Crisi con l’India per i marò: "à la guerre comme à la guerre"
A proposito dell’atteggiamento da tenere nell’annosa questione dei due sottufficiali della Brigata San Marco trattenuti in India sotto minacce del tutto sconsiderate ma plausibili, dato il contesto, l’ammiraglio Giuseppe Lertora ha pubblicato su Liberoreporter una serie di proposte per aumentare la pressione sul governo e l’opinione pubblica del Subcontinente. Alle più che condivisibili proposte dell’apprezzatissimo opinionista, un alto dirigente militare estremamente informato sui fatti, a proposito di auspicabili “fermezze” varie (che per inciso si potevano assumere sin dall’inizio della vicenda) si potrebbero aggiungere una serie di pressioni più energiche e, in parte, meno ortodosse, come ad esempio:
1. la cessazione immediata di fornitura di pezzi di ricambio e know how per tutti gli armamenti italiani esistenti nelle FFAA indiane o in costruzione (come cannoni da 76 Compatti navali e rifornitori d’altura classe Deepak, radar e IFF Selex, assistenza Fincantieri per le nuove portaerei e fregate, etc.)
2. l’apertura di trattative, palesi e riservate, per fornire al Pakistan tecnologia militare sensibile (ancorché, ovviamente, non utilizzabile da Al Qaeda &Co), come siluri di ultima generazione, elicotteri da combattimento, unità navali d’attacco, sistemi C3I e moderni apparati di guerra elettronica, ovvero i force multiplier più decisivi dei moderni campi di battaglia. Come accennato, alcuni di essi sono in corso di promozione o fornitura all’India (entrambe dovrebbero essere immediatamente congelate)
3. l’aumento della pressione sulla nutrita comunità indiana in Italia pur nei limiti di correttezza e legalità che hanno sempre caratterizzato il comportamento nei confronti degli immigrati4. pressioni sulla famiglia italiana di origine di Sonia Gandhi per indurre “Madame” – come la chiamano nel Subcontinente – ad un contegno meno ipocrita e pilatesco (ovvero à la guerre comme à la guerre).
5. un intelligente e subliminale azione governativa di boicottaggio del turismo italiano nel Subcontinente, che già è diminuito per conto suo dall’inizio della vicenda (almeno nel Kerala), esplicitamente a favore di altre mete altrettanto suggestive , come lo Sri Lanka, la neo praticabile Birmania, l’Indocina, etc.
6. una campagna di sensibilizzazione sul problema nei confronti delle ricche e molto evolute comunità indiane all’estero, le quali, soprattutto nel mondo anglosassone, sono al vertice della scala sociale e del potere. Far comprendere loro che la vicenda sta danneggiando l’India molto più di quanto non la favorisca, anche in termini di aumento di compattezza interna. Paradossalmente, è l’Italia che lentamente e faticosamente sta recuperando assertività e orgoglio nazionale(prima del “caso Marò” chi conosceva, in Italia, la Brigata San Marco e il suo incredibile spirito di corpo che traspare continuamente dall’ammirevole comportamento dei due sottufficiali ?)
7. last but not least, il divieto formale del governo italiano ai due sottufficiali di uscire dal compound dell’ambasciata, che è extraterritoriale ed è un lembo del nostro territorio nazionale. Latorre e Girone non metterebbero più piede in India se non da uomini liberi, non partecipando ovviamente a qualsiasi “processo” e buffonata del genere. Sarebbero di fatto prigionieri in Ambasciata, è chiaro, ma la medesima è abbastanza vasta, anche nei suoi spazi all’aperto, per consentire una soluzione del genere per periodi prolungati (si può anche fare jogging, avendone voglia). Se si rammentano gli innumerevoli casi di rifugiati politici in ambasciate dei dopoguerra, caldo e freddo, non si può non convenire che si tratta di un’ipotesi del tutto praticabile.
