F-35: il GAO toglie il velo dal “dossier software”

Nuovi contrasti, nuove polemiche ma soprattutto nuovi interrogativi. Questi gli effetti dell’uscita la settimana scorsa del nuovo rapporto annuale del Government Accountability Office (GAO) statunitense sul programma Lockheeed Martin F-35, rapporto che in estrema sintesi promuove con un “7” le performances industriali del costruttore ma rimanda a ottobre in quasi tutte le materie l’aeroplano, a cominciare da queste due: i ritardi nello sviluppo del software tanto del velivolo quanto del sistema logistico super-informatizzato ALIS cui è subordinata la sua operatività, con conseguenti ulteriori aumenti di costo; e la scarsa affidabilità generale del “sistema” aereo-ALIS, a 13 anni dall’avvio del suo sviluppo e a 8 dall’inizio della sperimentazione. Facendo suoi i “voti” dati di recente dal direttore delle valutazioni dei sistemi d’arma del Pentagono (DOT&E), nel suo nuovo report alle Commissioni Difesa del Congresso la Corte dei conti americana conferma che i Marines non potranno dichiarare la capacità operativa iniziale (IOC) dei loro primi 10 F-35B a decollo corto e atterraggio verticale nel luglio del 2015, come da programma.

Il motivo è che “i test di sviluppo della release di software  Block 2B”, che dovrebbe permettere quella capacità e che risulta “scritta” all’80%, “sono in ritardo e probabilmente faranno slittare la disponibilità delle capacità belliche attese”. A  complicare le cose poi c’è che la IOC coinciderà temporalmente con le sperimentazioni e le valutazioni operative (OT&E) di quello stesso Block: almeno a rigor di logica, prima dovrebbero venire le seconde, poi se tutto è andato bene, la prima. A gennaio, spiega il GAO, il programma di sviluppo del Block 2B prevedeva la verifica del 27 % della capacità di questa release, ma era fermo al 13 %. Mancando solo 6 mesi a quando questo software dovrà concludere i test di sviluppo – scadenza coincidente col termine del corrente anno fiscale, il 30 settembre -, il GAO conferma insomma la previsione del DOT&E di un ritardo di 13 mesi sulla sua disponibilità sugli aerei dei Marines, che potranno dichiarare la IOC solo a metà del 2106. “Inoltre non è poi chiaro”, si osserva, “quali specifiche capacità belliche potranno essere rilasciate, visto che i test sono ancora in corso”.

Le conseguenze di un eventuale ritardo degli F-35B
La IOC degli STOVL dei Marines sembra essere diventata l’elemento paradigmatico del programma. In una sempre più noiosa ma altrettanto inquietante partita a ping pong, come coi precedenti rapporti del GAO e del DOT&E (come del CAPE, che controlla i costi) anche stavolta Lockheed Martin e il responsabile di turno del JPO, l’ufficio di programma nel Pentagono retto oggi dal generale dell’Air Force Chris Bogdan, si sono affrettati a correggere, smussare e smentire, pur non entrando nel merito dei singoli rilievi. A ogni nuovo set della partita, cresce l’effetto mediatico prodotto più dalle agenzie governative e istituzioni incaricate di monitorare passo passo il programma che dalle ribattute del costruttore. Quest’ultimo ha dichiarato che “confida di completare entro l’anno i test in volo del software richiesto per la IOC del Marine Corps (…).

Il suo rilascio è previsto entro luglio 2015. Questo software permetterà ai Marines di individuare, puntare e colpire gli avversari (…). I Marines (ritengono) che le caratteristiche fornite dal software 2B siano in ogni caso superiori a quelle di qualsiasi altro velivolo attualmente in uso. Tra gli elementi a favore del completamento dei test entro le scadenze previste,” è la conclusione di Lockheed, “vi sono la maggiore maturità del software, la maggiore disponibilità di velivoli e il fatto che non sono previsti impatti dalla sequestration o sospensioni del programma da parte del Governo”. Ed ecco le obiezioni del generale Bogdan: “Abbiamo istituito processi dedicati di ingegneria dei sistemi per far fronte alla complessità della scrittura, del collaudo e dell’integrazione del software. Siamo certi di poter garantire la Initial Operational Capability al Corpo dei Marines nel 2015 e all’Aeronautica militare statunitense nel 2016. La Full Capability per la Marina militare statunitense è prevista invece per il 2018. Questa scadenza” ha aggiunto Bogdan, “è naturalmente più a rischio, in quanto connessa al pieno sviluppo del software. Tuttavia, stiamo lavorando per neutralizzare questi fattori di rischio, monitorando quotidianamente lo sviluppo del software e risolvendo eventuali problemi man mano che vengono individuati, in modo da garantire alle forze armate e ai nostri partner internazionali la piena capacità bellica degli F-35”.

