsa di una nazione. Trasformare in imponibile, mero reddito da tassare, i vitalizi degli eroi contribuisce a raggiungere questo obiettivo ben più strategico del semplice fare cassa. Dobbiamo scordarci il Tricolore, “cedere quote di sovranità” per metterci sull’attenti davanti allo stendardo blu con tante stelline dorate cucito dai sarti franco-tedeschi a Bruxelles. Il simbolo di una nomenklatura, di una burocrazia, non certo di una Nazione. Un drappo simile a quelli innalzati da supermercati e mobilifici che non suscita certo emozione o senso di appartenenza e che nessuno in Europa riconosce come suo. Ai burosauri occupanti che per mortificare l’Italia non esitano neppure a calpestare gli orfani degli eroi ci piace ricordare che, a differenza del Tricolore, nessuno sventolerà mai quel drappo color blu-notte lanciandosi all’assalto delle trincee nemiche. A proposito di assalti e trincee, alcuni analisti hanno paragonato l’attuale crisi in Europa a una guerra, certo combattuta (per ora) con strumenti diversi dalle armi. Se questo è vero pare evidente che noi italiani la stiamo perdendo e probabilmente il prossimo conflitto che dovremo combattere assomiglierà a quelli di un secolo e mezzo fa. Una guerra d’indipendenza.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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