Investire nella marittimità

All’epoca del secondo conflitto, l’Italia disponeva di una Grande Marina che la poneva fra le prime tre potenze mondiali; allora si è assistito ad un inevitabile tramonto della Flotta come conseguenza della guerra, mentre oggi rischiamo  il tramonto della Marina, con scomparsa nel prossimo decennio,  per miopia  geopolitica. Investire in marittimità  e, quindi, in  una nuova Legge Navale che mantenga una Flotta equilibrata, dotata di ‘’strumenti flessibili’’ capaci di  impieghi multiruolo , è vitale per la nostra stessa Sicurezza , per la crescita ed il  benessere  del nostro Paese.  Si tratta di rinnovare, se non sconvolgere, gli impieghi tradizionali, i ruoli stessi della Marina dedicandosi con originalità,  passione, determinazione e grande inventiva, alla necessaria opera di ri-progettazione dello strumento navale.  Che deve poter operare efficacemente sul piano strettamente militare, ma anche  espletare compiti essenziali  in diversi campi del civile e del sociale. Ciò richiede, quindi,  una vision politica che valorizzi la marittimità ed il  mare , e con essa una Marina, se non  Grande almeno adeguata alle esigenze odierne, con la costruzione di nuovi bastimenti multiruolo  ed una rivisitazione concettuale ed organizzativa per soddisfare al meglio i compiti istituzionali, ma anche  i ‘’concorsi’’ in altri ambiti.

Lo scenario e il contributo della Marina  

La grave  crisi  economica odierna è influenzata direttamente da politiche opinabili e da ingenti problematiche occupazionali e  sociali. La globalizzazione e i connessi fenomeni, dai flussi migranti fino al terrorismo internazionale, attraverso la pirateria, hanno contribuito ad aumentare i rischi di instabilità, in uno scenario fluido, andando ad intaccare la sicurezza in generale, e perfino  la sopravvivenza di alcuni popoli. Conseguentemente, i singoli Stati e le alleanze  hanno dovuto operare  una profonda revisione del  concetto di sicurezza, della pianificazione militare –soprattutto di quella marittima-  nonché degli strumenti operativi  necessari.  La politica di difesa perde inevitabilmente, a fronte delle nuove minacce,  la sua valenza  territoriale e statica legata alle aree locali, per assumerne una più ampia, legata alle responsabilità  sulla Sicurezza collettiva,  e sulla prioritaria esigenza di  tutela degli interessi nazionali, ovunque nel mondo.  Ne deriva un nuovo approccio sull’impiego delle Forze Armate, in situazioni prevalentemente multinazionali e con un sempre più stretto coordinamento con le diverse istituzioni nazionali e internazionali. La Difesa è un tema centrale e la Marina è certamente un bene primario nella vita della nostra collettività; è importante disporre di uno strumento e capacità militari credibili per intervenire con efficacia in scenari operativi  complessi. Quindi, le spese necessarie per la Difesa non devono essere viste come un onere per la collettività, ma un investimento funzionale ad assicurare un bene primario e irrinunciabile, come la libertà e la Sicurezza dei cittadini, e per contribuire allo sviluppo industriale e tecnologico del nostro Paese. E, con ciò, partecipando attivamente al rilancio dell’economia nazionale, generando  un indotto occupazionale interno oggi essenziale e nel contempo contribuendo a sostenere la competitività  tecnologica delle nostre imprese  sui mercati internazionali (vedasi la Campagna del Cavour), valorizzando  tecnologie e produzioni duali, utilizzabili sia con progetti e compiti militari, ma altrettanto con quelli civili.

