Ferrovie militarizzate e treni armati

di Mario Pietrangeli
Paradossalmente, la staticità delle linee di fronte, che contraddistinse il primo conflitto mondiale e lo trasformò in una lunga guerra di logoramento, fu in gran parte da attribuire proprio all’enorme sviluppo dei trasporti terrestri per effetto della meccanizzazione. Grazie alle autocolonne, e soprattutto al treno, la velocità di afflusso delle riserve strategiche divenne infatti nettamente superiore alla rapidità di progressione delle forze combattenti, che potevano muoversi solo a piedi e, al massimo, a cavallo.  Così, le penetrazioni nelle linee nemiche (già rese difficili dalla prevalenza del binomio difensivo mitragliatrice/trincea su quello offensivo artiglieria/assaltatore) venivano subito arrestate e le posizioni si consolidavano nuovamente. Il grande protagonista di questa nuova mobilità, il treno, veniva usato prevalentemente per i grandi trasporti strategici e logistici, cioè per trasferire soldati, quadrupedi, generi vari e munizioni, in grandi quantità e su lunghe distanze. Le “tradotte” militari erano di solito formate da vagoni ferroviari chiusi a pavimento libero, atti al trasporto di persone e animali (<<cavalli 8, uomini 40>> dicevano le scritte) oppure di materiali vari, ma talora erano attrezzate in modo speciale – con vagoni blindati o armati – per la difesa contro i sabotatori.

Vennero però impiegati anche veri e propri treni armati, come quelli della Marina italiana (muniti di artiglierie da 76 mm e 152 mm) che operarono lungo il tratto di costa tra il Canale d’Otranto e Ravenna e che costituirono un’efficace difesa litoranea mobile.  Sul fronte orientale, anche l’Esercito utilizzò treni armati con pezzi da 152/40 mm per bombardare le zone operative nemiche del Carso Triestino. I treni sanitari e ospedale contribuivano intanto allo sgombero di migliaia di feriti e ammalati. Nella 2^ guerra mondiale, quando l’avvento del carro e dell’aereo consentì un incremento della mobilità tattico-operativa sufficiente per un ritorno al combattimento manovrato, ai treni rimase il compito dei grandi trasporti strategici e dello sgombero dei feriti e/o malati con i treni ospedale. I movimenti ferroviari potevano però svolgersi quasi soltanto nella Zona Territoriale, a causa dell’incombere della minaccia aerea e quindi della possibilità di essere colpiti, dall’alto, anche in profondità dietro le linee amiche. L’evoluzione tecnologica delle armi moderne, per le quali le linee e le installazioni fisse della ferrovia sono divenute facili bersagli, relega ormai il treno – sempre di più – a compiti prevalentemente logistici nelle retrovie.
Il libro di Mario Pietrangeli realizzato dal CESTUDEC, 100 pagine illustrate. può essere scaricato gratuitamente qui in formato PDF

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