Il bilancio del Pentagono in bilico

ASCA – Le forze armate statunitensi ”devono prepararsi al peggio” poiché rischiano di venire investite ”da una tempesta di incertezze” legate all’approvazione del bilancio 2013. Il segretario alla Difesa Leon Panetta (nella foto) è un fiume in piena, usa parole taglienti, nel corso di una conferenza stampa a Washington si rivolge al Campidoglio e ribadisce la necessità di adottare misure di risparmio onde evitare di apportare tagli al comparto militare. Il messagio a Obama giunge a una settimana dalla promulgazione dell’American Taxpayer Relief Act, la legge approvata dal Campidoglio per evitare il fiscal cliff, e a pochi giorni dal cambio di guardia dettato ai vertici dell’intelligence e della difesa statunitense con l’ingaggio di John Brennan e Chuck Hagel. Il primo, un consigliere per l’antiterrorismo alla direzione della Cia, succederà a David Petraeus, dimessosi sulla scia dello scandalo per la relazione extraconiugale con la sua biografa Paula Broadwell. Il secondo, un veterano del Vietnam repubblicano, prenderà a breve proprio il posto di Panetta. Il leader del Pentagono si rivolge tuttavia ai suoi colleghi abbandonando le riserve: ”Non abbiamo idea di cosa diavolo sta per accadere. Se il Congresso lascerà irrisolta l’incertezza legata al bilancio della Difesa verrà gravemente compromessa la prontezza militare degli Stati Uniti”. L’ex capo dell’agenzia di spionaggio Usa invita deputati e senatori a risolvere lo stallo per l’anno fiscale in corso. Un nodo che potrebbe trascinare Washington in un pacchetto di austerity massiccia tra le proprie forze armate, con una riduzione dei finanziamenti al Dipartimento pilastro dell’America fino a circa 11 miliardi di dollari. La scadenza è fissata al 1 marzo, dopo di che il budget alla Difesa Usa subirà un ridimensionamento pari a 50 miliardi di dollari, che diventeranno 500 nei prossimi 10 anni. Un campanello di allarme in vista degli attuali orientamenti militari implementati dalla Casa Bianca verso il Medio ed Estremo oriente, ma soprattutto alla luce del processo di transizione previsto nell’Afghanistan del post-2014. Non a caso le dichiarazioni rilasciate la scorsa settimana dal numero due della Sicurezza nazionale americana sono sembrate un preludio al precipizio. Secondo Ben Rodhes e’ ormai infatti ”da considerare” l’ipotesi di un richiamo di tutti i soldati statunitensi dall’Afghanistan già nei prossimi due anni. Ad oggi le forze armate statunitensi sono  di gran lunga le più forti del mondo con una spesa prevista per il 2013 di circa 614 miliardi dollari. I ”gravi tagli” ai quali andrebbe in corso l’apparato militare Usa nella finestra di un mancato accordo in Parlamento riguarderebbero molteplici settori, come la chiusura dei corsi di formazione e aggiornamento, il ridimensionamento delle ore di volo per i piloti e di navigazione per le truppe in mare, nonché l’interruzione dei programmi di armamento, ha spiegato Panetta. Inoltre, tutta la forza lavoro civile per il Dipartimento della Difesa sarebbe soggetto a congedi. Nel settembre 2001, dopo l’attacco alle Torri gemelle di New York che diede la spallata definitiva alla recessione americana (peggiore di quella ai tempi della guerra del Golfo nel 1991), il presidente Bush portò il budget della Difesa oltre i 380 miliardi di dollari. Di questi, 122 li destinò ad acquisizioni, investimenti e ricerca in nuovi sistemi d’arma. Da allora gli aumenti di budget militari degli States si sono attestati intorno al 73 per cento, sino a consumare il 20 per cento della spesa federale degli Stati Uniti. Le spese militari a stelle e strisce – dati Global Issues Network sul World Military Spending – rappresentano il 43 per cento del totale delle spese nel mondo. Rispetto all’Europa, nel 2010 gli Stati membri complessivamente hanno speso 194 miliardi di euro, gli Stati Uniti 520 (689 miliardi di dollari), ovvero il 4,8 per cento del Proprio prodotto interno lordo.

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