La Marina, più degli altri, é chiamata a fornire il proprio contributo, quale strumento della “politica di sicurezza” e della “politica estera” del Paese, cui si aggiunge oggi  -visti i tempi ‘’duri’’- ‘’la politica di solidarietà’’. E tali ruoli, per la Marina, si integrano con la consapevolezza che le attività che si svolgono in mare mantengono un valore strategico , umanitario e  vitale. Il mare rappresenta da sempre un ambiente naturale di comunicazione e collegamento tra popoli, civiltà e culture differenti. Lo è anche oggi, in una società che, pur caratterizzata dalla globalizzazione tecnologica e telematica, affida il proprio benessere ad attività economiche che si svolgono per la maggior parte attraverso interscambi marittimi:  via mare  si muove oltre l’80% delle materie prime e prodotti del commercio mondiale. L’importanza delle vie di comunicazione marittima per l’economia globale e quindi per lo sviluppo della comunità internazionale, è di crescente intensità e resterà tale anche in futuro. Alla luce dello scenario di riferimento, la strategia navale dovrà, sul piano militare, essere sviluppata su un duplice livello:uno nazionale, di adeguamento dello strumento militare  alla nuova realtà geostrategica, con modelli che, superando i tradizionali ambiti di competenza, permettano  il conseguimento di una capacità integrata di sorveglianza degli spazi marittimi; l’altro, internazionale, alla ricerca di una sempre maggiore cooperazione militare  e civile,secondo logiche di massima sinergia  con altri Enti e Agenzie.

Il concetto di sorveglianza integrata degli spazi marittimi  mira ad assicurare una adeguata presenza e sorveglianza delle aree di interesse strategico, in concorso, per le zone marittime limitrofe al territorio nazionale, con le altre amministrazioni dello Stato competenti (cooperazione inter-agenzia) e, per l’alto mare, con tutte le Marine interessate alla sicurezza marittima.   .  Vale a dire che gli obiettivi militari  restano prioritari ,ma non sono l’unica sfida che una strategia di sicurezza marittima deve, oggi, affrontare per essere vincente. L’acquisizione di un sufficiente grado di sicurezza sui mari è difatti subordinata anche al grado d’interoperabilità e correlazione dell’impegno generale, ma è soprattutto legata all’esistenza di uno strumento  adeguato e degno di questo nome, che abbia grande flessibilità e  capacità di essere impiegato  efficacemente anche in ambiti civili,  con spiccate caratteristiche ,quindi di “dual use”.

Il futuro strumento aeronavale, dotato di tali peculiarità, dovrà , quindi, soddisfare numerosi compiti  insiti nella ‘’marittimità’’ in senso lato: dal controllo delle linee di traffico e la protezione dei mercantili dai pirati,  al controllo dei flussi migratori, agli interventi in caso di calamità, alla tutela eco-marittima, all’assistenza e soccorso della vita umana in mare. Atteso quindi l’impiego in funzione  ‘’dual use’’ , dovrà avere requisiti  di expeditionary , ossia  la capacità di effettuare “dal mare” interventi di diversa natura su terra, quale  funzione abilitante per eccellenza della Marina: la capacità di proiettare assetti logisticamente indipendenti, che possono contrastare minacce, prevenire crisi, ripristinare o mantenere la pace, ma anche prestare soccorso ovunque a popolazioni colpite da qualsivoglia calamità. Gli attributi chiave della futura componente navale sono,  dunque, un’auto-sufficienza tattica, una reale capacità di impiego  ‘’dual use’’ dal mare e sul mare, l’indipendenza di operare per lunghi periodi di tempo ad una notevole distanza dalla struttura logistica terrestre. Inoltre le unità di superficie devono essere in grado di dislocarsi in teatro, ri-dislocarsi semplicemente esercitando il diritto di libera navigazione e, avendo innate capacità ‘’multipurpose’’, dovranno anche riconfigurarsi con flessibilità. Per operazioni non-militari, che spaziano da quelle di Protezione civile a quelle eco-ambientali, la componente navale  potrà esprimere ulteriori capacità quali basi operative avanzate, strutture di comando e controllo, sorveglianza, protezione delle forze in teatro, trasporto marittimo, depositi di scorte, alloggi, ricovero profughi ed altro ancora.

