L’ESERCITO DI SUA MAESTA’ "SI ARRENDE" ALL’ISLAM
Il barbaro sgozzamento del soldato britannico Lee Rigby (nella foto) a Woolwich sta determinando l’ennesima dimostrazione di debolezza della Gran Bretagna e più in generale dell’Occidente nei confronti della minaccia islamista ormai ben presente anche in Europa e negli Stati Uniti, se non in forma organizzata quanto meno a livello “spontaneo” come dimostra anche l’attacco simile subito a Parigi da un soldato da parte di un francese convertito all’Islam. Parlando alla National Defense University, Barack Obama ha ribadito che “l’America non è in guerra con l’Islam”, uno slogan politicamente corretto già pronunciato in passato dallo stesso Obama e prima di lui da George W. Bush che non riesce però a nascondere il fatto che è l’Islam a essere in guerra con l’Occidente. Ancora Obama, seguito a ruota da David Cameron e da Francois Hollande, hanno sottolineato negli ultimi giorni come la minaccia terroristica sia “ora” divenuta interna, portata cioè da ”jihadisti della porta accanto”, cittadini naturalizzati o nati in Occidente dove vivono più o meno integrati nella società.
In realtà questo aspetto non è certo nuovo se si considera che terroristi “fai da te” di questa tipologia provocarono decine di morti e centinaia di feriti su un autobus e nella metropolitana di Londra nel luglio 2005. O che poco più di un anno or sono a Tolosa la polizia uccise dopo una lunga battaglia l’aspirante qaedista 23enne Mohamed Merah, responsabile dell’uccisione di tre soldati francesi in libera uscita, tre bambini e un insegnate di una scuola ebraica. Da quanto appurato dagli investigatori il giovane di origine algerina compì i crimini con la speranza di “farsi notare” dai vertici di al-Qaeda. Anche negli USA non mancano casi simili, basti ricordare il caso del maggiore medico Nidal Malik Hasan, lo psichiatra militare di origine palestinese che nel 2009 scatenò un jihad personale uccidendo 13 soldati americani e tentando di ammazzarne altri 32 a Fort Hood, in Texas. Un fenomeno che, pur con meno danni, è apparso anche in Italia quando nell’ottobre 2009 il cittadino libico Mohamed Game fece esplodere un ordigno improvvisato davanti alla caserma Santa Barbare senza provocare vittime.
A quanto pare le leadership occidentali continuano a fingere di stupirsi di un fenomeno già da tempo presente e che sembra consolidarsi, forse nel timore di disordini sociali con le più turbolente comunità islamiche. Un atteggiamento che rischia di determinare la resa politica, psicologica e simbolica, a un Islam violento che non ha neppure bisogno di essere largamente diffuso per raggiungere i suoi obiettivi. Il simbolo più grave di questa calata di braghe generale dell’Occidente viene in questi giorni da Londra, dove il governo di David Cameron ha deciso di rispondere all’emergenza determinata dall’esecuzione del soldato Lee Rigby vietando ai militari di uscire dalle caserme vestendo l’uniforme. Una misura che dovrebbe garantire maggiore sicurezza ai soldati, già assunta in passato per sottrarre bersagli facili all’IRA ma che ora provoca solo sconcerto e sdegno perché di fatto vieta ai soldati di farsi riconoscere. Il popolo britannico ha sempre amato i suoi militari, professionisti considerati tra i migliori combattenti del mondo che godono della stima di tutta la popolazione, esclusi certo i tanti islamici che protestano per gli interventi militari in Iraq e Afghanistan e contestano gli onori che Londra riserva ai caduti e ai feriti di guerra. Impedire ai militari di uscire dalle caserme in uniforme significa obbligarli a nascondersi in casa propria, sottrarli allo sguardo dei cittadini e dei contribuenti e al tempo stesso ammettere implicitamente che le strade di Woolwich e di tutte e città britanniche sono pericolose per i soldati quanto i villaggi della provincia afghana di Helmand. Con la differenza che laggiù ogni soldato combatte al fianco dei propri commilitoni mentre a casa ci sono anche mogli, genitori, figli. Famiglie che devono evidentemente considerarsi in prima linea.
Inoltre la decisione del Ministero della Difesa sembra inutile. Rigby indossava abiti borghesi quando è stato aggredito e ucciso ma i suoi assalitori sapevano che era un soldato perché si erano appostati fuori dalla caserma a osservare chi entrava e usciva. Ha suscitato stupore il video nel quale il terrorista Michale Adebolajo dichiarava le motivazioni del suo gesto (davanti al cadavere ancora caldo di Rigby) parlando con un tipico accento londinese ma solo perché quasi tutti hanno dimenticato i tanti islamici britannici che in Afghanistan combattono al fianco degli insorti. L’intelligence britannico che intercetta le comunicazioni talebane ha infatti rilevato molte voci che tradiscono inflessioni tipiche di diverse città dell’Inghilterra. Il nemico non è solo alle porte, è già in casa e costringere i soldati a nascondersi contribuisce a galvanizzare i jihadisti e a demoralizzare chi rischia la vita per combatterli. Decenni di multiculturalismo terzomondista hanno del resto provocato effetti devastanti anche in Gran Bretagna dove non si sentono più da tempo le note di “Rules Britannia” e addirittura alcuni deputati hanno proposto di abolire l’onorificenza reale Ordine dell’Impero Britannico (OBE) riservata a chi si distingue in arti e professioni dando lustro alla Corona, perché ritengono che la parola “impero” possa risultare offensiva per le delicate orecchie delle popolazioni un tempo colonizzate. “Non finché io sono in vita, please” si è limitata a rispondere, con flemma tutta britannica, la regina Elisabetta.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.