Dalle Alpi all’alto mare

Patrizio Rapalino
Dalle Alpi all’alto Mare  
Edibus, Vicenza 201
Euro 22

Dalle prime battute si capisce che l’autore, pur richiamando nel testo  luoghi  e fini pensatori della sua terra  cuneese, stigmatizza la cultura continentale degli italiani, che forse ricordano i confini terrestri delle Alpi, ma spesso ignorano le frontiere marittime, per tacere del ruolo geopolitico e  strategico  avuto dalla Marina nell’ultimo secolo. Ciò, nonostante la promozione secolare della cultura marittima, fatta dalla Marina, dalla sua Rivista  Marittima e dalla sorella Lega Navale Italiana. Eppure furono proprio i  pedemontani sabaudi, dal genio di Cavour, Saint Bon, Brin e perfino Garibaldi, a capire  l’importanza  del mare, del suo dominio, avviando la costruzione di basi navali, arsenali e importanti navi militari e mercantili. L’autore percorre rapidamente gli 80 km che separano  Alba – sua città natale – dalle coste liguri; scende ‘’culturalmente’’ dalle Alpi verso il Mare, ed il salmastro permea il corposo volume senza soluzione di continuità, nella descrizione degli episodi navali, dei protagonisti, ma anche di quelli meno in vista che comunque hanno partecipato, e  fatto la Storia navale contemporanea.

Una descrizione frutto di  meditate e approfondite analisi di uno studioso, serio, intellettualmente onesto e giustamente critico; un volo armonico, schietto, sulle vicende della nostra Marina che hanno caratterizzato il secolo scorso fino ad oggi: ma il libro è assai di più! L’iconografia, ancorché scolorita in alcune immagini, è originale e apprezzabile  e riesce ad esprimere situazioni e emozioni, quasi al pari dello scritto; la documentazione, spesso inedita, riguarda non solo i fatti sul mare, ma le decisioni prese dagli Stati Maggiori, e fa rivivere – senza quei classici appesantimenti che spesso caratterizzano  gli scontri navali-  con una semantica scorrevole e attraverso una obiettiva lente di ingrandimento, i momenti topici della Marina fino ai giorni nostri. Un’originalità e obiettività emergenti in una materia peculiare che, di per sé, ha avuto ben pochi autorevoli scrittori, fra cui si riscontra sovente una certa autoreferenzialità oppure uno spirito polemico gratuito e fuorviante, che non fa premio sulla vera verità storica. I fatti e gli episodi sono descritti con uno stile asciutto, quasi anglosassone, mettendo in seconde fila le opinioni che, invero, non hanno mai fatto la Storia, quella autentica.

Gli episodi sono descritti con uno stile asciutto e privo di qualsiasi retorica, ma sempre corredati da una messe d’informazioni pregevoli e anche di numerose, inedite, ‘’lezioni apprese’’ col ‘’senno di poi’’, ma alcune pure col ‘’senno di prima’’!  Obiettività e spirito critico, consentono all’autore di tenersi in franchia da interpretazioni partigiane e da sterili polemiche, soprattutto nei comportamenti e nell’etica degli equipaggi di allora, compreso  chi ha combattuto eroicamente con i MAS una guerra asimmetrica ante-litteram, e di quelli della ‘’terza dimensione bagnata o asciutta’’( sommergibili o aeromobili), delle loro motivazioni, pensieri, sentimenti, volontà ed errori: dagli Ammiragli all’ultimo ‘’marò’’.

Le battaglie combattute sul mare, pur descritte  sinteticamente, emergono da quelle pagine con la potenza delle nostre corazzate, delle navi da battaglia orgoglio della nostra Marina che allora si poneva come terza-quarta al mondo; ciò non esime l’autore dall’ evidenziare pregi e difetti dei mezzi disponibili, così come sono messi in luce, contestualizzandoli nella dimensione e cornice culturale di quel tempo, i fattori e le cause primarie dell’ insuccesso di certe operazioni navali: dalla farraginosa organizzazione degli Alti Comandi, alla carenza nelle comunicazioni e scambio  ‘’geloso’’ di informazioni a livello interforze e interalleati, alla critica mancanza di un’Aviazione navale organica alla Marina e quella del radar ( di cui la Marina ne era stata ‘’l’inventore’’), al ruolo dei decrittatori inglesi di Ultra, fino al centellinamento del combustibile navale che condizionava pesantemente l’addestramento della Flotta, e molto altro.

