L’operazione Sangaris durerà mesi

A pochi giorni dal suo esordio la missione dei 1.600 soldati francesi schierati nella Repubblica Centraficana, i militari hanno capito che l’operazione Sangaris sarà più difficile dell’Operazione Serval lanciata a gennaio in Mali. Ieri Francois Hollande è arrivato a Bangui dopo le prime due vittime del contingente d’Oltralpe, uccise nelle prime ore del mattino negli scontri con le milizie islamiche Seleka. Fonti diplomatiche francesi da Washington hanno sottolineato che Parigi non si aspettava condizioni così dure ed una resistenza così efficace da parte dei ribelli. “Le condizioni di sicurezza a Bangui non sono affatto buone. Stanno migliorando ma è chiaro che i miliziani della Seleka (Alleanza in lingua sango)  hanno nascosto armi in varie parti della città’ e che stanno usando false uniformi per farsi credere truppe regolari centrafricane”. In sintesi, “ad essere onesti non ci aspettavamo questo genere di accoglienza” dai Seleka, per lo più miliziani islamici provenienti da Ciad e Sudan  che hanno conquistato il potere a Bangui a marzo deponendo il presidente Francois Bozizè. “I nostri soldati avevano preparato piani ogni scenario possibile ma ci siamo trovati di fronte al più difficile tra quelli prevedibili”, ha concluso il diplomatico.

La missione nella Repubblica Centrafricana è ”pericolosa”, ma ”necessaria per evitare una carneficina” ha detto Hollande accolto a Banguì dal premier centrafricano Nicolas Tiangaye.  A fianco dei soldati francesi sono dispiegati in Centrafrica 2.500 soldati della forza africana. Insieme hanno cominciato ieri la delicata operazione di disarmo delle milizie e dei gruppi armati che hanno seminato il caos nel Paese che sono contrastati da milizie locali di autodifesa, che si definiscono anti-balaka (in lingua sango significa anti-machete, arma utilizzata sui civili dai miliziani islamici). Secondo la Croce Rossa Internazionale (CRI), negli ultimi giorni di violenze tra le due fazioni sono morte circa 400 persone. Hollande ha anche fissato un incontro con le autorità di transizione, tra cui il presidente Michel Djotodia che lo stesso Hollande ha criticato nei giorni scorsi. “Non si può lasciare al suo posto un presidente che non ha potuto fare niente e che ha lasciato fare”, aveva tuonato Hollande nei giorni scorsi. Giunto alla guida del Paese con le armi dei miliziani islamici nel marzo 2013,

Djotodia non sembra più in grado di controllare i miliziani e ora appoggia apertamente l’intervento francese. La sua presidenza dovrebbe terminare a fine 2014, prima delle elezioni del febbraio 2015 che ora potrebbero venire anticipate.  “era tempo di agire”, ha detto ancora Hollande, ribadendo che l’obiettivo della missione è “disarmare i combattenti, ripristinare l’autorità civile e preparare le elezioni”. Come in Malì anche nella RCA l’intervento militare di Parigi dovrebbe essere una “questione di qualche mese” come ha affermato il premier Jean-Marc Ayrault nel corso di un intervento all’Assemblea Nazionale di Parigi. “La Francia non agisce come gendarme dell’Africa ma risponde all’appello dei suoi partner” ha spiegato il primo ministro.

 

(con fonti Ansa, AGI e Afp)

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