Ucraina: il gioco degli scacchi e la voglia di mare dell’orso russo

Anche se il riscaldamento della Terra, secondo gli esperti, sta provocando lo scioglimento accelerato dei ghiacci polari, essi  costituiscono tuttora uno dei maggiori impedimenti alla libera navigazione nei mari del Nord, nel periodo invernale. Fattori politici e geostrategici  spingono l’orso russo, fin dai tempi degli Zar, a ricercare il possesso di mari più navigabili e liberi dai ghiacci; le spiagge della Crimea, da sempre meta estiva dei Capi del Kremlino, rappresentano certamente un gradevole e ludico target,ma il vero e logico obiettivo resta quello di avere a disposizione propri territori, con strutture marittime e portuali in aree più meridionali, da cui proiettare- in ogni stagione-  la loro potente Flotta. La recente annessione soft e referendaria della Crimea da parte della Russia e la fluida e instabile situazione dell’Ucraina che è sull’orlo di una guerra civile pilotata, specialmente nell’area sud-orientale confinante col mare, dimostrano quale e quanta sia l’importanza attribuita agli sbocchi marittimi dai Russi, pur fra altri appetiti terrestri. Tali eventi hanno suscitato irritazione e amarezza negli Stati Uniti e, in misura assai più edulcorata, nei Paesi europei e della NATO, con dichiarazioni tempestive ma blande e ondivaghe anche nei confronti di Putin che, da buon “guascone” controbatte invece con determinazione che “non vorrebbe essere costretto a difendere con la forza il popolo russofono là residente, avendo dalla sua già acquisito il benestare del proprio Parlamento”.

Certamente il suddetto va ammirato, anche se sotto diversi profili l’etica che dimostra è assai opinabile, ma va anche detto obiettivamente che, contrariamente alla schiera dei ‘’pseudo-Capi’’ delle varie Nazioni oggi sul palcoscenico mondiale, dimostra una leadership e una visione strategica definita, al tempo stesso molto determinata, corroborata da ‘’attributi’’.  Ma, di là dagli obiettivi che personalmente sta portando avanti per garantire una ‘’buona sopravvivenza’’ della Russia, tentando di allargare i possedimenti con l’ambizione di ricostituire una qualche forma di ‘’unione federale sovietica’’, sussiste  una ragione ‘’storica’’ connaturata col DNA russo, condita con tattiche specifiche prevalenti che,  se non giustificano il suo operato, lo rendono ben comprensibile.  Si tratta solo di ripassare un po’ di Storia, senza andare nel pleistocenico, per capire le ‘’mosse’’ dei russi: per esempio l’occupazione di Costantinopoli, del 1878, è fra gli obiettivi primari della politica russa fin dall’epoca degli Zar, non solo e non tanto perché rappresentava la patria spirituale degli ortodossi, ma in quanto importante base navale in Mediterraneo, essenziale per il controllo degli Stretti.

In quel caso gli inglesi, dopo aver sopportato e assistito all’avanzata russa piuttosto subdola e sorda, sia per motivi strategici di dominio del mare, sia per questioni economiche, inviarono la loro Flotta nel Bosforo, imponendo il ritiro immediato delle truppe russe  che avevano già occupato quell’area così importante, con un perentorio ‘’ultimatum’’. Seguirono ore di angoscia e di paura per lo scoppio di una nuova guerra, ma di fronte alla fermezza  inglese, non accade nulla e l’orso russo rientrò nei propri territori:  avevano tirato la corda al limite per saggiare le capacità e la volontà dell’avversario ma, visto l’out-out, avevano poi desistito nei loro intenti. Nel 1946, l’URSS provò di nuovo ad accaparrarsi il controllo degli Stretti –a scapito dei Turchi-  con una decisa e forte azione diplomatica; solo l’intervento della Marina americana con l’invio  ad Istanbul della nave da battaglia ‘’Missouri’’, quale elemento dimostrativo di dissuasione, pose fine alle azioni dell’URSS e, quindi,  cessarono le indebite pressioni su Ankara.I Russi sanno meglio di tutti  che la vita è una partita a scacchi, e loro sono bravissimi a giocarla; il mondo in cui viviamo e invecchiamo è assai ripetitivo, routinario, e sono assai simili tra loro le soluzioni per risolvere i problemi che si presentano negli anni. E, anche le mosse che talvolta sembrano innovative, a ben guardare seguono le stesse logiche, criteri analoghi, se non eguali, come si trattasse di una vera e propria partita a scacchi. Ma, poi, basta una piccola distrazione che succede qualcosa di decisivo, d’inspiegabile, d’incoerente, per cui il più abile del ‘’tavolo’’ va a scacco matto: e tutti si meravigliano per quella mossa che nessuno poteva prevedere fino a quel momento, immersi e presi dalla routine.