La penna tagliente affonda la lama su episodi specifici, in modo non-convenzionale, distaccato ma sempre logico e obiettivo, privo di melina, ma con la forza e il coraggio dell’autenticità, dell’amore per la verità , comunque encomiabile, rispetto a quegli appiattimenti semantici, ideologici e talvolta comodi di altri scrittori che ci hanno spesso ‘’cloroformizzati’’ con giudizi di parte.  Ciò, innanzitutto, nei confronti dei Comandanti che, a parte alcune sparute eccezioni, ’’hanno fatto tutti, il loro dovere’’ mostrando sempre una coesione con i loro equipaggi, una fiducia reciproca, una abnegazione costellata da estremi atti di ammirevole eroismo: è proprio la verità e l’autenticità, senza autoesaltazioni,  che infondono fiducia e rispetto degli estimatori convinti, ma anche di quelli dubbiosi, della Marina che ne esce comunque, a testa alta . Una Marina analizzata nelle diverse epoche, con indiscutibile equilibrio, e dal cervello più che dal cuore, ma anche con l’esperienza marinaresca e storica di un  Capitano di Vascello in servizio.

Non si riscontrano panegirici, né giudizi affettati, affrettati o poco ponderati sui vari episodi, né tantomeno sul personale, ma si nota il coraggio di evidenziare i concetti di fondo, le deficienze riscontrate, le manchevolezze tattiche e anche strategiche, senza giustificazioni pelose, e il comportamento degli uomini –con nomi e cognomi- tenendo sempre presente lo  sbilanciamento fra l’abnormità del conflitto e le modeste  possibilità militari, logistiche e industriali dell’Italia, per farvi fronte.  Il libro è un notevole contributo all’affinamento di alcune verità storiche, sepolte nella polvere da oltre 70 anni, e spesso inedite; ora gli attori sono quasi tutti scomparsi e le fonti, anche quelle segretate  sono venute alla luce, per cui i giudizi risultano metabolizzati, fondati e equilibrati. Anche la strategia e la condotta delle operazioni nel corso dei conflitti, argomento quanto mai discusso, viene affrontato con grande obiettività, scartando gli approcci  degli apologeti e quello dei detrattori, facendo emergere i fatti con  pregi e difetti, meriti ed errori, e anche i diversi, talvolta divergenti, apprezzamenti di situazione fra il Centro e chi operava sul campo.

Meritano, infatti, un cenno in questa recensione, senza nulla anticipare al lettore e senza scendere a livello cattedratico, almeno un paio di aspetti di rilievo che afferiscono la strategia navale e l’etica.  E’ un invito a rivisitare le dottrine sul potere marittimo del Mahan, del Bonamico, del Bernotti e del Di Giamberardino, partendo dalla  secolare ‘’ vexata-quaestio’’ sulla validità della costruzione o meno di ‘’capital ship’’, incluse le Portaerei, oppure limitarsi ad un più numeroso naviglio minore; ma anche a ripercorrere i diversi approcci finalizzati al ‘’dominio del mare’’ con missioni di interdizione (sea-denial) ovvero con attività di sea-control. Parimenti fanno riflettere certi concetti operativi e la condotta delle operazioni, che vanno dall’opinabile scelta della conservazione delle forze navali (fleet in being) in porto, a fronte dell’ iniziativa dell’azione, fino alla loro necessaria concentrazione prima degli scontri. Sotto il profilo etico va riconosciuto che ‘’la colpa’’ di non costruire la Portaerei non fu, secondo sciocchi slogan, di Mussolini, ma di decisioni conservatrici interne alla FA, che solo verso la fine del conflitto, furono oggetto di tardivi ravvedimenti.

