Un'altra estate in India per i marò?

Per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre si preannuncia un’altra estate (la terza) in India dopo la decisione del tribunale speciale, istituito per processarli in merito all’uccisione di due pescatori avvenuta il 15 febbraio 2012, di rinviare la prossima udienza al 31 luglio. Uno sviluppo decretato dal giudice Bharat Parashar ma che era stato anticipato da uno dei difensori dei due militari italiani, l’avvocato Diljeet Titus, dopo che la Corte Suprema aveva accolto il ricorso italiano con il quale si chiedeva che non fosse la polizia anti terrorismo (Nia) a guidare le indagini contro i marò, considerato che era stata dichiarata inammissibile l’applicazione del Sua Act, la legge contro il terrorismo e la pirateria. Latorre e Girone devono restare in India ma, a 25 mesi dai fatti contestati, contro di loro non c’è un capo d’accusa e nessun organo giudiziario che li stia perseguendo sulla base di una qualche legge indiana. Accettando il ricorso italiano, la Corte Suprema ha infatti sospeso il processo del tribunale speciale e ha chiesto al governo e alla Nia di presentare i loro pareri entro quattro settimane a cui si aggiungono le vacanze estive degli organi giudiziari indiani determinando così lo slittamento a fine luglio.

L’evidente impasse delle autorità di Delhi aveva indotto la difesa a chiedere un rinvio “sine die” per favorire la richiesta di far rientrare in Italia i due militari in attesa di un eventuale processo. Le possibilità che tale istanza venga accolta sembrano pressoché nulle per almeno tre ragioni. La prima è costituita dal “precedente” dell’anno scorso, quando il governo Monti dichiarò che Latorre e Girone non sarebbero rientrati in India al termine della “licenza elettorale”, salvo poi riconsegnarli alle autorità di Nuova Delhi. La seconda è dovuta alla decisione italiana di non riconoscere alcuna legittimità alle autorità giudiziarie indiane e di ricorrere a un arbitrato internazionale. Iniziativa che avrebbe già visto l’avvio dei preliminari ma circa la quale non sono stati forniti dettagli. Il commissario straordinario Staffan De Mistura aveva annunciato il 26 marzo l’avvio di una «iniziativa internazionale» che «dovrebbe produrre effetti concreti nel giro di un mese al massimo» precisando di non voler fornire troppe informazioni «anche per non rendere troppo formale una posizione che è ancora in formazione» e perché «da parte della controparte ci potranno essere delle contromosse».

Tra la paralisi dell’apparato giudiziario indiano che aveva garantito l’anno scorso un processo in tre mesi e la criptica e impacciata gestione italiana, la vicenda sembra destinata a trascinarsi ancora a lungo nonostante l’India abbia di fatto esaurito le opzioni utili a imbastire un processo. Prima la Corte Suprema ha negato allo Stato del Kerala il diritto di giudicare i marò per un fatto accaduto fuori dalle acque territoriali, poi ha respinto l’applicazione del Sua Act, unica legge che estende la giurisdizione nazionale alla Zona economica esclusiva, fino a 200 miglia dalla costa.

Ciò nonostante, la terza ragione che rende improbabile il rimpatrio di Latorre e Girone è legata al rinnovato peso della loro vicenda nell’aspro confronto elettorale in vista delle elezioni politiche che in India si tengono nei diversi Stati tra il 7 aprile e il 12 maggio. Da sempre elemento critico per l’italiana Sonia Ghandi, leader del Partito del Congresso, la vicenda dei marò è tornata ieri ad esplodere nell’agone politico indiano con un durissimo attacco del candidato premier del partito nazionalista indù Bharatya janata party (Bjp), Narendra Modi (nella foto a sinistra), che ha accusato Sonia Gandhi di favorire i due Fucilieri di Marina che godono della libertà provvisoria e vivono all’interno dell’ambasciata d’Italia a New Delhi. «Signora Gandhi – ha detto in tono provocatorio in un comizio nel nord est – la nazione vuole sapere l’indirizzo della prigione dove sono tenuti» i due militari italiani, aggiungendo l’accusa alla Ghandi di connivenza per le due “licenze” da trascorrere in Italia concesse ai marò: «Hanno ucciso due pescatori innocenti in Kerala e, invece di essere spediti in prigione, sono stati mandati in Italia». In difesa della Ghandi è sceso in campo il chief minister del Kerala, Oommen Chandy, che ha sfidato Modi a provare le sue accuse riguardo all’aiuto fornito ai due marò.

L’aggressività di Modì, favorito nei sondaggi, sembra indicare la volontà di far incarcerare Latorre e Girone ma potrebbe anche solo evidenziare la determinazione di speculare sul caso marò a fini elettorali e c’è chi sottolinea che il Bjp, una volta vinte le elezioni, potrebbe paradossalmente essere più interessato a risolvere in tempi rapidi la crisi con l’Italia, per evitare ricadute negative nelle relazioni internazionali. L’ipotesi di attendere l’insediamento di un nuovo governo per negoziare una soluzione al caso potrebbe però rivelarsi pericolosa e priva di sbocchi; già in passato valutazioni sui possibili sviluppi della vicenda dei marò legate alle scadenze elettorali indiane si sono rivelate infondate. Gestendo direttamente il tentato processo a Latorre e Girone (con tanto di litigi tra i diversi ministeri sulle procedure da adottare) l’apparato governativo indiano si è completamente screditato, al pari degli organismi giuridici, confermando così quanto grave sia stato l’errore di Roma di rimandare i due militari in India. L’assenza di interlocutori credibili a Nuova Delhi, unita alle incognite e ai tempi lunghi del ricorso a un arbitrato internazionale potrebbero quindi rafforzare la percezione che Latorre e Girone restino ostaggi della politica indiana, rischiando l’arresto appena messo piede fuori dall’ambasciata. Un’ipotesi oggi più che mai inaccettabile, che dovrebbe indurre Roma ad attivare ogni strumento utile a rimpatriare Latorre e Girone anche senza il permesso dell’India.

Fonte: il Sole 24 ore

Foto: Ansa, Lapresse, Asia News

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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