Osprey dei Marines sotto tiro in Sud Sudan

Sabato scorso, in Sud Sudan,i ribelli hanno attaccato tre aerei militari statunitensi in avvicinamento alla città di Bor, roccaforte dell’ex vicepresidente Riek Machar: durante l’attacco sono rimasti feriti quattro membri dell’equipaggio. Gli aerei, tre MV-22 Osprey a decollo verticale assegnati alla Combined Joint Task Force – Horn of Africa (CJTF-HOA) basati a Camp Lemonnier (Gibuti), stavano eseguendo una missione di soccorso e recupero per i circa quaranta cittadini statunitensi bloccati nel capoluogo dello Stato di Jonglei. Centrati dal fuoco di armi leggere, i tre velivoli da trasporto sono stati costretti ad abortire la missione per fare rientro ad Entebbe, in Uganda. Trasferiti su un C-17 USAF, i feriti sono poi stati trasportati a Nairobi per le cure ospedaliere.

Nel Jonglei gli uomini delle Nazioni Unite sono oramai visti come nemici: in Sud Sudan è presente la missione UNMISS con 7 mila Caschi Blu e 6 mila civili di 52 paesi che operano sotto l’egida dell’Onu grazie alla Risoluzione 1996 stabilita dal Consiglio di Sicurezza nel luglio 2011. Fino ad ora, nei centri di raccolta organizzati da UNMISS hanno trovato rifugio almeno 35 mila persone, civili sfuggiti agli scontri inter-etnici tra Dinka e Nuer che negli ultimi anni, nel solo Jonglei, hanno già causato almeno mille morti. Presi di mira anche i dipendenti e i militari delle Nazioni Unite: nell’ultima settimana i ribelli hanno centrato un elicottero danneggiandolo gravemente e assalito i compaund UNMISS della contea  di Akobo dove sono stati uccisi due militari indiani e feriti undici funzionari sud sudanesi. Mentre l’Onu sta cercando di evacuare i funzionari e i civili in pericolo, la rivolta si sta estendendo ad altri Stati, in particolare quello di Unity, nel nord, dove sono situati i giacimenti petroliferi più importanti.

 

Fonte: ITlog Defence

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