Dai sauditi missili antitank e antiaerei ai ribelli siriani
Per la prima volta l’Arabia Saudita fornirà ufficialmente ai ribelli siriani missili contraerei portatili FN-6 di fabbricazione cinese e missili guidati anticarro russi Konkurs. Lo hanno riferito al Wall Street Journal una fonte diplomatica araba e alcuni leader dell’opposizione. Il quotidiano ricorda che gli Stati Uniti si sono sempre opposti a forniture di armi contraeree per timore che possano finire in mano agli estremisti, mettendo così a rischio voli occidentali o commerciali. Un alto funzionario dell’amministrazione, contattato dal Wsj, ha ribadito l’opposizione di Washington: “Non c’è stato nessun cambiamento di posizione da parte nostra”. Da parte loro, ha evidenziato il quotidiano, gli Stati Uniti hanno invece incrementato il loro sostegno finanziario ai ribelli, consegnando milioni di dollari in nuovi aiuti per pagare gli stipendi dei combattenti. Le nuove armi dovrebbero arrivare in Siria dalla Giordania e dalla Turchia, stando a quanto precisato da una fonte diplomatica occidentale.
Grazie alle nuove armi, i ribelli attivi nel sud del paese, riuniti nel Fronte meridionale, contano di riconquistare le zone a sud di Damasco (settore dove sarebbero in procinto di lanciare un’offensiva) con la speranza di costringere il regime ad accettare una soluzione politica del conflitto che passi per la creazione di un governo di transizione senza il presidente Bashar al Assad. Il Fronte meridionale è guidato da Bashar al-Zoubi, che è in diretto contatto con le agenzie di intelligence occidentali e arabe ad Amman, stando a quanto fatto sapere dai ribelli. Secondo il Wsj, al Zoubi figurava tra i comandanti dei ribelli che hanno accompagnato l’opposizione siriana all’ultimo round di negoziati di Ginevra, conclusosi con un nulla di fatto. Sul campo di battaglia però sono le forze lealiste a registrare successi. Gli uomini di Assad hanno riconquistato Maan, il villaggio alauita nella provincia centrale di Hama teatro il 9 febbraio scorso di una vera e propria carneficina di civili da parte di ribelli jihadisti.
Lo ha riferito l’agenzia di stampa ufficiale ‘Sana’ citando fonti militari, secondo cui è stato “riassunto il controllo totale su Maan dopo aver schiacciato i terroristi che vi si erano infiltrati, e che perpetrarono un massacro ai danni della popolazione civile uccidendo decine di persone, donne comprese”. Per la tv di Stato le vittime furono 42 mentre secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione dell’opposizione in esilio con sede a Londra, i civili uccisi furono invece 25, tra cui 14 donne: hli ltri morti, una ventina, sarebbero stati ‘shabbiha’, cioè miliziani irregolari filo-governativi. Incerta anche la responsabilità dell’eccidio, nel quale sarebbero comunque state coinvolte brigate sia del Fronte al-Nusra sia dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. All’epoca il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si disse “sotto shock” per l’accaduto. Gli alauiti sono una setta di derivazione sciita cui appartengono il presidente Bashar al-Assad e molti esponenti del regime. L’esercito siriano ha intensificato anche la pressione su Yabrud, ultima importante località in mano ai ribelli in una regione strategica alla frontiera con il Libano, 75 chilometri a nord di Damasco. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani violenti combattimenti erano in corso oggi fra le forze fedeli al presidente Bashar al Assad da una parte e delle brigate islamiste locali e jihadisti del Fronte al-Nusra dall’altra intorno a Yabrud, nella regione montuosa di Qalamoun.
Gli scontri si concentravano intorno a Ras al Maara e al Sahel, due bastioni ribelli della zona dove l’esercito e il suo principale alleato, l’Hezbollah sciita libanese, vogliono “fermare il movimento dei ribelli” per rinserrare le fila intorno a Yabrud. “L’aeronautica siriana sgancia inoltre barili di esplosivi sui dintorni di Yabrud per tagliare gli approvvigionamenti ribelli verso la città e cacciare i civili”, ha spiegato all’Afp Abdel Rahmane. Una tattica utilizzata contro i quartieri ribelli di Aleppo (nord). Per Hezbollah, questa battaglia è cruciale: secondo il potente partito sciita è da Yabrud che provengono le autobomba utilizzate nei sanguinosi attentati che hanno colpito i suoi bastioni in Libano. Le difficoltà militari dei ribelli avrebbero influito sulla destituzione del comandante dell’Esercito libero siriano (Esl), generale Selim Idriss, rimosso dall’incarico il 17 febbraio su indicazion del Consiglio supremo militare che lo ha sostituito con il colonnello Abdelilah al-Bashir (promosso generale di brigata) , già comandante delle operazioni dell’Esl nella provincia di Qunaitera, al confine con le alture del Golan.
Idriss (nella foto a fianco) è stato destituito “a causa dell’inefficacia degli ultimi mesi” nella battaglia contro le forze del presidente Bashar al-Assad. Era in carica dal dicembre 2012 ma già da tempo era oggetto di aspre critiche per gli “errori e la disattenzione” della battaglia, per la “scarsa distribuzione delle armi” fra i ribelli. Selim Idriss ha però sconfessato la sua cacciata sostenendo il bisogno di una “ristrutturazione totale” della catena di comando dell’ESL. In un messaggio video in cui appare attorniato da diversi alti comandanti, Idriss ha attaccato il ministro della Difesa dell’opposizione, Assaad Mustafa, che avrebbe sostenuto la sua sostituzione con Abdelilah al-Bashir. Si e’ trattata di una decisione “improvvisata e personale” ha affermato Idriss la cui rimozione è stata accolta con malumore da diversi leader dei ribelli, che avevano parlato di un “golpe” antidemocratico. Tutti e cinque i piu’ alti comandanti in capo sul terreno hanno definito in una dichiarazione la sua cacciata “una decisione non valida, illegittima”, ribadendo l’intenzione di continuare a combattere sotto la guida di Idriss, che era stato “eletto democraticamente”.
(con fonti Reuters, AFP, AGI, TMNews)
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