Il Ghana libera la nave scuola argentina Libertad
Per accogliere La Libertad, la nave scuola della Marina argentina sequestrata in Africa per settimane su richiesta di alcuni fondi di investimento Usa, al porto di Mar del Plata è stata organizzata una imponente ”festa popolare” dal governo del presidente Cristina Fernandez de Kirchner. Alcune ore prima dell’arrivo della nave un centinaio di imbarcazioni erano pronte ad accompagnare la Libertad nel tratto finale del suo viaggio di 21 giorni dal porto ghanese di Tema, dove è stata trattenuta per 78 giorni dalla giustizia del Paese africano in base a un ricorso presentato dai fondi di investimento statunitensi per tentare di ottenere il rimborso dei cosiddetti ”tango bond”. Per la Kirchner il ritorno della nave emblema della Marina è un indubbio trionfo politico nella ”difesa della sovranità nazionale” contro le pretese dei cosiddetti ”fondi avvoltoio”. Per questo la presidente ha deciso di accogliere personalmente la Libertad, pronunciando il suo primo discorso pubblico dell’anno, dopo una campagna di stampa di chiaro stampo nazionalista, proprio quando si riprende a parlare delle Falkland-Malvinas contestando di nuovo con enfasi la legittimità britannica sulle isole contese. La nave scuola ha lasciato il Ghana subito dopo il via libera del Tribunale Internazionale del Diritto del Mare di Amburgo, che il 15 dicembre ha annullato il sequestro deciso dalla giustizia del paese africano. Il caso della nave scuola argentina Libertad è senza precedenti e si tratta della prima nave militare 2presa prigioniera” in un Paese straniero per debiti insoluti del Paese a cui appartiene. Il veliero a tre alberi dell’Armada Argentina era stato bloccato il 2 ottobre 2012 nel porto di Tema, 25 chilometri a est di Accra, da un ordine del tribunale del Ghana in base alla denuncia presentata da dalla Nml Capital Limited finanziaria con sede a Cipro controllata dall’hedge fund Elliot Management di New York e dalla Huntlaw Corporate Service h con sede alle Cayman. Un gruppo che rappresenta una serie di fondi di investimenti americani per i quali il blocco della nave costituisce uno strumento legale per riscuotere il pagamento di tango-bond. I fondi statunitensi sono tra quel sette per cento di creditori coinvolti nel crack da 100 miliardi di dollari dei bond argentini del 2002 a non aver accettato la ristrutturazione del debito di Buenos Aires (che ha portato al rimborso solo del 30 per cento di quanto dovuto ai creditori) puntando a recuperare i crediti con azioni legali contro lo Stato argentino. I tentativi di bloccare i fondi argentini nelle banche svizzere e nella Banca Nacion di New York e persino di far sequestrare l’ambasciata argentina a Parigi sono falliti ma la collaborazione della Corte Suprema del Ghana ha creato un caso senza precedenti. Le forze dell’ordine del Paese africano notificarono il sequestro della nave al comandante il quale non ottenne nulla ricordando ai ghanesi che il diritto internazionale assicura la piena immunità diplomatica e giudiziaria alle navi militari. Il giudice Richard Adjei Frimpong, del tribunale di Accra, aveva respinto il 10 ottobre la richiesta argentina di rilasciare la nave sostenendo che ”non vi sono basi sufficienti nell’esposto per annullare la decisione giudiziaria”. Dure le reazioni del governo argentino che ha denunciato un ”inganno orchestrato da finanzieri” sostenendo che il blocco della nave scuola costituiva “una violazione della convenzione sull’immunità diplomatica”. Per sbloccare la situazione Buenos Aires ha inviato in Ghana i viceministri di esteri e difesa Eduardo Zuain e Alfredo Forti ottenendo, per ora, scarsi risultati. Ace Ankomah, avvocato della Nml Capital ha detto alla stampa argentina che i suoi clienti puntavano al pagamento di una cauzione di 20 milioni di dollari per la liberazione della nave, sottolineando che l’Argentina deve loro “oltre 300 milioni di dollari”. La società finanziaria si era offerta di rimpatriare a sue spese i marinai di nazionalità non argentina (8 uruguaiani , 15 cileni e altri provenienti da Brasile, Paraguay, Ecuador, Sud Africa e Venezuela su un equipaggio di 326 militari) presenti a bordo del Libertad. La crisi del Libertad è costata il posto al capo di stato maggiore della Marina militare, l’ammiraglio Carlos Paz e al direttore dell’intelligence della Marina, Lourdes Puente.
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