Le opzioni russe nell'escalation militare in Ucraina

Mosca sembra voler ripetere il “copione Crimea” nelle regioni orientali ucraine facendo leva sulla popolazione filo-russa di quelle regioni e impiegando forze paramilitari irregolari, in uniforme ma senza distintivi di grado o nazionalità, che non possono venire ufficialmente definite russe. Potrebbe trattarsi di forze speciali, paracadutisti agli ordini dei servizi segreti militari (GRU) oppure di contractors privati di società di sicurezza a quanto pare già impiegati in Crimea. A confermare questa ipotesi contribuirebbe anche l’equipaggiamento ed armamento datato adottato da quei paramilitari, meno moderno di quello in dotazione ai reparti militari.

Il “copione Crimea” potrebbe quindi rivelarsi pagante per Mosca anche a Donetsk e in altre aree dell’Ucraina meridionale e orientale o per strapparle al controllo di Kiev o anche solo per indurre l’Ucraina ad accettare di negoziare una Costituzione federale che rispetti la vicinanza alla Russia delle regioni sud orientali. La presenza dei contractors o in ogni caso di forze irregolari consente a Mosca di attribuire alla popolazione russa o russofona la costituzione di milizie di autodifesa mentre l’intervento diretto delle truppe russe schierate ai confini potrebbe venire legittimato dalla violenta repressione attuata contro gli autonomisti a Donetsk o Kharkhiv dalle forze militari di Kiev e dalla necessità di garantire l’incolumità della popolazione civile. Lo si evince anche dalle dichiarazioni rese martedì dal rappresentante russo permanente presso l’Onu Vitaly Churkin.

“La nostra idea generale è quella di adottare misure energiche, evitando mosse avventate delle autorità ucraine: queste mosse possono avere conseguenze tragiche per l’Ucraina”, ha detto Churkin ai giornalisti a New York definendo un’operazione delle forze armate ucraine nel sud-est “un passo verso un’escalation del conflitto”.

Gli analisti militari concordano nel ritenere che le forze di Mosca a ridosso del confine ucraino non sarebbero sufficienti a invadere l’intera Ucraina. Si tratta di circa 40 mila militari (più 25 mila in Crimea secondo fonti britanniche) della 20a e 49a armata con mezzi blindati, carri armati, artiglieria, 300 elicotteri da trasporto e combattimento e altrettanti cacciabombardieri più due  brigate di paracadutisti e forze speciali.

Unità idonee però a effettuare rapide puntate offensive tese a conseguire obiettivi territoriali limitati come la conquista delle aree di Kharkhiv, penetrando dal vicino confine nei pressi di Beogorod, e della fascia meridionale che da Lugansk si estende fino a Kershon (con penetrazioni in territorio ucraino dal settore di Rostov e dalla Penisola di Crimea. Di fatto si tratterebbe di un blitz facilitato sul terreno dalle scarse capacità militari di quel che resta dell’esercito ucraino (in parte passato con i russi o i filo russi) mentre sul piano strategico Mosca potrebbe avvantaggiarsi dall’assenza di forze terrestri della Nato nelle immediate vicinanze dell’area delle operazioni. Certo la NATO ha schierato aerei in Bulgaria, Romania, Polonia e Repubbliche Baltiche oltre ad alcune navi nel Mar Nero ma non ha truppe in territorio ucraino consentendo così ai russi di effettuare una rapida puntata offensiva e creare énclaves russe in Ucraina di prossima annessione alla Federazione Russa senza doversi confrontare sul campo con reparti dell’Alleanza Atlantica.

L’impressione è che in Occidente si tenda a considerare improbabile un’iniziativa militare russa su vasta scala in territorio ucraino, specie dopo le tensioni politiche e le sanzioni economiche  di Usa e Ue determinate dall’annessione della Crimea. Tuttavia è sufficiente esaminare la dottrina strategica russa per comprendere come Mosca consideri una concreta minaccia l’allargamento a est della NATO e ritenga vitale per la sua sopravvivenza militare il controllo del Mar Nero e dell’area ucraina. Una regione vitale più per i russi che per gli europei e proprio questa diversa percezione potrebbe “fare la differenza” lasciando a Mosca un margine di manovra sufficiente a imporre la sua presenza militare in una vasta area territoriale destinata a diventare una sorta di nuova “cortina di ferro”.

Un’ulteriore asse di penetrazione militare russa potrebbe avvenire dal Mar Nero mare nella regione di Odessa con l’obiettivo di garantire uno sbocco costiero alla Transnistria, la repubblica staccatasi dalla Moldova e riconosciuta solo da Mosca rimasta isolata tra il territorio ucraino e della Moldova dopo la “rivoluzione” di Kiev. I russi schierano in quella regione 1.500 militari ma non hanno collegamenti territoriali diretti con la madrepatria.

Gli sviluppi militari determinati dalla debole offensiva di Kiev “contro i terroristi” (video), condotta per ora in un solo settore e con poche centinaia di uomini,  e dalla defezione di alcuni reparti ucraini schieratisi con i russi potrebbe indicare uno scenario in cui l’intervento diretto  di Mosca potrebbe addirittura non risultare necessario. Se le forze ucraine fallissero nel tentativo di riconquistare con le armi le province orientali e meridionali ribelli la loro secessione dal resto del Paese risulterebbe un fatto compiuto senza troppi spargimenti di sangue.

(con fonte Il Sole 24 Ore)
Foto Reuters
Mappe:  Swedish Defence Research Agency e Yandex

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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