Bogdan e (soprattutto) Lockheed sminuiscono quella che in fondo non è altro che una sequela di ritardi in sé anche giustificabile, in un programma così spaventosamente complesso. Ma i problemi – sorvolando sul fatto che una parte del Dipartimento della Difesa americano, dalle cui labbra pendono 11 Paesi, sostiene che i ritardi ci sono, e un’altra che non ci sono, salvo poi contraddirsi (lo vediamo tra poco) – i problemi si diceva stanno altrove:
1) messi bene in chiaro dal rapporto del GAO (pag. 6), al primo posto ci sono i ritardi accumulati dai test del software del “Mission System” dell’aeroplano, ai quali saranno da imputare inevitabili aumenti del costo di sviluppo del “sistema”, anche per via di un impiego prolungato di tecnici e laboratori;
2) ogni singola release di questo software non riesce a mantenere le promesse del programma così come venne “ristrutturato” nel marzo 2012 (proprio a causa di problemi e ritardi a catena), rimandando a quella successiva il raggiungimento di tutti gli obiettivi prestazionali che le erano stati assegnati;
3) il (contestato) ritardo del Block 2B farà ritardare il successivo Block 3I (Initial, o Intermediate), che a sua volta farà slittare in là il Block 3F (Full, o Final); da sottolineare il fatto che il salto fra 2B e 3I è importante, prevedendo l’installazione di un nuovo core processor integrato e di nuovi moduli di guerra elettronica;
4) i paesi che devono ordinare F-35 dei lotti di produzione interessati dagli attuali ritardi del software (dal lotto annuale LRIP-6, che è in via di completamento, al finale LRIP-11, con consegne previste nel 2019) preferirebbero aspettare che i problemi fossero risolti. E’ ormai una prassi accettata e/o inevitabile (vedi il caso dell’Eurofighter) ma è stupido comperare a prezzi che all’inizio del programma sono ancora elevati aeroplani lontani dal garantire l’efficacia prevista.

Il generale Chris Bodgan ha anche apprezzato ciò che per il secondo anno consecutivo il rapporto del Government Accountability Office ha trovato di buono nel Joint Strike Fighter: “Il parere del GAO, secondo il quale il programma ora è più solido e stabile,” ha detto il generale, “è il risultato dei notevoli sforzi profusi nella sua ridefinizione, e di una gestione efficiente dello sviluppo, della produzione e dei costi. C’è ancora del lavoro da fare, e siamo determinati nel rispettare gli obiettivi del programma F-35, che diventerà l’asse portante della superiorità aerea statunitense per le generazioni a venire”. Tra i progressi il GAO cita il fatto che al 31 dicembre scorso “sono stati realizzati quasi tutti i test relativi al comportamento in volo (Flight Sciences; ndr) e alla sperimentazione delle armi programmati nel 2013” (da notare però che a 7 anni dall’inizio dei collaudi e quando ne mancano 3 alla conclusione, è stata verificata la metà del totale dei test point previsti delle Flight Sciences, e le cose come s’è detto vanno anche peggio per i test point del Mission System).

