Datagate: dalla farsa alla comica

Nella vicenda Datagate il passaggio dalla farsa alla comica è stato davvero breve e del resto la ridda di notizie che sta emergendo sullo spionaggio statunitense e internazionale presenta non pochi spunti ironici. Il settimanale Panorama ha svelato che National Security Agency ha una cellula all’ambasciata statunitense a Roma dalla quale vengono spiati i politici e persino il Papa.  Certo da Via Veneto a Palazzo Chigi e Piazza san Pietro la distanza è minima ma in realtà l’intelligence statunitense (e di molti altri Paesi)  ha cellule e agenti in tutte le ambasciate e il Vaticano è senza dubbio un target perché costituisce una “potenza” in grado di influire su qualche miliardo di persone. La rivelazione infatti non sembra aver meravigliato nessuno al di là del Tevere mentre continuano invece a far sorridere le reazioni di molte “verginelle” europee di fronte alle informazioni che l’archivio della “talpa” Edward Snowden sta snocciolando con la sapiente e cadenzata regia dal giornalista Glenn Greenwald che dopo lo scoop ha lasciato il Guardian per mettersi in proprio e gestire il business del Datagate.

Google e Yahoo si dicono fortemente preoccupati dalle nuove rivelazioni sul programma d intercettazione gestito della Nsa insieme ai servizi britannici ma lo stesso Snowden aveva fatto sapere che tutti colossi del web della Silicon Valley collaborano con la Nsa. Dopo le figuracce rimediate da diversi leader europei, evidentemente troppo impegnati a mandare a fondo l’economia del Vecchio Continente per ricordarsi di utilizzare telefoni schermati e criptati, è iniziata la manfrina delle accuse di “tradimento” agli Stati Uniti. “Non si spiano gli alleati” ha tuonato frau Merkel ma l’intelligence community di Washington non ci sta a finire alla gogna (o a finirci sa solo) e il suo direttore, James Clapper, ha dichiarato pubblicamente che sono gli stessi europei a intercettare milioni di telefonate e di messaggi dei loto connazionali condividendo le informazioni raccolte con gli americani. Una mossa prevedibile se in Europa la questione venisse affrontata con pragmatismo partendo dal presupposto che tutti spiano tutti perché gli alleati globali non esistono. Si può essere partner militari degli USA ma al tempo stesso rivali commerciali o finanziari. Del resto anche in ambito Ue i nostri partner non sono al tempo stesso i nostri rivali nell’attrarre investimenti o nelle esportazioni? L’archivio delle meraviglie di Snowden ci ha svelato che i servizi segreti francesi (Dgse) “hanno siglato alla fine del 2011 un protocollo di intesa sullo scambio di informazioni con la Nsa americana” racconta Le Monde mentre El Mundo rivela che i servizi di intelligence spagnoli non solo erano al corrente del lavoro di spionaggio della NSA rispetto ai cittadini iberici, ma avrebbero loro facilitato il compito. Stessa musica in Italia e in tutta la Ue dove le leadership chiedono conto agli 007 della cooperazione con le spie americane che i governi stessi avvallano da decenni.

 