Quello che eticamente trova, quindi, conferma, da una schietta e confortante valutazione, è la ‘’voglia’’ dei nostri equipaggi di cogliere ogni occasione per confrontarsi in battaglia con la flotta inglese del Mediterraneo, dimostrando di essere,  davvero, la risorsa più preziosa; l’attaccamento viscerale alla Forza Armata deriva dalla coesione stretta fra i membri della stessa Unità, dalla condivisione di qualunque evento favorevole o negativo vissuto e interiorizzato in modo catartico sulla stessa ‘’barca’’, a prescindere  dal grado.

E ciò vale,  per i Vertici della Marina che hanno lo stesso DNA con spirale salmastra del marinaio, i quali con grande enfasi e lungimiranza soprattutto nei momenti di crisi e di scarsa considerazione politica verso la Marina e le cose di mare, sono riusciti a farne capire l’importanza vitale: emblematico ed esemplare l’avvio di una coraggiosa Legge Navale nel 1975, condotta con grande tenacia, vigore ed efficacia, nonostante i tempi non fossero quelli più favorevoli, dal Capo di Stato Maggiore pro-tempore della Marina, Ammiraglio De Giorgi per garantire la sopravvivenza della Marina stessa. Tale provvedimento ha consentito di proiettare la Forza Armata oltre l’orizzonte a cavallo del Millennio, con una Flotta snella e rinnovata che, pur con grandi sacrifici e difficoltà, è riuscita a svolgere egregiamente i propri compiti a tutela degli interessi nazionali, nel cd.’’Mediterraneo Allargato’’, e  non solo nei settori  marittimi di competenza. Con degli assetti operativi pronti a intervenire in ogni evento, dall’evacuazione dei nostri connazionali da zone di crisi, al loro supporto, con quella professionalità e capacità che – al marinaio- sono sempre state riconosciute anche nelle missioni internazionali.

E tale riconoscimento non viene per caso; viene dai fatti, dalle missioni compiute, dalla capacità della Marina e dei suoi uomini di sapersi adattare ai ruoli più diversi, con sacrifici tipici degli uomini di mare, e con la flessibilità verso ‘’la multilateralità e il multiruolo’’ : un valore unico, spesso negletto da altre Componenti.  La legge De Giorgi ha avuto una valenza storica multipla; non solo la ricostituzione di una Flotta dignitosa e adeguata ai tempi, ma con un’insita lungimiranza che ha consentito di porre le basi, quale corollario importantissimo, per avviare l’agognata Legge sull’Aviazione Navale, dotando innanzitutto la Flotta della prima Portaerei, il Garibaldi (di cui il sottoscritto ha avuto l’onore e anche l’onere di essere il primo Capo Servizio Volo fin dalle fasi dell’allestimento). E ciò, come il solito, non per soddisfare ambizioni personali o della Marina in generale, ma per il sacrosanto dovere di assegnare mezzi adeguati al Comandante in mare dotandolo di uno strumento ‘’aeronavale’’ per la difesa aerea dei convogli, ben consapevoli del duro prezzo pagato con tante vite umane, nel corso del 2° conflitto mondiale, dovuto proprio alla mancanza di una Componente aerea della Marina, mentre gli avversari britannici già  erano già dotati di piattaforme con l’aviazione organica imbarcata.