Il programma “ha fatto passi avanti nella diminuzione dei costi della versione convenzionale e di quella da portaerei, ma non di quella STOVL, il cui costo è aumentato di quasi 10 milioni di dollari ”. Inoltre Lockheed Martin continua a “guadagnare efficienza nel processo produttivo, riducendo il tempo che ogni singola work station assorbe, abbassando così i costi industriali (in effetti Lockheed sta costantemente riducendo le ore di mano d’opera; ndr)”. Ma anche qui ‘è il rovescio della medaglia: le riduzioni di costo vengono in buona parte assorbite dagli oneri imposti dalla sovrapposizione fra collaudi e produzione, che obbliga a modificare e retrofittare decine di aerei già consegnati. Se poi, come lo stesso GAO prevede, i tempi di sperimentazione si allungheranno, cresceranno anche gli oneri finanziari  di questa “concurrency”, continuando a incidere sul prezzo finale degli aerei anche nei prossimi anni. Difficile dire di quanto, ma due elementi sono già disponibili:
1) il rapporto del GAO dell’anno scorso (con dati consuntivati al 31 dicembre 2012) riferiva di costi delle modifiche imposte dai risultati dei collaudi pari a15,5 milioni di dollari per ciascuno dei primi 58 aerei costruiti;
2) per modificare il 21° F-35A dell’USAF presso il complesso logistico della Hill Air Force Base (Utah) ci sono voluti sei mesi, con costi che per la sola mano d’opera hanno raggiunto i 2,5 milioni di dollari. Questa infrastruttura non potrà lavorare su più di 6 aerei all’anno, e col progredire della produzione la coda di F-35 in attesa di questi “aggiustamenti” si allungherà sempre più.

L’eterna altalena dei costi
A soffrire maggiormente di questo stato di cose è ancora la versione STOVL dell’F-35, per la quale sono già previsti al momento 96 “engineer changes” (e, insistiamo, ci sono davanti ancora tre anni di collaudi). Un particolare questo di cui a tre giorni dall’uscita del rapporto del GAO ha parlato lo stesso generale Bodgan in un’audizione a un sottocomitato del House Armed Services Commitee. Tornando sui ritardi del software, il responsabile del programma ha indirettamente riconosciuto che un problema col Block 2B esiste davvero quando ha detto che la disponibilità del software 3F con cui la US Navy intenderebbe dichiarare la capacità operativa iniziale dei suoi F-35C da portaerei nell’agosto 2017, slitterà più avanti. Cerchiamo di far quadrare i conti: posto che sia vero che il Block 2B accumulerà un ritardo di un anno slittando al 2016, viene da chiedersi come si possa prevedere, alla luce delle attuali difficoltà, che il successivo Block 3I riesca a recuperare tempo in misura tale da far ritardare l’ulteriore Block 3F solo di sei mesi. Una prima risposta viene dallo stesso Pentagono, che di recente ha collocato ancora più in là del 2018 la IOC degli F-35 da portaerei, in un periodo a cavallo fra il 2019 e il 2020. Prospettiva questa che riguarda da vicino anche gli F-35 attesi dalla nostra Aeronautica e dalla nostra Marina, che inizieranno a operare con il Block 2B.

Ma ecco gli atri rilievi mossi dal Government Accountability Office:
1) se il programma nel 2013 ha compiuto progressi nell’affrontare alcuni rischi tecnici-chiave, lo stesso non è accaduto nello sviluppo del sistema logistico, perseguito come il velivolo secondo una logica incrementale;
2) secondo la valutazione corrente dei costi dell’ufficio CAPE del Pentagono (Cost Assessment and Program Evaluation), che dipende direttamente dal Segretario della Difesa, viene confermata la stima di un costo globale di sostegno della flotta USA di F-35 nell’arco di 30 anni superiore a un trilione di dollari, tre volte tanto le previsioni iniziali del programma. Il GAO riferisce come il CAPE confermi anche costi operativi e di supporto superiori rispetto ai accia della precedente generazione (si parla del 40 % in più), quando le previsioni iniziali dicevano l’esatto contrario. Da parte loro i responsabili del programma insisterebbero su una stima inferiore, attorno a 860 miliardi di dollari;
3) i costi unitari degli esemplari acquistati nel 2013 si mantengono al di sopra del prezzo di 98 milioni dollari sostenuto dall’ufficio di programma: si parla (per il puro fly away cost) di 124,8 milioni dollari per la variante F-35A, di 156,8 milioni per la versione F-35B e di 142,6 milioni per l’F- 35C. Cifre superiori mediamente di 47 milioni di dollari agli obiettivi di costo del 2019 (quando finalmente si compreranno F-35 con contratti pluriennali) fissati nel 2013 per gli aerei americani, e nel 2011 per quelli destinati ai partner. Obiettivi – soprattutto questi ultimi – che però dovranno essere aggiornati.
4) nei prossimi 5 anni il Dipartimento della Difesa dovrà aumentare i fondi a favore del programma in misura considerevole, sostenendo una spesa media annua di 12,6 miliardi dollari fino 2037, con picchi di 15 miliardi. Il rapporto osserva come impegni finanziari di questa portata, pari a un quarto dei previsti investimenti in nuovi sistemi d’arma del Pentagono, con l’attuale congiuntura siano da considerarsi a rischio.

