IL TEST ATOMICO DI PYONGYANG FA ARRABBIARE SOPRATTUTTO I CINESI

Il terzo test atomico nordcoreano ha scatenato dure condanne internazionali ma oltre al sisma del quinto grado della scala Richter rischia  di provocare un  terremoto nelle relazioni con Pechino, unico partner economico che garantisce la sopravvivenza del “regno eremita”. Non che i cinesi temano l’arsenale atomico di Pyongyang né che giovane dittatore Kim Jong-Un voglia dare vita a concrete minacce di guerra agli Stati Uniti anche se a fine gennaio i nordcoreani avevano fatto sapere  che il test atomico e il lancio di missili a lunga gittata avrebbero avuto “come target il nostro nemico giurato gli Stati Uniti”.  Pechino sembra comprendere l’importanza che i nordcoreani attribuiscono allo sviluppo di testate nucleari e missili balistici a lungo raggio, tecnologie il cui export, ad esempio in Iran, garantisce importanti introiti in valuta pregiata. A indispettire Pechino, che ieri ha convocato l’ambasciatore nordcoreano, sembra essere soprattutto la consapevolezza che l’ascesa della Corea del Nord al ruolo di potenza nucleare rappresenta un regalo inaspettato a Washington e alla strategia di contenimento già in atto contro l’espansionismo e il potenziamento militare cinese. Con i programmi di riarmo attuati negli ultimi anni, Pechino e Pyongyang hanno ottenuto il risultato di terrorizzare i vicini obbligandoli a stringersi intorno all’alleanza con gli Stati Uniti e ad acquisire decine di miliardi di dollari in armi, per lo più statunitensi. Un autogoal strategico di cui Pechino sembra rendersi conto, almeno quando a segnarlo sono i “cugini” nordcoreani.L’intelligence ha confermato che il test atomico dell’11 febbraio aveva una potenza di sei o sette chilotoni, molto di più degli esperimenti effettuati nel 2006 (un kilotone la potenza stimata) o nel 2009 (tra i 2 e i 6) e aveva l’obiettivo di acquisire la capacità di sviluppare una testata atomica per i missili a lungo raggio come il vettore Taepodong-2, lanciato con successo il 12 dicembre scorso nella versione “spaziale” Unha-3. Gli arsenali missilistici comprendono già un migliaio di armi di vario tipo a breve, medio e lungo raggio alcune dei quali secondo il Council of Foreign Relations, hanno la capacità di portare testate nucleari che i nordcoreani non sono però stati finora in grado di realizzare. Anche l’International Peace Research Institute di Stoccolma (Sipri) ritiene che Pyongyang stia lavorando a una testata leggera e compatta per i suoi missili a lungo raggio. La piena capacità nucleare del regime nordcoreano potrebbe indurne altri Paesi della regione a dotarsi di armi atomiche a scopo deterrente come del resto accade in Medio Oriente dove i sauditi minacciano di dotarsi della “bomba” in risposta al programma nucleare iraniano. Giappone e Corea del Sud  (insieme a Taiwan, Singapore, Malaysia, Indonesia,  Filippine, Vietnam, Australia e Singapore) stanno già potenziando gli arsenali convenzionali per contrastare l’espansionismo navale cinese e la minaccia nordcoreana  ma potrebbe essere tentati dal diventare potenze nucleari. Un orizzonte tecnologicamente alla portata di Tokyo e Seul ma anche di Taipei e Canberra.

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