Yom Kippur: Israele valutò il ricorso all’atomica

di Aldo Baquis – ANSA – Un segreto custodito per decenni in una cassaforte turba adesso gli israeliani, nel quarantesimo anniversario (secondo il calendario ebraico) della traumatica guerra del Kippur. Il 7 ottobre 1973, mentre gli eserciti di Egitto e Siria travolgevano le forze israeliane nel Sinai e sul Golan, il ministro della Difesa Moshe Dayan si fece prendere dal panico ed evocò piani di guerra apocalittici con “armi non convenzionali”. “Ho proprio sbagliato tutto”, confessò alla premier Golda Meir. Si poteva ancora tentare di arrestare la marea araba: ma in caso di insuccesso – avverti’ Dayan – Israele doveva ricorrere a “mezzi non convenzionali, del genere ‘Muoia Sansone con tutti i Filistei'”. Ossia, ripercorrendo la narrazione biblica, il ricorso ad armi talmente catastrofiche che non avrebbero lasciato sul terreno ne’ vincitori ne’ vinti. La crisi di Dayan era nota da tempo in Israele. In un incontro riservato con i giornalisti disse in quei giorni che il blitz degli eserciti di Egitto e Siria rischiava di provocare la “caduta del terzo Tempio”, la fine di Israele. Il primo Tempio era stato distrutto da Nabuccodonosor nel 586 a.C; il secondo da Tito nel 70 d.C.. Dayan voleva confessare tutta la sua angoscia agli israeliani in un’intervista televisiva: ma fu fermato in extremis e sostituito con un generale piu’ pacato, Aharon Yariv.

Adesso le sue esatte parole a Golda Meir, in un drammatico colloquio avvenuto nel secondo giorno di guerra, sono tornate alla luce con la pubblicazione di un block-notes tracciato a caldo da un testimone di eccezione: il generale Haim Bar-Lev, uno dei protagonisti della Guerra dei Sei Giorni del 1967. La sua e’ una scrittura spigolosa e pedante: accanto ad ogni appunto, e’ precisato il minuto esatto in cui accaddero gli eventi. Quelle pagine ingiallite, custodite in una cassaforte, sono state ora consegnate a Yediot Ahronot dal figlio, il parlamentare laburista Omer Bar Lev. “Alle cinque del pomeriggio fui chiamato dal primo ministro – scrive il generale Haim Bar-Lev -. Il primo ministro (Golda Meir) mi disse che il ministro della Difesa (Moshe Dayan) aveva visitato i diversi fronti e al ritorno disse che ammetteva di aver sbagliato nella valutazione della forza di Tsahal (forze armate), aveva sbagliato nella valutazione del nemico e che la situazione era disperata”. Sul Golan, prosegui’ Dayan nel resoconto della Meir, era possibile ritirarsi fino “allo zoccolo” presso il Giordano, e sul Sinai occidentale fino ai passi (di Gidi e Mitla). “La’ dobbiamo arroccarci fino all’ultima pallottola… ma se nemmeno questo servisse – disse Dayan, secondo Bar-Lev – dobbiamo ricorrere a mezzi non convenzionali, del genere ‘Muoia Sansone con tutti i Filistei'”.

Dayan, Meir e lo stesso Bar-Lev lasciano all’immaginazione dei posteri quali potessero essere questi mezzi cosi’ devastanti. Ma la penna di Bar-Lev ha un’altra rivelazione: “Il primo ministro mi ha fatto l’impressione di essere rimasta sconvolta: piu’ dagli ondeggiamenti del ministro della Difesa che non dalla situazione sul terreno”. Nei giorni seguenti, pagando un duro prezzo di vite umane, Israele riusci’ a stabilizzare i fronti e poi ad organizzare una controffensiva. Ma in quel momento Golda Meir non sapeva ancora stabilire se propendere per il disfattista Dayan o per il piu’ fiducioso capo di Stato maggiore gen. David Elazar. A posteriori, in un’intervista al ricercatore Avner Shalev, Golda Meir rivelo’: “Dissi a me stessa che se Dayan aveva ragione e Dado (Elazar) si sbagliava, avrei saputo con esattezza cosa fare: mi sarei suicidata”.

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