Governo assente al rientro del 30° Gruppo Navale

Dopo quasi cinque mesi si è conclusa ieri a Civitavecchia, da dove vera partita il 13 novembre scorso,  la campagna “Il Sistema Paese in Movimento” del 30° Gruppo Navale della Marina Militare italiana. La portaerei Cavour, la rifornitrice Etna, la fregata Bergamini e il pattugliatore Borsini, sotto il comando dell’ammiraglio di divisione Paolo Treu, erano partite dal porto laziale alla volta del Canale di Suez, del Golfo Arabico e degli oceani Indiano e Atlantico, compiendo il periplo del continente africano. Per il Capo di stato maggiore della Marina Militare, ammiraglio di squadra Giuseppe De Giorgi, la campagna navale è stata “un simbolo di un Paese che vuole ripartire, di una nazione che non accetta di essere vista con il cappello in mano, in ginocchio, tremante davanti alle difficoltà. E’ stata il simbolo di una nazione il cui popolo è fiero delle sue tradizioni e della sua storia, consapevole del proprio potenziale, orgoglioso di essere italiano. Questo simbolo siete riusciti a incarnarlo in maniera perfetta” ha detto rivolto agli equipaggi delle navi. Impossibile non notare l’assenza di figure istituzionali non militari  al rientro delle navi dopo cinque mesi di missione caratterizzata non solo dalle attività addestrative, di cooperazione militare e umanitarie ma soprattutto dalla promozione del made in Italy grazie alla trasformazione di parte dell’hangar della portaerei in una esposizione dei prodotti delle aziende (sponsor dell’iniziativa) della difesa e di altri settori trainanti dell’economia e dell’Expo 2015.

A Civitavecchia non c’era il ministro Pinotti, a Parigi a incontrare l’omologo Jean Yves Le Drian ma assente anche nell’importante ultima tappa algerina della missione (benché Algeri guidi la classifica delle spese militari in Africa) dopo aver disdetto pure la sua visita al salone qatarino DIMDEX a fine marzo. A Civitavecchia non c’erano neppure i sottosegretari Alfano e Rossi né esponenti di altri ministeri (Esteri, Sviluppo economico….) che pure erano coinvolti nell’iniziativa.  Indirettamente lo ha ricordato il Capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, affermando che “i risultati raggiunti dalla campagna del 30° Gruppo navale sono la più eloquente e concreta testimonianza del vantaggio che il Sistema-Paese può trarre dalla sua componente militare con un approccio interdisciplinare” e sottolineando che “non è più tempo di parrocchie: solo operando sinergicamente, gettando le basi per un rapporto più diretto tra le diverse amministrazioni, con intraprendenza, spirito di iniziativa, volontà e coraggio, si riesce ad individuare e rinunciare a sovrapposizioni e duplicazioni e potremo superare questo difficile periodo di crisi e progettare un futuro diverso”.

Ma gli esponenti del governo dov’erano? Tutti impegnati a mettere a punto il decreto finanziario o in altre faccende affaccendati? Oppure preoccupati di non mostrarsi vicino (o sopra) navi militari per non rischiare “danni d’immagine” ed emorragie di voti presso l’elettorato pacifista?  Anche se pochi lo dicono siamo già in campagna elettorale (in Italia ci siamo quasi sempre) e queste valutazioni pesano specie in un momento in cui i vertici politici della Difesa sono già nell’occhio del ciclone per i tagli e la questione degli F-35. Non dimentichiamo che i costi e le finalità di export (anche) militare della missione hanno sollevato critiche in molti ambenti anche interni al PD. La Marina ha previsto spese per 33 milioni di euro dei quali 13 sarebbero comunque stati spesi anche se le navi fossero rimaste in Italia. Dei restanti 20 milioni 13 sono stati coperti dagli sponsor mentre i 7 destinati alle indennità del personale sono a carico della Difesa. Costi scomodi di questi tempi e forse per questo il ministro Pinotti ha presenziato lunedì alla riconversione in polo universitario di un ospedale militare nella “sua”  (intesa come collegio elettorale) Liguria ma non si è fatta vedere a Civitavecchia sul Cavour.

