Cambia nome l’operazione Cirene in Libia

Cambia il nome ma non il compito della missione di addestramento e consulenza militare italiana in Libia, nata dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi come operazione Cirene raccogliendo l’eredità della decina di ufficiali inviati da Rona ad affiancare e fornire consigli allo “stato maggiore” dei ribelli a Bengasi. Da oggi il gruppo di istruttori e consiglieri militari di tutte le forze armate dislocati a Tripoli fanno parte della MIL, Missione Italiana in Libia, il cui organico era previsto in cento unità anche se a oggi ne sono presenti solo poche decine. La notizia è stata diffusa dallo Stato maggiore Difesa che ha comunicato la visita a Tripoli del suo vertice, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, che a Tripoli ha incontrato il suo omologo libico, il generale di brigata Abdulsalam Jadallah Alsalhin al-Obaidi nominato a inizio agosto.  “L’incontro, teso ad approfondire i termini della cooperazione da tempo in atto tra i due Paesi, ha in particolare trattato l’intesa tecnica per l’addestramento del personale militare libico nell’ambito del G8 Compact (un ampio contributo addestrativo e formativo che l’Italia fornirà, su richiesta del governo di Tripoli, alle Forze Armate libiche), gli aspetti ad essa strumentali e, su un piano generale, i temi di maggiore attualità nel campo della cooperazione militare” recita il comunicato della Difesa che precisa come “la Missione militare Italiana in Libia si inserisce nel quadro della cooperazione militare tra i due Paesi sancita col Memorandum d’Intesa firmato a Roma il 28 maggio 2012”.

 

 

 

Militari libici

 

La MIL, che ha lo scopo di organizzare, condurre e coordinare le attività addestrative, di assistenza e consulenza nel settore della Difesa, si articola in una componente core interforze a carattere permanente, e in una componente ad hoc, costituita da mobile teams formativi, addestrativi e di supporto in base alle esigenze di volta in volta individuate dalle FA libiche. Il comunicato non precisa se in base agli accordi bilaterali i nostri militari saranno autorizzati a portare le armi per l’autodifesa, esigenza quanto mai stringente considerato il “blitz” condotto da alcuni rapinatori nella sede della missione italiana e il caos che caratterizza la Libia con scontri tribali e azioni terroristiche condotte dai gruppi estremisti islamici che peraltro controllano le milizie più forti del Paese grazie anche al supporto di Arabia Saudita e Qatar. Anche il termine Stato appare forzato dal momento che due regioni su tre appaiono ormai fuori dal controllo di Tripoli.

La Cirenaica è ormai un’entità autonoma dominata sul piani militare da milizie salafite e qaediste mentre la regione meridionale del Fezzan ha proclamato nei giorni scorsi l’autonomia e il controllo delle proprie risorse energetiche. I programmi di addestramento delle reclute libiche vedono l’Italia direttamente impegnata con gli istruttori a Tripoli e con programmi di formazione per le reclute libiche da attuare in Italia come già anticipato da Analisi Difesa. Programmi ancora in fase di definizione e non è chiaro dove le reclute libiche verranno ospitate e addestrate, tema non secondario anche sul piano della sicurezza poiché molti soldati libici provengono dai ranghi delle milizie incluse quelle di ispirazione salafita. Anche Gran Bretagna e Stati Uniti parteciperanno all’addestramento del nuovo esercito di Tripoli. Circa 8 mila reclute libiche (delle 20 mila da addestrare) dovrebbero venire trasferite in turni di addestramento di 150/200 per volta in due basi bulgare messe a disposizione degli Stati Uniti come ha annunciato il mese scorso il ministro della Difesa di Sofia Angel Naydenov.

Dopo aver smentito a inizio luglio l’invio di truppe di Sua Maestà in Libia per addestrare le forze locali all’anti-insurrezione, Londra ha reso noto che 2 mila soldati libici riceveranno l’addestramento basico di fanteria  (della durata di 10 settimane) in gruppi di 200 per volta nella caserma Bassingbourn, nel  Cambridgeshire (una ex base della Royal Air Force chiusa l’anno scorso) secondo un programma finanziato integralmente da Tripoli.

Foto d’apertura: reclute libiche (Getty Images/AFP)

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