Analisti pro guerra alla Siria sul libro paga dell’industria delle armi

Adnkronos/Washington Post – Molti analisti di questioni militari, apparsi frequentemente sui media nei giorni in cui si discuteva della possibilità di un attacco degli Stati Uniti contro la Siria, sono legati a contractor della difesa Usa o ad altre aziende i cui interessi erano connessi all’esito di quel dibattito. Si tratta di un possibile conflitto di interessi che viene denunciato in un rapporto di Public Accountability Initiative, un osservatorio nonprofit di Buffalo, nello stato di New York. Il documento da’ conto delle apparizioni di 22 commentatori, che attualmente hanno rapporti con l’industria militare, intervenuti nelle scorse settimane sui principali organi di informazione, In alcuni casi, secondo il rapporto, il potenziale conflitto di interessi era evidente. Si tratta di commentatori che compaiono nei consigli di amministrazione o possiedono azioni di aziende che producono armamenti che probabilmente sarebbero stati usati nell’eventuale azione militare Usa contro la Siria. In altri casi, non é stato invece possibile stabilire un nesso diretto.

E’ il caso di quegli analisti e commentatori che hanno incarichi per investitori privati o aziende di consulenza, delle quali non é stato possibile rendere noti i clienti. Il rapporto rileva anche il ruolo importante svolto nel corso del dibattito sulla Siria da parte di sette think-tank che hanno stretti legami con aziende del settore della difesa. “Abbiamo trovato molti legami con le industrie”, spiega Kevin Connor, direttore dell’osservatorio e co-autore del rapporto. “Alcuni -prosegue- più evidenti di altri e in alcuni casi c’è un chiaro conflitto di interessi”. Tra gli esempi citati, c’è quello di Stephen Hadley (nella foto), ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente George W. Bush, intervenuto ripetutamente sui media, schierandosi a favore dell’attacco contro Bashar Al Assad. Se il suo ruolo nell’amministrazione Bush era indicato chiaramente, non si faceva invece alcun cenno ai suoi legami con la Raytheon, azienda costruttrice dei missili da crociera Tomahawk, gli stessi che sarebbero stati lanciati dalle navi della Marina Usa in caso di attacco. Hadley è nel cda di Raytheon dal 2009 e, secondo i documenti depositati presso la Sec, possiede azioni dell’azienda per un valore di 875mila dollari, oltre ad avere percepito lo scorso anno un compenso dalla Raytheon per 128.500 dollari.

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