Ci sono eventi significativi, in tal senso, che hanno riguardato da vicino gli italiani, anche se oggi la memoria ‘’è corta’’; senza voler entrare in contesti politici, bisogna infatti rammentare che le elezioni – le prime nella nostra Repubblica, del 18 aprile 1948- furono influenzate pesantemente dalla strategia sovietica che, con metodologie anche covert e infiltrazioni crescenti e ramificate, ha tentato di far  prevalere il governo dei partiti legati ai sovietici. Nel frattempo stavano accadendo, con annunci mediatici  di pericolosi ‘’complotti’’ degli altri partiti finanziati da fantomatiche potenze straniere, diversi colpi di Stato in Romania, Ungheria, Bulgaria e, ancora più rapidamente, in Cecoslovacchia : i morti non si contavano e sembrava che fossimo ormai prossimi alla terza guerra mondiale.  Pochi capirono che la Russia stava conducendo la sua politica e strategia tradizionale, spingendosi fino al limite; gli europei titubavano e forse solo alla fine si sarebbero mossi. Tutto svanì misteriosamente insieme al ‘’blocco di Berlino’’, quando fu evidente che negli Stati Uniti stavano prendendo il sopravvento coloro che volevano impiegare l’atomica, e che per la Russia sarebbero stati dolori!  L’Italia , a seconda degli esiti elettorali, poteva finire oltre ‘’la cortina di ferro’’, come un Paese allineato all’URSS, una delle tante democrazie popolari oltre cortina (oltre a quelle già assorbite dai colpi di Stato predetti, altre come l’Albania, la Yugoslavia, ecc): una sconfitta per la democrazia, la libertà, la civiltà europea stessa , con una storia del tutto diversa se non avessero  vinto in modo schiacciante i partiti che già guardavano verso Ovest, all’America in particolre.

Chi si ricorda la storia della rivolta dei ‘’Boxer’’, a cavallo del 1900, quando le potenze internazionali, fra cui l’Italia, inviarono a Pechino un corpo di spedizione per liberare le legazioni assediate dai ribelli cinesi fanatici e nazionalisti? Tutti andarono via mare, meno la Russia che inviò le  truppe attraverso la Manciuria, occupandola con la scusa di proteggere le linee di comunicazione. Quando la rivolta finì, le forze si ritirarono, meno quelle russe che -con varie scuse – si rifiutarono di liberare il territorio occupato. Seguirono proteste normali cui lo Zar dette poco peso, finché gli Stati Uniti, spazientiti inviarono un ‘’ultimatum’’ a Mosca, minacciando di lì a poco, un intervento armato: solamente allora i Russi si ritirarono, e con rapidità.Nel corso della ‘’guerra dei sei giorni’’ usarono ancora la loro potenza navale, con la presenza di numerose unità militari russe  nei  porti egiziani, quale deterrente nei confronti dell’aviazione israeliana, onde evitare la distruzione dei porti sul delta del Nilo e del Canale di Suez. Altro esempio clamoroso, assai più recente, in termini di dimostrazione di potenza e di aggressività, nell’ambito della ‘’Naval diplomacy’’, è stato quello del cd.  ‘’blocco di Cuba’’ con le flotte russe e americane schierate minacciosamente nel 1962, nella famosa  Baia dei Porci; durante  la memorabile crisi dei missili che poteva sfociare, dopo uno scambio di accese accuse, allo scoppio di una guerra di proporzioni mondiali, sul ‘’filo di lana’’  e con il mondo attanagliato da una paura globale, J.F.Kennedy costrinse infine  Krushov a limitare il proprio appoggio a Castro, e reimbarcare i missili strategici posti in opera nel territorio cubano.

Da questa carrellata storica, seppure incompleta, si evincono alcune ‘’lessons learned’’;  da un lato la strategia ed il comportamento tradizionale dei Russi  nel tessere la tela in tempi di routine, e, quindi –con una mossa a sorpresa- dare scacco matto, esasperando  le situazioni conflittuali fino all’estremo, salvo poi, quando gli avversari sono stufi delle angherie e qualcuno fa la voce grossa, ritirarsi in buon ordine. Ma ripropone l’importanza irrinunciabile di avere sbocchi in Mediterraneo, e mostra come le Forze navali siano lo strumento determinante e preferito, sia per ‘’mostrar bandiera’’, sia per il significato simbolico della volontà e capacità del Paese, nel condurre la loro politica fino all’estremo, con un confronto acceso  fino in fondo, finché gli avversari non sbottano.  La situazione odierna dell’Ucraina è assai precaria e prossima alla guerra civile; si assiste a un’escalation con colpi di scena che portano acqua a Putin; i reparti di Kiev hanno attaccato i filorussi liberando l’aeroporto e facendo alcune vittime nella regione di Donetsk: ora ‘’lo Zar’’ è legittimato a intervenire per difendere i suoi e a fare la mossa sulla scacchiera.

