La legge afghana di Obama. Vietato criticare i talebani

di Glauco Maggi  da Libero Quotidiano del 21 dicembre
Un manuale per i militari Usa voluto dalla casa Bianca si adatta al verbo degli integralisti, legittimando pedofilia e violenze sulle donne
Fa discutere il nuovo decalogo di istruzioni del ministero della Difesa Usa sulle buone maniere che dovrebbero seguire i marines in Afghanistan verso i poliziotti locali, di fatto giustificando questi ultimi quando uccidono i soldati americani che li addestrano perché si sentono «offesi» da ciò che dicono sta facendo scandalo. «Citare la pedofilia e i diritti delle donne per dire che i soldati non dovrebbero menzionare quelle parole è come ammettere tacitamente che questi concetti sono davvero una parte della religione islamica», ha commentato Robert Spencer, fondatore dell’osservatorio Jihad Watch. E Clare Lopez, studiosa del pensatoio Center for Security Policy, ha definito oltraggioso accusare i soldati americani per gli attacchi che subiscono da membri delle forze di polizia locali. «Far credere che i nostri soldati vengono ammazzati a causa della loro insensibilità per la cultura islamica è come dire che è colpa loro perché non sono stati abbastanza gentili verso i locali. Il rifiuto fondamentale di riconoscere che il nemico ci combatte per quello che dice a chiare lettere di volersi battere, che è l’Islam, è il fallimento di leadership dei nostri vertici dal ministro della Difesa Leon Panetta in giù. A causa di ciò, non abbiamo una strategia». In realtà, la «strategia» della sottomissione culturale obamiana viene da lontano. Tutto cominciò nel 2009 con l’epurazione del termine «atti di terrorismo islamico» dal materiale ufficiale del dipartimento della Sicurezza Nazionale di Janet Napolitano, poco dopo che il neoeletto Barack Hussein Obama la nominò ministro e le diede istruzioni di «correttezza politica». Al suo posto i solerti funzionari coniarono gli «eventi causati dall’uomo», ma era un’espressione tanto ridicola che non riuscì a imporsi nella cronaca della realtà degli anni successivi, zeppi di atti di terrorismo nel mondo, e sempre ad opera di musulmani. Ora gli scribacchini del Pentagono hanno redatto un manuale di guida su come comportarsi con la popolazione, con i talebani, e con i colleghi della polizia e dell’esercito di Kabul. Alla base del testo c’è un’idea distorta, che è tipica della filosofia liberal sposata da Obama: accusare gli Usa di tutte le colpe nei rapporti con gli altri, che sono sempre vittime a prescindere, così da giustificare chi attacca e uccide gli americani: dai 3mila delle Torri Gemelle dell’11/9/2001 al povero ambasciatore libico Chris Stevens ucciso l’11/9/2012 tutti, in fondo, se la sono un po’ cercata. Ci sono stati finora quest’anno 63 militari Usa ammazzati da poliziotti e soldati afghani? La colpa è dell’ignoranza dei marines della cultura locale: non conoscendo e non rispettando la mentalità della gente, la offendono e ne provocano, nei soggetti più «sensibili», la furia omicida. «Una migliore consapevolezza e comprensione della cultura afghana aiuterà il soldato ad essere un miglior partner e a evitare conflitti culturali che portano alla violenza», si legge nel testo. Di qui le 75 pagine di consigli che, se applicati, secondo gli estensori sarebbero una polizza sulla vita dei soldati. «Molti dei contrasti capitano per l’ignoranza o per la mancanza di empatia verso le norme della cultura musulmana e/o afghana, e il risultato sono le violente reazioni dei membri delle forze di sicurezza afghane», ha riportato il Wall Street Journal che ha avuto accesso alla bozza del manuale. Lo studio, basato su interviste con 600 poliziotti locali e con 200 soldati americani che mostrano l’abissale scontro di vedute tra i due mondi, si conclude con avvertenze di resa ai militari Usa. In sostanza, devono evitare di toccare gli argomenti tabù, di cui viene fornita una dettagliata lista nera: «Mai fare commenti offensivi sui talebani», «non esporsi a difendere i diritti delle donne», «evitare ogni critica della pedofilia», «non indirizzare critiche contro gli afghani», «mai menzionare l’omosessualità o ogni condotta omosessuale», e «non citare nulla in relazione all’Islam». Gli attentati e gli attacchi letali alle forze della coalizione da parte di personale in divisa afghana, insomma, non sarebbero un problema di infiltrazioni dei talebani, ma di galateo linguistico, anzi di prevaricazione della cultura occidentale su quella locale, diversa e da rispettare in ossequio al multiculturalismo ideologico mascherato da precauzione «operativa». L’anticipazione del testo, con il coro di critiche che ha subito scatenato, potrebbe «congelare» il manuale. Il comandante in capo dei marines in Afghanistan, John Allen, ancora sotto inchiesta nell’ambito dello scandalo delle donnine di Petraeus, l’ha bocciato senza mezzi termini. «Non lo sponsorizza e ha respinto la richiesta di fare la prefazione», ha detto il suo portavoce. «Non approva i suoi contenuti».

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