Ricordo di un amico

Vieni a fare un giro nel quartiere più “in” di Nassiryah?. L’invito del generale Giangiacomo Calligaris, all’epoca vicecomandante della brigata aeromobile Friuli schierata in Iraq, era di quelli che un reporter non poteva rifiutare. Specie se si considera che erano trascorse poche settimane dall’ultima battaglia dei ponti che aveva reso molto tesa la situazione nella città irachena. Ovviamente  il quartiere “in” non era il più “figo” di Nassiryah ma il più in-sicuro e in-stabile perché controllato dalle milizie sciite guidate da Aws al-Kafaji che avevano dato filo da torcere agli italiani in tre battaglie combattute tra aprile e agosto 2004.  Un’area off-limits per tutti gli estranei alle milizie, inclusi i  giornalisti, anche se Calligaris vi entrava regolarmente con la sua scorta per “mostrar bandiera” e far vedere ai miliziani che il nostro contingente era lì e teneva gli occhi aperti. Brillante, acuto e “ragionevolmente spavaldo” come si conviene a un bersagliere divenuto pilota, Giangiacomo Calligaris era un vero personaggio, elegante nei modi ma con un sorriso da “simpatica canaglia” che tutti, soprattutto le donne, trovavano irresistibile.

Lo avevo conosciuto  in Kosovo, nel 1999,  dove trattava con i peggiori tagliagole della zona inclusi i capi bastone albanesi-kosovari, un po’ partigiani un po’ banditi. A Pec guidava la Joint Implementation Commission istituita dalla NATO  per cercare di far dialogare le diverse comunità e impedire ulteriori bagni di sangue. Giangiacomo era dotato di grandi capacità militari e di rare qualità umane inclusa la dote di far sentire importanti le persone con le quali aveva a che fare. Caratteristiche che unite a un carisma e a una simpatia innati gli hanno permesso di “conquistare i cuori e le menti” di chi ha prestato servizio sotto il suo comando. A Bologna, dove  ha guidato la brigata aeromobile  Friuli, ha lasciato un ricordo indelebile creando un contesto di relazioni tra l’unità militare e il tessuto sociale cittadino e regionale senza precedenti. Innovatore, riuscì a organizzare e promuovere eventi importanti trovando gli sponsor necessari molti anni prima che qualcuno pensasse di creare Spa per vendere i “loghi” delle Forze armate.

Al Comando operativo di vertice interforze, dove ha ricoperto l’incarico di capo reparto operazioni, ha pianificato e seguito da vicino tutte le missioni oltremare dall’Afghanistan alla Libia. Un incarico ideale per un ufficiale che fin dalla missione in Libano nel 1982 aveva improntato all’operatività il suo essere soldato e che a 57 anni stava continuando la sua carriera nel modo migliore per un pilota, al comando dell’Aviazione dell’Esercito. E’ morto ieri, insieme al tenente Paolo Lozzi, 25 anni, in un incidente durante un volo di addestramento nei pressi di Viterbo. Nella tragedia straziante che colpisce la sua famiglia è solo un lieve conforto sapere che se n’è andato da soldato, da pilota e da comandante.

 

 

 

 

Foto: G. Gaiani, Nano Press e Esercito Italiano

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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