Mosca rinuncia ai blindati “Made in Italy”

Mosca rinuncia a ordinare  i blindati Centauro e a completare la commessa per i veicoli protetti Iveco Lince. Il comandante in capo delle forze di terra, generale Vladimir Chirkin, ha annunciato nei giorni scorsi lo stop all’acquisizione dei mezzi italiani esortando l’esercito a “concentrarsi sui produttori nazionali”.  L’industria militare russa aveva mal digerito la decisione di adottare veicoli militari italiani e navi da sbarco francesi (le Mistral) anche se da riprodurre in stabilimenti russi e infatti le navi francesi, previste in quattro esemplari, sono state dimezzate all’inizio dell’anno. I blindati pesanti Centauro sono sottoposti da mesi a test valutativi nella base di Kubinka mentre i Lince sono stati ordinati in due lotti per 1.775 esemplari che erano destinati a salire a 3mila entro il 2015. Nei test il Lince si era rivelato superiore al GAZ-330 Tigr ma il ministro della Difesa, Sergey Shoigu, ha ordinato una nuova gara e nuovi test comparativi tra i due veicoli cedendo così alle pressioni di GAZ che ha sviluppato una nuova versione del suo veicolo nota come “Tigr M” che pare abbia adottato molte delle soluzioni tecnologiche già impiegate dal mezzo italiano. Il fabbisogno dell’esercito russo per questo tipo di veicoli è di 5 mila esemplari e GAZ vorrebbe aggiudicarsi la commessa per 3.500 unità  anche se disporre di due mezzi diversi non semplificherà la logistica dell’esercito di Mosca. Mosca ha stanziato 800 milioni di euro per il programma Lince. Il contratto era stato firmato nel dicembre 2011, i primi 57 veicoli sono stati assemblati l’anno scorso in Russia nello stabilimento Kamaz di Voronezh mentre gli altri verranno assemblati in una nuova fabbrica in Tatarstan con una capacità di 500 veicoli all’anno  dove nel 2014 i componenti realizzati in Russia saranno circa la metà del totale. Il costo medio di un Lince varia dai 300 mila ai 500 mila euro a seconda delle versioni e degli equipaggiamenti imbarcati mentre il Tigr viene definito dalla GAZ “più economico del 70 per cento”. A indurre il Ministero della Difesa russo  a recedere dall’accordo con l’Italia (a pochi mesi dagli scandali che hanno portato a fine novembre scorso al siluramento del ministro Anatolij Serdjukov) oltre alle esigenze di favorire l’industria nazionale, avrebbe contribuito anche il raffreddamento dei rapporti tra Roma e Mosca dopo l’epoca delle cordiali intese tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin. Come fanno notare fonti vicine agli ambienti diplomatici Mosca ha giudicato la politica estera italiana del governo Monti eccessivamente appiattita sulle posizioni di Washington specie riguardo alle crisi in Iran e Siria ritenute strategicamente più rilevanti dai russi.

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