ANTIPIRATERIA: LE SOCIETA’ DI SICUREZZA BOCCIANO IL REGOLAMENTO DEL MINISTERO DEGLI INTERNI

Adnkronos  – Gli operatori del settore bocciano il Regolamento sull’uso dei team di sicurezza privati a bordo delle navi italiane in acque internazionali, da tempo atteso e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 marzo scorso, e una soluzione definitiva e condivisa del problema dei pirati sembra ancora lontana. I marinai-fucilieri del San Marco, da quando e’ stato autorizzato il loro impiego, a fine 2011, hanno effettuato circa 160 missioni di protezione al naviglio italiano e al suo equipaggio, portando a zero nel 2012 il numero degli abbordaggi (solo nel 2011 in acque somale si erano avuti 11 attacchi a navi italiane, con tre sequestri riusciti) ma la vicenda di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre ha spinto alcuni esponenti politici a mettere in dubbio l’opportunita’ dell’impiego di personale militare in questo genere di servizi, considerato il rischio di nuove spinose crisi internazionali. Di fronte all’eventualita’ di sospendere gli accompagnamenti militari, il presidente di Confitarma, Paolo d’Amico, nei giorni scorsi, aveva dichiarato: la sospensione del servizio ”in assenza di una normativa che permetta l’impiego di personale di difesa privato, vorrebbe dire lasciare ”gli equipaggi e le navi inermi, senza alcuna difesa, di fronte all’azione dei pirati”. Ora la normativa c’e’: ma secondo gli esperti del settore il regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 marzo scorso impedisce di fatto il ricorso al settore privato della sicurezza. E si profilerebbe quindi il rischio, denunciato da Confitarma, che a proteggere le navi italiane non vadano ne’ i civili ne’ i militari.

Secondo Antonio De Felice, consulente aziendale di crisis management, a suo tempo audito in Senato per la messa a punto del regolamento, ”i solerti funzionari del ministero dell’Interno, che non hanno mai visto un canotto in vita loro, di concerto con il ministero della Difesa, quello che per intenderci sta abilmente gestendo la vicenda dei due maro’, e con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sono riusciti a creare l’ennesima aberrazione burocratica”. In primo luogo, dichiara De Felice ad Adnkronos, ”l’articolo 3 del regolamento prescrive che nei casi in cui il ministero della Difesa abbia reso noto all’armatore che non prevede di fornire nuclei militari di protezione, il servizio puo’ essere svolto da guardie giurate. In pratica il privato interviene soltanto a tappare i buchi, e’ una specie di subappaltatore della Marina Militare e quindi, secondo l’Abc del fare impresa, non avendo certezza di impiego non puo’ pianificare nulla, ne’ assunzioni ne’ investimenti in addestramento e formazione. L’armatore dovrebbe essere libero di decidere se stabilire un rapporto di collaborazione continuativo con l’azienda privata. Poi non sono definite a sufficienza le regole sull’uso delle armi. Si fa riferimento all’articolo 52 sulla legittima difesa, che pero’ e’ troppo generico”.”Bisognava definire – precisa De Felice – il perimetro normativo dell’azione dei team di sicurezza, magari fornendo una copertura normativa a ombrello tale da essere portata in giudizio se e quando si ci trovasse nella necessita’ di legittimare in un’aula di tribunale il proprio operato. Con questo regolamento, l’operatore privato ogni due per tre finisce nei guai”.

Ma la difficolta’ maggiore per De Felice viene dagli articoli che trattano degli armamenti: ”un concentrato di sciocchezze: intanto si parla di armi cedute in comodato d’uso dall’armatore dimenticando che in Italia non esiste il comodato d’uso delle armi. E’ proibito il noleggio delle armi. E, soprattutto, non si spiega come dobbiamo fare a imbarcare e sbarcare armi quando ci troviamo in Oman, o a Djibouti, in Tanzania o magari in Arabia Saudita o in India. Non si possono mandare in giro armi per il mondo. Occorrono accordi bilaterali tra gli Stati. Questi – conclude – sono problemi obbiettivamente di non facile soluzione, richiederebbero collaborazione tra ministeri ed esperti e operatori del settore. Purtroppo, di quello che noi abbiamo detto in audizione non e’ stato tenuto conto”.Anche Carlo Biffani, direttore generale della Security Consulting Group di Roma, societa’ che opera nel campo della sicurezza, dell’intelligence e dell’investigazione, e’ stato audito in Senato. ”Tutto quello – dichiara – che e’ venuto dopo dall’audizione, in fatto di interazione tra me e il sistema, e’ un bell’accertamento di polizia amministrativa nel mio ufficio. E invece dobbiamo collaborare, lavorare tutti insieme perche’ se la Marina Militare dovesse sganciarsi da questo genere di servizi vorrei vedere chi ci andrebbe a bordo”. Biffani non e’ favorevole all’impiego dei militari. ”E’ troppo alto – spiega – il rischio di incidenti diplomatici, il rischio che a essere coinvolto in una controversia sia il Paese. Ma con questo regolamento il privato non e’ in grado di intervenire”. Secondo il direttore di SCG i punti deboli del regolamento sono diversi, ”tra l’altro non e’ specificato il codice Inps da applicare ai collaboratori”, ma e’ la normativa sul trasporto delle armi l’ostacolo maggiore: ”il comodato d’uso per le armi non e’ previsto dalla nostra normativa e non esistono autorita’ che noleggiano armi in quelle aree. Il regolamento – conclude Biffani, cosi’ com’e’ e’ solo carta. Del resto la materia e’ complessa per noi, figuriamoci per gli altri. Mettiamoci insieme a un tavolo collegiale per apportare le correzioni necessarie, siamo ancora in tempo”.

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