Di fronte alle dichiarazioni di Clapper le “verginelle” europee hanno perso la testa ed è già cominciata la caccia al capro espiatorio. Nessun leader ovviamente sapeva nulla di intercettazioni e spionaggio interno condiviso con gli americani. Tutti emuli di Barack Obama che sembra pronto a giurare che l’unica Nsa che conosce è la National Soccer Academy, una scuola di calcio. ”Non lo sapevo” ha detto Obama di fronte alla rivelazione che i suoi uomini tengono sotto controllo le comunicazioni di almeno 35 leader mondiali, scatenando così gli sberleffi dei repubblicani che lo hanno ribattezzato “presidente spettatore” e persino del New York Times che pone il dubbio se Obama abbia o meno sotto controllo la situazione.  Il presidente è stato autorevolmente smentito dal direttore della NSA, il generale Keith Alexander che prima di lasciare l’incarico si è voluto togliere qualche sassolino dalle scarpe dichiarando al Council on Foreign Relations di Baltimora che “la Nsa ha raccolto le informazioni quando gli è stato chiesto di farlo”. L’ordine è arrivato da “responsabili politici” che hanno chiesto di indagare “sugli orientamenti delle leadership dei Paesi stranieri”. Tra le altre notizie “stupefacenti” diffuse in questi giorni vale la pena citarne un paio.La prima riguarda i rapporti tra Nsa e i servizi segreti esteri che sarebbero classificati in quattro differenti categorie. Alla prima categoria di “Cooperazione estesa” appartengono Australia, Canada, Nuova Zelanda e Gran Bretagna che con gli Usa formano il “club Five Eyes” basato sull’impegno a non spiarsi reciprocamente. Impegno che non sarebbe valido per i Paesi associati, ovvero appartenenti agli altri tre livelli di cooperazione. L’Italia e altri 18 Paesi, tutti europei a eccezione di Giappone e Corea del Sud, fanno parte del secondo di questi livelli, classificato come “Cooperazione concentrata”. Al terzo gruppo – definito invece di “Cooperazione limitata” – appartengono invece paesi come Francia, Israele, India e Pakistan, mentre alla quarta sezione di “Cooperazione eccezionale” fanno parte Paesi che gli Stati Uniti considerano ostili ai loro interessi.

La seconda notizia riguarda l’Australia che svolgerebbe un ruolo chiave nella rete di spionaggio degli Stati Uniti, con il monitoraggio di vaste aree della regione dell’Asia-Pacifico e condivide le informazioni con la Nsa.L’Australia ha quattro impianti chiave che sono parte del programma XKeyscore, il controverso sistema informatico che ricerca e analizza enormi quantità di dati internet. Questi includono la stazione congiunta Usa-Australia di tracking satellitare di Pine Gap, nel centro del continente, una stazione satellitare presso Geraldton in Australia occidentale, un impianto a Shoal Bay presso Darwin nel nord e un nuovo centro nella capitale federale Canberra. Lo ha detto allta tv australi ana l’esperto di spionaggio Des Ball confermando che Australia, Usa, Regno Unito, Nuova Zelanda e Canada hanno da tempo l’accordo  di non spiarsi l’un l’altro. Queste “novità” erano già balzate agli onori della cronaca 12 anni or sono quando scoppiò lo scandalo Echelon circa il sistema di intercettazione globale gestito dalle potenze anglo-sassoni. Anche la Ue aprì un’inchiesta anche se oggi a Bruxelles e nella capitali europee (e di mezzo mondo) fingono tutti di cadere dalle nuvole.  Intanto Vladimir Putin si gode lo spettacolo, compiacendosi del buon affare che ha fatto offrendo asilo a Edward Snowden.  Difficile non pensare che dietro uno scandalo che sta scavando un profondo solco nelle relazioni tra gli stati Uniti e l’Europa non ci sia la mano di Mosca che ha respinto il tentativo di vendicarsi dei servizi segreti russi con l’accusa di aver regalato chiavette USB  “infette” a 300 delegati e leader stranieri al vertice del G-20 di San Pietroburgo. Gli agenti della sicurezza della Ue e quelli belgi e tedeschi che hanno esaminato i doni informatici russi sembra non vi abbiano trovato nulla di strano o pericoloso e del resto esistono sistemi meno rudimentali e palesi per spiare amici e avversari.

C’è da scommettere quindi che la comica Datagate porterà alla rimozione di qualche vertice dei servizi segreti sulle due sponde dell’Atlantico: negli USA per calmare le ire europee e togliere dall’imbarazzo Obama, in Europa per salvare la faccia (tosta) a premier e presidenti che invece di meravigliarsi per lo spionaggio altrui dovrebbero spiegare a che fini spiano i propri concittadini e le proprie imprese girando poi le informazioni a potenze straniere e cosa (non) fanno per proteggerli.  L’unica reazione seria e pragmatica registrata in Europa viene da Berna (forse perché estranea alla Ue) dove il presidente Ueli Maurer ha invitato oggi a non cedere all’isteria “come hanno fatto gli altri” riguardo alla vicenda. Maurer ha ricordato che l’intelligence elvetica rileva da anni un aumento delle attività di spionaggio sul territorio nazionale: “siamo spiati e lo saremo in futuro”.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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