I missili Patriot in Turchia: arma difensiva o offensiva?

Non sembra trovare ostacoli la richiesta del premier turco Recep Tayyip Erdogan alla NATO di schierare batterie di missili terra-aria Patriot PAC-3 lungo il confine siriano.  Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen ha annunciato mercoledì che la NATO “discuterà senza rinvii la richiesta della Turchia” spiegando che “se approvato, il dispiegamento verrà attuato in accordo con il piano di difesa aerea della Nato” e che “spetta ai singoli Paesi della Nato che dispongono di missili Patriot decidere se dispiegarli in Turchia e per quanto tempo”. Divenuti famosi nel 1991 quando abbatterono alcuni missili balistici Scud iracheni lanciati contro Israele e le basi alleate in Arabia Saudita durante la Guerra del Golfo, i Patriot vennero dispiegati anche in Turchia sempre nel 1991 e poi nel 2003 (durante l’operazione Iraqi Freedom) ma Saddam Hussein non attaccò mai il territorio turco e le batterie vennero ritirate.  I missili Patriot sono in servizio oggi in 12 Paesi inclusi quattro della Nato:  Germania, Stati Uniti, Olanda e Grecia anche se è improbabile  che Atene invii proprie truppe e mezzi in territorio turco. Gli Stati Uniti  si sono già dichiarati  “favorevoli” alla richiesta turca come ha precisato un portavoce del Dipartimento di Stato, Mark Toner. “Noi prendiamo la sicurezza dei nostri alleati nella Nato in maniera molto seria e siamo disposti favorevolmente a questo” ha detto aggiungendo che i dettagli del dispiegamento saranno definiti con gli alleati. La Germania sembra disponibile a inviare proprie batterie di Patriot in Turchia con 200 militari. Secondo il quotidiano Bild, una decisione in proposito verrà presa dal Parlamento prima di Natale dove il provvedimento gode dell’appoggio della coalizione di governo (Cdu-Csu e Fdp) e di gran parte dell’Spd. Anche se Rasmussen ha sottolineato che l’impiego dei missili in Turchia sarebbe “solamente per scopi difensivi” e che non sarebbe in alcun modo “a sostegno di una no-fly zone o per operazioni di attacco” il dispiegamento dei Patriot suscita qualche perplessità. Certo si tratta delle armi più efficaci tra quelle disponibili presso gli alleati della Nato per abbattere missili balistici come gli Scud di ultima generazione prodotti in Corea del Nord in dotazione alle forze siriane. Armi che Damasco schiera sia equipaggiati di testate ad alto esplosivo sia di testate chimiche ma che, come ha più volte sottolineato il regime di Bashar Assad verrebbero utilizzate solo in caso di aggressione alla Siria dall’esterno. Ankara, che ospita, arma e appoggia i ribelli siriani, si prepara a passare il confine con le sue truppe?  Più probabile che punti a creare “de facto” una zona di interdizione aerea per l’aeronautica di Assad. Del resto se si trattasse solo di difendere lo spazio aereo da sconfinamenti dei jet di Damasco, che ogni giorno bombardano le forze ribelli a ridosso della frontiera, non avrebbe bisogno di chiedere i Patriot agli alleati. Sarebbero sufficienti le batterie di missili antiaerei a corto raggio Rapier (7 chilometri di raggio d’azione) e a medio raggio Hawk (40 chilometri) presenti in gran numero negli arsenali di Ankara. I Patriot invece hanno un raggio d’azione di 70 chilometri se impiegati contro missili balistici o da crociera che raddoppia se utilizzati contro velivoli. Più che sufficienti a minacciare i jet Mig e Sukhoi di Damasco in tutto il nord della Siria cioè a creare le basi tecniche e militari per qualcosa di simile a una no-fly- zone che consenta ai ribelli di consolidare, al riparo dei raids aerei dei lealisti, i successi conseguiti nelle ultime settimane sul terreno proprio nelle regioni settentrionali. Il Patriot, arma difensiva, verrebbe così impiegato in modo offensivo come sembrano aver intuito i russi, sostenitori di Bashar Assad, che ieri hanno criticato il dispiegamento delle batterie di missili. Secondo il portavoce del ministero russo degli Esteri, Alexander Lukashevich, l’arrivo dei Patriot “non porterebbe stabilità alla regione” mentre “la militarizzazione del confine turco-siriano sarebbe un segnale allarmante”.  Secondo la stampa di Ankara il dispiegamento dei Patriot potrebbe avvenire già a metà dicembre.

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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