Il generale Lops dichiara guerra a barbe e pizzetti

di Vincenzo Sinapi – ANSA

Stop a pizzetti, barbe e barbone, oggi tanto in voga tra i militari italiani in Afghanistan e i veterani delle missioni. Quello del generale di corpo d’armata Vincenzo Lops, ”non e’ un ordine”, ma un invito rimesso alla ”libera scelta” di tutti gli uomini alle sue dipendenze – i 20 mila del 2/o Fod, il Comando delle Forze di difesa – nel nome di un ritorno ad una esemplare ”cura e fisicita’ militare della persona”, perche’ ”un volto pulito e rasato garantisce quel senso di pulizia e di cura quotidiana del corpo (anche in ambiente operativo) fondamentale non solo dal punto di vista medico sanitario, ma anche da quello della marzialita’, della disciplina e dell’aspetto esteriore, segno di vigore ed ordine militare”. Lops – uno degli ufficiali piu’ conosciuti e apprezzati delle Forze armate italiane, primo comandante della missione Antica Babilonia in Iraq – motivato da ”orgoglio, onore e, forse, presunzione bersaglieresca”, ha preso carta e penna e scritto una ”lettera aperta al personale’ per chiedere ai suoi uomini ”una prova di valore, forse mentale e morale”, ”una personale prova di rispetto e di accettazione del mio modo di comandare”.

Niente a che vedere con ”un impiego in guerra o un pericoloso combattimento”, ma una prova altrettanto ”valorosa e coraggiosa” che ha a che fare con la necessita’ di ”portare con esemplarita’ l’uniforme” e con la cura ”militare” della persona. Concetti che passano per divise ”perfettamente tenute”, scarpe e anfibi ”perfettamente lucidati”, taglio di capelli ”costantemente curato” e, soprattutto, barbe e pizzetti ”aboliti per puntare a volti completamente puliti” (quando l’Esercito in realta’ tollera le barbe, a patto che siano sempre corte e curate). Il generale sottolinea che oggi ”una maggiore attenzione modaiola ed i recenti impegni in Afghanistan hanno rivalutato la barba che sembra essere diventata un ‘must’ per finalita’ ‘COIN’ (antiterrorismo – ndr) e per particolari situazioni operative. Sembra quasi – avverte – che per dare spazio alle dinamiche antropologiche locali si sia perso il Dna della nostra militarita’ in merito alla barba. Potrebbe sembrare anacronistico, ma penso che ancora oggi la barba e la militarita’ debbano riprendere la loro giusta collocazione nella cultura militare”. Quindi ”la scelta adesso spetta solo a voi”, dice Lops ai militari del 2/o Fod, invitandoli a non farsi condizionare ”da quanto, a volte, le mogli e le fidanzate forse pretendono affettivamente, ne’ tantomeno da manie di reducismo e di maturita’ militare!”. In realta’ non tutti sembrano condividere le indicazioni del generale. Tra i destinatari della lettera c’e’ anche chi sostiene di aver scritto al ministro della Difesa Mario Mauro e al capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli (anche lui portatore di barba), manifestando la propria contrarieta’.

La preoccupazione di questo militare, che evidentemente non ha alcuna intenzione di radersi, e’ che chi non accoglie l’invito del comandante possa essere penalizzato nella carriera perche’, se e’ vero che Lops ribadisce che la sua non e’ un’imposizione, ne lega l’ottemperanza al ”senso della disciplina, allo spirito di appartenenza, alla completa fiducia e innato rispetto per l’autorita”’. In sede di valutazione, dunque, afferma questo soldato, il militare barbuto ”non potra’ mai essere eccellente”. Pero’ lo stesso generale insiste sulla assoluta volontarieta’ del gesto: ”Mi aspetto, per mia intima convinzione – conclude infatti la lettera al personale – che tutti possano ‘staccarsi’ dalle barbe/pizzetti. Ove cosi’ non fosse, non abbiate remora a scegliere diversamente ne’ preoccuparvene. Perche’ quando non si tratta di un ordine, allora c’e’ spazio per ogni liberta’ di scelta, che indipendentemente dalle motivazioni, va comunque e sempre rispettata”

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