Fermate "Mare nostrum" È emergenza nazionale

di Alfredo Mantovano* da Nuova Bussola Quotidiana

“O accettiamo destino e valori in comune o perdiamo il ruolo stesso dell’Europa davanti a sé stessa. (…) la civiltà di andare a salvare vite umane non può essere appannaggio di un solo Stato”: è il principale passaggio dedicato all’immigrazione nel discorso che il premier Renzi ha tenuto alle Camere per illustrare le linee-guida del semestre di presidenza italiana dell’Ue.  Come non condividere un’affermazione del genere? Il problema è che in Europa – e non solo lì – le dichiarazioni contano poco se divergono dai fatti. Lo schema logico del primo ministro italiano è semplice, in apparenza inconfutabile: da mesi l’Italia è impegnata in Mare nostrum, così ha salvato tante vite umane e ridotto lo sfruttamento dei migranti che partono dal territorio libico, ergo, mostrato all’Europa che cosa va fatto, attende che l’Europa prenda in carico la questione.È realmente positivo il bilancio di un’operazione consistita anzitutto nell’avanzamento della linea delle nostre unità navali nel Mediterraneo, con la conseguente raccolta dei migranti in prossimità delle acque territoriali della Libia?

Proviamo a scomporla in segmenti, prendendo le mosse dalle coste libiche:
a) i trafficanti di uomini, avendo moltiplicato gli affari e ridotto gli investimenti di mezzi, hanno abbassato a circa a 800 euro a testa le tariffe per salire su una imbarcazione, a causa del minor numero di miglia marine da percorrere;
b) chi giunge sulla costa non possiede neanche quella somma: in genere porta con sé il minimo, per non essere depredato. Il che vuol dire che, prima di affrontare il Mediterraneo, lavora per mesi in condizioni di schiavitù (10 euro al giorno) pur di racimolare il costo del biglietto;
c) le giovani donne sono sistematicamente e impunemente violentate da soldati e miliziani;
d) la riduzione del ticket, la distanza inferiore da coprire e l’affidamento sulle navi italiane fanno sì che le imbarcazioni allestite dagli scafisti siano più precarie di prima: ciò aumenta la possibilità che si rovescino poco dopo la partenza. Le notizie di numerosi morti in mare non mancano, hanno solo minore rilievo;

e) di una parte significativa di migranti non si sa nulla. La circostanza che dalle lance a servizio della Marina militare non sempre vengano condotti sulle navi-madre, dove di regola avviene l’identificazione, bensì direttamente in qualche porto siciliano, o calabrese o pugliese, riduce le individuazioni di chi arriva. Parallelamente è ridotto lo screening sanitario, spesso coincidente con la misurazione della temperatura corporea. Questo significa che in Italia circola una quantità crescente di persone in balia di sé stesse, prive di documenti anche provvisori, facili prede della criminalità, e altrettanto facilmente da essa reclutabili, che nella migliore delle ipotesi, dopo notti trascorse in stazioni ferroviarie o in fermate di autobus, provano a raggiungere parenti o amici che vivono in altre Nazioni europee;

f) l’omessa identificazione di una parte di chi arriva è particolarmente grave quando riguarda i minori senza genitori, cioè i soggetti che hanno necessità di più accentuata tutela e protezione. Oggi, a differenza del passato, i minori che sbarcano non sono soltanto tunisini o egiziani prossimi alla maggiore età, mediamente capaci di badare a sé stessi, bensì eritrei o somali di 10-11 anni. Dove e da chi andranno?
g) a fronte di circa 50.000 domande di asilo o di protezione umanitaria presentate, sono state finora trattate appena 5.000, spesso con provvedimenti non definitivi, dalle commissioni dislocate in prevalenza al Sud e in Sicilia. Gli altri richiedenti attendono senza far nulla; nel frattempo giacciono nei centri, ovvero in uno dei tanti alberghi con cui vengono stipulate convenzioni: nel primo caso, al costo di 35 euro al giorno, nel secondo caso a molto di più. Ci restano anche dopo l’eventuale rigetto della richiesta di protezione, perché in genere impugnano il rigetto, e ciò permette loro di continuare a essere assistiti fino a 18 mesi, sempre che non decidano di dileguarsi. Alla Ue il governo italiano dovrebbe spiegare perché non adotta misure per accelerare l’esame delle domande e perché non si rimanda a casa coloro che non hanno titolo per restarci dopo il rigetto della domanda;

i) il malcontento tra le forze di polizia ha raggiunto il limite, fra straordinari e missioni pagati dopo mesi, e mezzi insufficienti di fronte all’emergenza, privi perfino delle mascherine quando compiono le operazioni di primo soccorso.
All’orizzonte la quantità di profughi in arrivo ha dimensioni enormi: se ne stimano 800.000 in movimento dall’Iraq, cui si sommano coloro che ancora fuggono dalla Siria, e poi da Egitto e Libia, senza contare i flussi dal Sub-Sahara. Dove andranno? Chi li accoglierà? Si dilaterà Mare nostrum fino a recuperarli tutti? Urge un governo del fenomeno: quello che finora è mancato. È mancata la considerazione europea della tragedia del Mediterraneo; ma una parte di questa omissione sta nel disastro combinato dall’Italia e, non riuscendo a venire a capo di ciò che accade al proprio interno, nella scarsa autorevolezza e concretezza delle proposte formulate in sede Ue.

Si consideri quanto accade emergenza nazionale, superando l’improvvisazione e l’abbandono che hanno regnato finora. Si fermi Mare nostrum e si colga l’occasione del semestre italiano di presidenza per varare un piano d’azione sulle coste libiche, che collochi in quel territorio centri di accoglienza e commissioni con targa europea per valutare lo status di rifugiati, trasferendo poi in condizioni di sicurezza coloro a cui viene riconosciuto fra gli Stati dell’Ue, in modo proporzionato. E’ difficile? È impossibile se non lo si prospetta.

Nelle more, emergenza per emergenza, si approvi una ordinanza di riconoscimento della protezione umanitaria a tutti coloro che arrivano; giuridicamente è meno della qualifica di profughi, ma permette di ricevere subito un permesso temporaneo, senza attendere i tempi della commissioni asilo, e quindi di recarsi in altre Nazioni europee, essendo però muniti di una identità certificata. Se la Ue non concorda di principio sul border sharing, glielo si può far sperimentare nei fatti. Proposte azzardate? allora si dichiari senza tentennamenti che si è soddisfatti del bilancio vero di Mare nostrum: più morti, più sfruttamento, più violenze, più congestione

* già sottosegretario al Ministero degli Interni

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