Il Pentagono taglia (soprattutto) l'US Army

Nuovi tagli al Pentagono con l’US Army  ridotto numericamente ai livelli precedenti la Seconda guerra mondiale. La drastica misura è stata annunciata ieri dal segretario alla Difesa, Chuck Hagel, che ha sottolineato l’esigenza di “ridurre in bilancio” riflettendo il “riposizionamento” degli Stati Uniti dopo la fine della guerra in Iraq e in Afghanistan. Entro il 2015 gli effettivi dell’Us Army scenderanno a 440-450 mila (si tratterebbe dell’esercito più piccolo dal 1940) contro i 570.000 raggiunti nel 2008 e gli attuali 522.000. Hagel ha anche confermato il pensionamento della flotta degli aerei da attacco  A-10 della US Air Force: velivoli nati per l’attacco a colonne e obiettivi nemici a bassa quota il cui ritiro consentirà risparmi per 3,5 miliardi in 5 anni destinati a finanziare il sempre più costoso (e in ritardo sui tempi previsti) programma F-35.

Una decisione paradossale perché da un lato l’F 35 non avrà certo le capacità specifiche necessarie a rimpiazzare in quel ruolo specifico il “cacciacarri” A-10 e dall’altro perché in operazioni a bassa intensità contro avversari privi di difese aeree sofisticate l’A-10 risulterebbe ancora uno strumento rustico ma molto più efficace e meno costoso di un F-35. Radiazione in vista anche per gli aerei spia U-2 destinati ad essere rimpiazzati dai  droni Global Hawk. Dopo la fine della guerra in Iraq e 13 anni di guerra in Afghanistan non sono previste nuove “operazioni imponenti e di lunga durata”, ha tenuto a precisare il segretario alla Difesa americano, difendendo il piano di tagli, pari a circa il 13% dell’esercito. Il presidente Barack Obama ha promesso il ritiro delle truppe americane da combattimento in Afghanistan entro la fine dell’anno.

I cambiamenti “comporteranno un esercito ridotto – ha spiegato Hagel – ma serviranno a contribuire a mantenere alto il livello nonché ad avere armi ed equipaggiamenti di livello superiore”. L’US Army raggiunse nel 1945 il picco di 6 milioni di uomini e nel 1952 e 1968, rispettivamente nei momenti di massima mobilitazione per le guerre in Corea e in Vietnam, i militari in servizio arrivarono a 1,6 milioni. Hagel ha precisato che anche la Riserva e la Guardia Nazionale subiranno un taglio del 5%. “Questo  ovviamente comporta dei rischi – ha ammesso – ma continueremo ad essere in grado di sconfiggere gli avversari in una determinata regione sostenendo al contempo operazioni aeree o navali in un’altra”. Rischi sottolineati anche dal Joint Chief of Staff (equivalente del nostro  Capo di Stato maggiore Difesa) il generale Martin Dempsey.

Il piano di Hagel non prevede ritocchi e riduzioni al budget delle Special Operation forces e del comando dedicato alla guerra cibernetica e anche il numero delle portaerei (almeno per ora) rimarrà invariato a 11 unità. Dopo lo “shutdown” dell’amministrazione federale dello scorso dicembre è stato raggiunto un accordo (Bipartisan Budget Act) che impone spese militari per 496 miliardi di dollari (esclusi i costi per le operazioni oltremare)  nell’anno fiscale 2015. Ufficialmente il prossimo bilancio federale americano sarà presentato il 4 marzo e Hagel ha avvertito che nuovi tagli automatici per il Pentagono sarebbero devastanti. Un monito diretto al Congresso che dovrà esaminare il programma di riduzioni approvato dal Joint Chiefs of Staff, ovvero gli Stati maggiori riuniti, ma che già ha attirato le critiche di alcuni membri del Congresso. Il programma di Hagel avrà ripercussioni importanti anche sugli alleati sui quali ricadranno in futuro compiti più consistenti negli interventi militari e soprattutto nel presidio delle aree di crisi come del resto sta già avvenendo in Africa e nei Balcani.

Le nuove forze armate statunitensi garantiranno infatti potenza e sofisticazione nelle fasi belliche ma non l possibilità di mantenere ampi contingenti sul terreno per tempi prolungati confermando così la tendenza obamiana affermatasi in questi anni e nota come “leading from behind”. Curiosamente il programma di riduzioni dell’esercito e disimpegno dai teatri operativi targato Obama/Hagel ricorda molto quello annunciato da George W. Bush all’inizio del suo primo mandato presidenziale che prevedeva il ritiro di mote forze dall’Europa e dall’Asia e l’impiego della forza militare in operazioni lampo e di devastante portata esclusivamente per difendere gli interessi degli Stati Uniti. Piani mandati poi in soffitta dai fatti dell’11 settembre 2001.

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