E’ molto improbabile che gli indiani avrebbero il coraggio di violare un’ambasciata di un membro della UE e della Nato, un azzardo folle da regime rivoluzionario che ha perso completamente la bussola. I dirigenti indiani sono sconsiderati, irriflessivi e abborracciati ma non idioti fino al punto di scatenare sotto elezioni una jacquerie xenofoba che potrebbe uscire da qualsiasi controllo e finire per rivoltarsi contro la cricca corrotta e incompetente che “governa” (absit iniuria verbis) il loro paese. Per i nostri due militari si tratterebbe di un’altra prova impegnativa, ma almeno sarebbero “a casa” senza pericolo di essere ri-arrestati da qualche polizia o agenzia antiterrorismo, oppure sparati da qualche fanatico indù (quando i due vanno in franchigia – come in Marina si chiama la libera uscita – vengono scortati da carabinieri armati).
Esplicitiamo ora un argomento a proposito del quale occorre, come disse Georges Clemenceau a proposito dell’Alsazia Lorena pre-Prima Guerra Mondiale, “pensare sempre, parlarne mai”, ovvero la possibilità/necessità di predisporre piani ad hoc per una esfiltrazione occulta di Latorre e Girone dall’India nel caso le cose si mettano veramente male.
Qualche idea circolava, a suo tempo, quando i due erano confinati in prossimità dell’oceano, che è accessibile a chiunque sia in grado di attraversarlo nel modo più conveniente e invisibile (i sommergibili sono stati inventati anche per questo). Ora è molto più difficile ma per gente – come ad esempio gli incursori della Marina – che in tempo di guerra ha fatto saltare in una sola notte, quella di Alessandria, due corazzate, una petroliera e un caccia, in uno dei più muniti porti nemici, o che, sempre in quel periodo, teneva la propria base operativa nel ventre di una nave mercantile in disarmo ad Algesiras, sotto il naso di un avversario sagace e agguerritissimo basato nell’adiacente Gibilterra, non dovrebbe essere impossibile farsi venire qualche idea. I particolari ognuno se li può vagamente immaginare. Qualche volo cargo o executive di bandiera terza che decolla nottetempo dall’aeroporto di New Delhi, una mano amica e anche due, un camioncino di fornitori, smazzettamenti adeguati…
Le soluzioni tecniche e operative si trovano, anche se qualche rischio si dovrebbe comunque correre; quello che è difficile ipotizzare è il via libera di un’operazione del genere da parte di un esecutivo nazionale come quello attuale, che oltretutto dovrebbe trovare consenso e stimolo in un ambiente decisionale che non riesce a trovare un accordo neanche sull’indispensabile per assicurare un futuro decente all’intero Paese.
Questo è forse il punctum dolens dell’intera faccenda. Ma la situazione potrebbe costringere anche i più recalcitranti ad adottare soluzioni radicali e non ortodosse, come sono del resto tutti i passaggi di questa assurda vicenda. E’ chiaro che dovremmo fare da soli, potendo aspettarci al massimo qualche tiepido aiuto dalle organizzazioni multilaterali dove le individualità nazionali si stemperano, in primis Nato e UE. Le superpotenze (USA, Russia) hanno nel Subcontinente interessi geopolitici di più alta caratura e quindi sullo specifico sono impossibilitate ad agire in modo efficace (Washington, in particolare, ha bisogno di New Delhi in funzione anticinese) , mentre quelle minori non sono altro che spregiudicati concorrenti economici dell’Italia sullo specifico mercato indiano (Francia, Germania, UK, Corea, Giappone) e quindi hanno tutto l’interesse a che la crisi si complichi sempre più.
Foto: Ansa, RAI,
Andrea TaniVedi tutti gli articoli
Ufficiale di Marina in spirito ma in congedo, ha fatto il funzionario Nato e il dirigente presso aziende attive nel settore difesa. Scrive da quasi un quarantennio su argomenti navali, militari, strategici e geopolitici per pubblicazioni specializzate e non. Vive a Roma.