E’ arrivato perfino a chiedere al Segretario Generale dell’ONU, la dura condanna di quei fatti contro i russi, per avere una copertura internazionale; tutto torna con la strategia tradizionale russa: bisogna sedare il complotto, eliminare i terroristi aiutati da potenze straniere, e tutelare la pace del popolo russo o di coloro che si dichiarano e preferiscono,’’democraticamente’’,  ritornare a far parte della grande Russia.   Né i comitati o le conferenze, come quella tenutasi a Ginevra qualche giorno fa, servono allo scopo, se non a prendere o perdere tempo, vista la scarsa incisività e rappresentatività (erano assenti i gruppi in rivolta nel sud-est che non ne hanno riconosciuti gli esiti..). L’Europa, come sempre, pur appoggiando formalmente Kiev, è ondivaga, timorosa per i rifornimenti dalla Gazprom, e per i negativi riflessi economici con l’orso russo   e preferisce, in definitiva, fare ‘’il pesce in barile’’.

Obama, oltre a lamentarsi del debole approccio europeo, promette sanzioni pesanti, ma continua nella strategia del ‘’wait and see’’ come già fatto per la recente, ed ancora aperta, crisi siriana. E Obama comunque non può scordarsi che abbiamo un ministro della politica estera europea – Lady Ashton- che tutto il mondo ci invidia per la sua ben nota non-leadership, e che l’UE – contrariamente agli  Stati uniti- non si  è mai data una sorta di ‘’dottrina Truman’’ che identifica il popolo americano quale deputato, costituzionalmente e moralmente,  ad intervenire dovunque ‘’per la tutela dei diritti umani, la  difesa di popoli oppressi nel mondo, creando le condizioni per stabilire un modo di vita libero da ogni coercizione…e mantenere l’indipendenza nazionale di qualsiasi Paese…’’.  E’ una grave responsabilità da cui Obama, pacifista e pastore liberal,  ma soprattutto in quanto  Presidente degli USA, non può esimersi.

E non può tardare a muoversi con un ultimatum duro e definitivo che metta all’angolo il ‘’guascone Putin’’, altrimenti sarà lui a fare le prossime mosse  e, prima che gli Ucraini possano andare al voto del 25 maggio, a dare’’ la zampata’’ riportando nell’orbita sovietica gran parte del loro Paese, almeno la parte orientale, con motivazioni artificiose che certo non gli mancano, giustificandone al mondo l’annessione, come quella della Crimea. Putin, si ripete, non è certo l’emblema della democrazia; farà di tutto per evitare che l’Ucraina possa finire nella NATO o UE allargandone le dimensioni e l’influenza nel continente, a scapito del suo sogno egemonico di costituire una saldatura  geostrategica con l’Asia, per di più privandola di un suo, proprio, sbocco sul mare  per la proiezione di capacità e delle forze navali.

I  russi sanno bene che “ il destino del mondo  si è sempre deciso in Mediterraneo; le grandi guerre sono state sempre vinte per mare, in un raggio di poche centinaia di miglia, da Anzio a Lepanto, a Pantelleria,…Chi ha il dominio marittimo in Mediterraneo, ha vinto!”    Il tempo comunque sta per scadere, e la mossa deve essere anticipata-  con decisione-  da Obama.   I Russi giocano sempre a scacchi, e sono bravissimi;  analizzano le situazioni,e  studiano le reazioni dell’avversario  facendo piccole mosse  banali, prima della mossa finale, ma sempre pronti a modificare la tattica se le cose si mettono male. Gli americani giocano invece a poker; lasciano che la posta aumenti nel piatto, ma quando si mettono in gioco le libertà, la civiltà e la vita stessa di milioni di persone, allora  è necessario che ‘’vedano’’ rilanciando pesantemente: loro sono bravi, e possono avere metodi assai convincenti; d’altronde il poker è il loro gioco nazionale. Ma, il tempo  stringe per entrambi!

Foto: AP, Reuters, FOI

Giuseppe LertoraVedi tutti gli articoli

Ammiraglio di Squadra, ha ricoperto la carica di Comandante in Capo della Squadra Navale e, per quasi 2 anni, quella di Comandante della Forza Marittima Europea in UNIFIL durante la crisi libanese. Precedentemente è stato Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno e “Senior National Representative” Italiano presso USCENTCOM per le Operazioni Enduring Freedom ed Iraqi Freedom. Comandante dell'Accademia Navale per un triennio, in precedenza ha svolto l’incarico di Capo Reparto Aeromobili. Ha comandato fra l’altro la Fregata Maestrale ed il Caccia Mimbelli.

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