ssa può essere particolarmente utile per attività umanitarie, di soccorso ed evacuazione, soprattutto nel caso in cui sia interrotto l’accesso a strade, aeroporti o ad altri mezzi di trasporto, mediante la componente elicotteristica imbarcata. Tutte queste capacità possono essere espresse  avvalendosi della libertà dei mari, senza dover dipendere da preventive autorizzazioni diplomatiche e vincoli di movimenti e posizionamenti sul territorio, e senza dover ‘’invadere’’ i confini nazionali altrui. Per supportare  in modo trasversale entrambi i concetti operativi la Marina (senza fare marketing  come, per inciso, non fa il Cavour in missione nel Golfo e in Africa )  svolge con continuità, competenza e coscienza l’addestramento di numerose Marine delle aree in cui opera, ponendo  così anche le basi per la corretta valorizzazione  e, perché no, anche della sponsorizzazione delle ‘’eccellenze italiche’’, con auspicabili riflessi positivi  sul piano  economico e industriale, ma anche nelle relazioni più generali fra i Paesi. Il valore aggiunto di queste iniziative non è, come denunciato faziosamente da alcuni politici ed organi di stampa, quello ‘’di vendere armi’’, bensì quello di stimolare la cooperazione ,il dialogo  e la reciproca conoscenza, con  Paesi  di culture ed economie molto differenti,  accomunati dal desiderio di operare insieme per fornire un fattivo contributo alla sicurezza marittima  non solo del Mediterraneo.

La nuova componente navale  

Nel contesto dello strumento militare,  la componente marittima deve  focalizzarsi non solo su una minaccia militare tradizionale, allo stato attuale poco probabile, ma soprattutto sugli “effetti” da conseguire in uno scenario dinamico ed imprevedibile  con un approccio  ‘’duale’’ e  innovativo . La ristrutturazione della futura componente aereo-navale nazionale, con la cosiddetta Legge Navale inglobata nell’attuale Legge di Stabilità, s’ispira proprio  a tali criteri di  flessibilità, prontezza ad assolvere diversi compiti e proiettabilità, nonché di interoperabilità, in quanto necessariamente destinata anche a  confrontarsi con Nazioni e Corpi diversi, e allo stesso modo con le tradizionali Alleanze. Comunque, a proposito delle notevoli incertezze che contraddistinguono il panorama della sicurezza, la risposta più corretta non può che risiedere in uno strumento  multiuso militare-civile, bilanciato nelle sue componenti  e finanziariamente sostenibile nell’arco di 15-20 anni.

Le capacità delle forze marittime – per loro stessa natura “abilitanti” – (prontezza, mobilità, gestione dell’informazione, proiezione, sopravvivenza, sostenibilità logistica) sono premianti per uno strumento militare di moderna concezione, con impiego anche duale, snello, credibile, capace di azioni aderenti alla mutevole natura delle minacce da contrastare, con moduli di protezione civile, presidi antinquinamento e ambientali.  Funzionale a tali obiettivi è il piano di ammodernamento del naviglio d’altura, progettato con la futura Legge Navale,  che riporterà la Marina -centrata sulla portaerei Cavour ( che qualche pseudo-esperto vorrebbe vendere?!)-  a livelli adeguati,  con la costruzione di almeno 25 Unità  polivalenti per sostituirne  44 che andranno “in pensione” dopo un ultratrentennale onorevole attività.  Un prezioso strumento per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza  che, sotto un profilo più generale, consentirà di dare  un onesto e concreto contributo “per far ripartire la crescita del nostro Paese”: un progetto  “salmastro” originale, intelligente, idoneo allo scopo.

Foto Marina Militare

Giuseppe LertoraVedi tutti gli articoli

Ammiraglio di Squadra, ha ricoperto la carica di Comandante in Capo della Squadra Navale e, per quasi 2 anni, quella di Comandante della Forza Marittima Europea in UNIFIL durante la crisi libanese. Precedentemente è stato Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno e “Senior National Representative” Italiano presso USCENTCOM per le Operazioni Enduring Freedom ed Iraqi Freedom. Comandante dell'Accademia Navale per un triennio, in precedenza ha svolto l’incarico di Capo Reparto Aeromobili. Ha comandato fra l’altro la Fregata Maestrale ed il Caccia Mimbelli.

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