Poca affidabilità, costi maggiori
Si accennava all’inizio al problema dell’affidabilità del “sistema”. Il GAO al riguardo afferma che la versione a decollo e atterraggio convenzionale e quella a decollo corto e atterraggio verticale non hanno raggiunto, anche se per poco, il livello di affidabilità previsto allo scadere dell’ultimo anno fiscale (30 settembre 2013), mentre è andata meglio per la variante da portaerei. Il rapporto mette l’accento sul principio secondo cui a bassi livelli di affidabilità registrati in fase di sviluppo, corrispondono poi elevati costi operativi e di supporto una volta raggiunta l’operatività. Sul tema si è andati più a fondo il 26 marzo durante l’esposizione del rapporto al Congresso. “Al momento,” ha detto il suo estensore Michael J. Sullivan, “l’affidabilità è davvero una grande preoccupazione (…) anche in termini di costi di gestione e di supporto. Le stime attuali sono insostenibili, e (…) questo è un punto critico”. Alle riserve espresse da alcuni parlamentari sulla capacità del programma di raggiungere il numero di ore fra due avarie successive fissato per la maturità del velivolo (75.000 ore di volo per le versioni A e B, 50.000 per la C) il generale Bogdan ha ribattuto ottimisticamente che “la nostra intenzione è arrivare entro il 2015 al 60 % di quell’obiettivo.”

Attualmente i 58 F-35A dell’USAF hanno accumulato 12.000 ore di volo.
Nella stessa occasione il capo del JPO ha parlato anche dei costi, accennando al nostro Paese: “Se Canada, Turchia e Italia dovessero ritardare o ridurre i loro ordini di F-35”, ha detto, “gli altri partner pagherebbero i loro aerei il 2-3 % in più” (giusto due giorni dopo l’audizione, Ottawa ha annunciato che aspetterà dopo le elezioni politiche del 2015 a decidere se ordinare i primi JSF).
Lo stesso giorno della pubblicazione del nuovo rapporto del GAO Lockheed Martin ha firmato col Pentagono un contratto di 689 milioni di dollari per l’avvio della produzione dei long lead items dei 57 esemplari di F-35 del 9° lotto annuale: 34 andranno alle forze aeree statunitensi, 6 alla Norvegia e altrettanti al Regno Unito, 7 a Israele, 2 al Giappone e 2 all’Italia. Sia tratta per la precisione del nono F-35A per l’Aeronautica Militare, dopo i primi 6 dei LRIP-6 e LRIP-7 acquistati a settembre e i 2 del LRIP-8, e del primo F-35B per la Marina Militare. Fonti italiane di Lockheed Martin nell’occasione hanno chiarito e dettagliato ad “Analisi Difesa” la situazione dei contratti e degli ordini italiani:
a) quest’anno è previsto, a breve, l’ordine definitivo dei 2 F-35A del LRIP-8 e l’acquisto dei long lead items di altri 2 F-35A del LRIP-9, per i quali nel 2013, prima delle famose mozioni parlamentari blocca-nuovi-acquisti, ci eravamo già impegnati ad acquistare gli extra-long lead items, componenti degli aerei che vanno acquistati due anni prima dell’ordine e un anno prima dei (per così dire) “normali” long lead items;
b) sempre quest’anno acquisteremo i long lead items degli aerei del LRIP-9, che dovremo ordinare in via definitiva l’anno prossimo, ma per effetto della “moratoria” annunciata il 19 marzo dal Ministro della Difesa non ordineremo gli extra-long lead items degli aerei del LRIP-10, l’ordine dei quali è fissato nel 2016.
c) Nel 2015 acquisteremo i 2 F-35 del LRIP-9.
Poi si vedrà, alla politica piacendo.

Foto: Lockheed Martin

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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