E,  con un ‘’salto’’ di 40 anni esatti -1973-2013-, la Marina –colpita oggi da una obsolescenza dei mezzi simile a quella del ’73- ma intatta nei suoi valori e nelle proprie tradizioni, è riuscita a farne comprendere l’esigenza esiziale e infungibile alla classe politica e farsi approvare una doverosa e nuova Legge Navale ( anch’essa Legge G.De Giorgi; è cambiato solo il nome da Gino a Giuseppe…), nell’ambito della Legge di Stabilità 2014, per dare nuovo ossigeno ‘’salmastro’’ alla Marina. Che, pur conscia della non florida situazione economico-industriale e occupazionale del nostro Paese, con una visione che parte dalla marittimità dell’Italia, ma si allarga a 360 gradi, tenta di ‘’far ripartire il Paese’’; riesce così da un lato, a tamponare il degrado e la ‘’Sua sparizione ’’ nell’arco di un decennio, ricostituendo una flotta, seppure numericamente limitata, ma più snella, con ruoli ‘’duali’’ allo stato dell’arte, in grado di svolgere al meglio non solo i compiti di Istituto; dall’altra con ovvi benefici occupazionali nella cantieristica e positivi riflessi economici nel comparto industriale, non solo della Difesa.

Il libro è  veritiero, ha grande forza ed è coraggioso; non solo per l’abilità e le indubbie conoscenze dell’Autore, ma per il fatto che molti degli archivi dei belligeranti si sono dischiusi, con alcune novità-verità omesse nel tempo; emblematico il ruolo, per esempio, giocato da Ultra nelle sorti della Flotta italiana, visto che ogni messaggio cifrato cadeva in mano nemica grazie all’abilità dei decrittatori inglesi. Anche alcuni scritti nostrani, come quello dell’Ammiraglio Maugeri che,  oltre a   ‘’puzzare di zolfo’’ e di partigianeria, addossavano a tradimenti le nostre disgrazie navali , oggi  sono miseramente crollati; fra questi vanno ricordati, per i nefasti effetti prodotti, le contumelie gratuite  ed i falsi pregiudizi contenuti nel libro ‘’Navi e poltrone’’del 1952, di Trizzino, mentre oggi vengono definitivamente riabilitati quegli uomini della Marina, in particolare del Ministero, tacciati dal suddetto di essere in combutta col nemico.

Questo libro, lo ripeto, non solo soddisfa i cultori della materia e fa chiarezza su alcuni aspetti  e episodi trascurati nel tempo, ma ha un valore aggiunto davvero essenziale e prezioso che va ben oltre: ci fa capire quanto importante sia lo studio della Storia e di quella Navale, soprattutto  per la formazione degli Ufficiali di Marina. La  conoscenza della Storia è una necessità imperativa per tutti gli Ufficiali di Vascello, e non; prendere decisioni operative in teatri inconsueti senza conoscere la Storia, gli interessi locali ed il contesto internazionale è dilettantesco e perfino pericoloso. Quindi l’Autore fa capire che la cultura navale, sommata a un ragionamento logico e metodologico, più che la conoscenza dei singoli episodi e dei dettagli tattici, sono supporti fondamentali  al decisore. E, altresì, costituiscono, insieme con le ‘’lezioni apprese’’ opportunamente elaborate, quel bagaglio indispensabile al Comandante che va per mare, per affrontare situazioni ignote o incerte, spesso non omologabili con il ‘’precedente’’, prendendo le decisioni pertinenti più sagge ed opportune.

Se l’autore riesce a far comprendere questo, e ci riesce molto bene, cioè a cogliere tale  augurabile ‘’target’’ e a smuovere la sensibilità critica del lettore , Ufficiale di Marina o non, dal limitato gusto epistemologico e dal piccolo cabotaggio  della Storia in quanto tale, per farne anche uno strumento scientifico di crescita culturale e professionale, allora l’opera paga ampiamente gli sforzi profusi e l’autore può esserne pienamente soddisfatto.

Giuseppe LertoraVedi tutti gli articoli

Ammiraglio di Squadra, ha ricoperto la carica di Comandante in Capo della Squadra Navale e, per quasi 2 anni, quella di Comandante della Forza Marittima Europea in UNIFIL durante la crisi libanese. Precedentemente è stato Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno e “Senior National Representative” Italiano presso USCENTCOM per le Operazioni Enduring Freedom ed Iraqi Freedom. Comandante dell'Accademia Navale per un triennio, in precedenza ha svolto l’incarico di Capo Reparto Aeromobili. Ha comandato fra l’altro la Fregata Maestrale ed il Caccia Mimbelli.

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