L’Europa Occidentale e i pattugliatori d’altura

di Pier Paolo Ramoino

Già alla fine degli anni ’70 dello scorso secolo la Royal Navy aveva perfettamente capito che l’impiego delle sue fregate nelle operazioni di polizia marittima, note come constabulary ops nel linguaggio anglosassone, non era costo-efficace. Le fregate, soprattutto le più recenti, erano costose e delicate unità piene di apparecchiature elettroniche progettate per le più sofisticate cacce ai sommergibili avversari, occorreva quindi immettere in servizio rustiche e robuste navi dotate soprattutto di una buona autonomia ed una resistenza assicurata al mare mosso. La Royal Navy veniva da lunghe “battaglie” a colpi di fiancate nella cosiddetta Cod War , la guerra del merluzzo con gli islandesi in cui spesso le fregate avevano avuto la peggio sia con i pescherecci sia con i pattugliatori avversari. Le navi pattuglia delle classi Island e Castle di poco più di un migliaio di tonnellate di dislocamento ed armate con un modesto pezzo da 40 mm risolsero il problema di vigilare le coste atlantiche del Regno Unito e le sue importanti aree di pesca oceanica in Atlantico. L’idea fu seguita da molte altre Marine con analoghi problemi di vigilanza marittima in acque non sempre calme. Tra le più riuscite unità furono le nostre Cassiopea, che dotate di elicottero, impianti antincendio e antinquinamento e di una “seppietta” per il recupero naufraghi svolgono da oltre due decenni il loro prezioso servizio nelle non sempre calme (e non solo per questioni puramente meteorologiche) acque del Canale di Sicilia. La cantieristica mondiale e quella europea in particolare ha oggi individuato nella ideazione e nella costruzione di pattugliatore di altura (Offshore Patrol Vessel) un ottimo affare e in questi ultimi anni sono stati varati mezzi sempre più grossi e sofisticati. Siamo, a nostro giudizio, anche in questo campo, che alcuni commentatori di strategia navale considerano minore, di fronte ad una svolta: non si tratta più di grossi trawlers dall’aspetto abbastanza simile ai pescherecci che debbono proteggere, ma di un nuovo tipo di unità polifunzionale che può svolgere quasi tutti i compiti di una Marina in tempo di pace (o di quasi-pace). I dislocamenti sono molto aumentati, la dotazione elettronica decuplicata, le soluzioni per la motorizzazione attentamente studiate e gli equipaggi, grazie allo spinto automatismo, ridotti al minimo. Le uniche caratteristiche che li legano ai loro predecessori di un quarto di secolo fa sono l’ottima tenuta del mare, la grande autonomia e l’armamento piuttosto contenuto.
Nella Tabellina che segue si indicano le principali caratteristiche di alcune delle unità entrate in servizio dopo il 2000.

Nazione Classe  Entrata in serv. N° unità  Disl.max App.Mot. Autonomia Vel.max Armamento Equipaggio(1)
Portogallo Viana do Castello

2010

2

         1.600 2 Diesel

5000

20 nd 1-40, 2 mtg 35 +32
Spagna Meteoro

2012

4

         2.500 2 Diesel

8000

20 nd 1-76/2, 2-25 35+35
Italia Sirio

2002

2

         1.285 2 Diesel

3300

22 nd (1-76/62), 2-25 70
Francia L’Adroit

2012

1

         1.450 2 Diesel

8000

21 nd 1-20, 2 mtr 30+29
Olanda Holland

2011

4

         3.750 2 Diesel

5000

21,5 nd 1-76/62, 1-30 50+40
Islanda Ior

2008

1

         3.920 2 Diesel

10000

20 nd 1-40, 48

(1)    Dopo il + , personale imbarcabile oltre all’equipaggio normale

Si tratta di sei classi di unità che pur avendo di massima lo stesso compito operativo rappresentano soluzioni abbastanza differenziate. Le unità italiane, portoghesi e l’unica francese hanno dislocamenti e armamento  abbastanza contenuti e si comprende quindi che sono state progettate per quei compiti di vigilanza e di protezione delle coste nazionali considerati inadatti a alle fregate ed alle corvette in inventario. Per L’Adroit va segnalato che se pur ha navigato in giro per il mondo in questi ultimi mesi, si tratta di un “dimostratore” rimasto di proprietà del costruttore (DCNS), ma affidato alla gestione della Marine Nationale per un periodo di tre anni. Le unità spagnole, islandesi ed olandesi sono di dimensioni molto maggiori e si comprende che siano nate per rispondere non solo a compiti di vigilanza nelle proprie zone economiche, ma anche per azioni di “presenza navale” non troppo intrusive, ma pur sempre significative. Con la complessa situazione internazionale, in cui si parla di asimmetria della minaccia anche sul mare e di necessità di contrasto alla pirateria, all’immigrazione clandestina ed alle varie specie di attività illegali, queste nuove unità sembrano poter risparmiare lunghe permanenze in mare a navi assai più costose, soprattutto nella gestione, con compiti militari di alto livello.
I nuovi pattugliatori sia i più grandi che i minori hanno di fatto alcune caratteristiche comuni:
–    equipaggi molto ridotti (ma sensibilmente aumentabili anche con l’imbarco di fanti di marina),
–    presenza di un ponte di volo per imbarcare quando occorra un elicottero, indispensabile complemento oggi per un pattugliamento oceanico,
–    motorizzazione Diesel di buone caratteristiche, ma anche di sicura affidabilità e facilità di manutenzione,
–    possibilità di mettere in mare battelli pneumatici a chiglia rigida ( i cosiddetti RHIB) per l’abbordaggio di unità sospette da visitare
Le nazioni dell’Europa Occidentale, non avendo come gli USA od il Giappone, delle “Guardie Costiere” con vere capacità d’altura, sembrano aver trovato in questi nuovi OPV la soluzione di molti loro problemi e poter svolgere in modo abbastanza economico il loro indispensabile ruolo constabulary. Pensiamo che questa tendenza, che segnaliamo con questa breve nota, in cui abbiamo preso in  considerazione solo alcune delle soluzioni oggi operanti in mare, potrà essere confermata negli anni a venire.

Il nuovo pattugliatore francese L’Adroit

Pier Paolo RamoinoVedi tutti gli articoli

L'ammiraglio Ramoino è Vice Presidente del Centro Universitario di Studi Strategici e Internazionali dell'Università di Firenze, Docente di Studi Strategici presso l'Accademia Navale di Livorno e cultore della materia presso la Cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali dell'Università Cattolica del S. Cuore a Milano. Dal 1982 a tutto il 1996 ha ricoperto le cattedre di Strategia e di Storia Militare dell'Istituto di Guerra Marittima di Livorno, di cui è stato per dieci anni anche Direttore dei Corsi di Stato Maggiore. Nella sua carriera in Marina ha comandato diverse unità incluso il caccia Ardito e l'Istituto di Guerra Marittima.

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