“Milleduecento italiani hanno navigato per il Golfo Persico e l’Oceano Indiano, intorno all’Africa, con risultati concreti di efficienza e di efficacia e portando un messaggio che rappresenta tutta l’Italia” ha aggiunto De Giorgi. “Il messaggio è, da un lato, quello che arriva dall’eccellenza del Paese nel campo dell’innovazione tecnologica e dell’industria, specie quella del settore, caratterizzata da altissime capacità e genialità. Dall’altro lato c’è la sfera umanitaria, che è la parte fondante dei nostri valori: il fatto di essere vicini agli altri è un messaggio di sicurezza che il Gruppo Navale ha mandato in giro per il mondo”.Peccato che a Roma di tutto questo non importi nulla a nessuno, almeno negli ambienti governativi. Percorrendo 21.529 le miglia toccando 21 porti in 7 Paesi del Medio Oriente  e 13 africani le unità del 30° Gruppo Navale hanno mostrato i gioielli tecnologici del made in Italy ai Paesi arabi che possono acquistarli e ha fornito consulenza e addestramento alle Marine dei Paesi africani emergenti che grazie a gas e petrolio potranno presto permettersi navi ed equipaggiamenti moderni, auspicabilmente italiani.

Sul fronte umanitario le iniziative delle ong Fondazione Rava e Operation Smile hanno consentito di visitare oltre 2.500 persone per lo più bambini effettuando 161 operazioni chirurgiche e donando 605 paia d’occhiali. Ciò nonostante la missione del 30° Gruppo Navale rischia di restare un’occasione perduta per la totale assenza di supporto governativo. Se si esclude la visita dell’allora viceministro degli esteri, Lapo Pistelli, salito sulla Cavour in Bahrein (dove si trovava però per un incontro internazionale), nessun esponente dei governi Letta e Renzi ha raggiunto le navi italiane. Non è paradossale che una missione battezzata “Il Sistema-Paese in movimento” abbia visto due governi lasciare soli l’ammiraglio Paolo Treu, alla guida del Gruppo Navale, e gli ambasciatori nei diversi Paesi a gestire i rapporti con i governi arabi e africani? Certo in alcune tappe sono stati presenti gli ammiragli Binelli Mantelli e De Giorgi, ma un tour come questo meritava di essere sostenuto con visite a livello politico per instaurare rapporti e impostare contratti e commesse, gestite sempre a livello governativo.

In una missione navale di questo tipo (definita dall’ammiraglio Treu “coraggiosa e ambiziosa”)  i costi sostenuti diventano un investimento se c’è il supporto politico, se c’è il Sistema- Paese. L’unica visita pianificata dal ministro della Difesa, all’epoca Mario Mauro, per la firma di un accordo con l’Angola è saltata all’ultimo momento come ricorderanno i lettori di Analisi Difesa. In ballo c’erano commesse militari per 1,2 miliardi ma le dimissioni di Enrico Letta e del suo esecutivo hanno indotto Mauro a cancellare la visita facendo infuriare Luanda. “La presenza del Gruppo Navale ha particolarmente colpito le autorità militari locali” ha detto Treu ricordando i 20 ministri, e non solo della Difesa, saliti a bordo di nave Cavour, oltre a 23 capi di stato maggiore, 10 importanti autorità religiose e 20 politiche. “Alcuni hanno definito questa campagna uno strumento validissimo per sostenere la politica estera, ammiragli e generali di paesi anglosassoni hanno definito brillante questa iniziativa, che hanno intenzione di imitare” ha ricordato Treu. Come i turchi che il 17 marzo hanno fatto salpare dalla base navale di Golcuk il Barbados Maritime Task Group  che in 102 giorni circumnavigherà l’Africa  visitando 40 porti in 28 Paesii e in Sud Africa effettuerà lanci missilistici nel Denel Overberg Test Range. La missione, ispirata da quella analoga Italiana, vede impegnate le fregate Gediz e Orucreis, la corvetta Heybeliada  e il rifornitore Yarbay Gungor che parteciperanno all’esercitazione multinazionale anti pirateria Obangame Express che si terrà dal 19 al 21 aprile nel Golfo di Guinea. A bordo delle navi turche sono presenti stand delle più importanti aziende nazionali del settore difesa.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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