Baghdad: lo Stato Islamico ha materiale atomico
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) – I miliziani sunniti che da settimane imperversano nel Paese, conquistando ampie porzioni di territorio – in particolare a nord e nell’ovest – hanno sequestrato “materiale nucleare” usato in passato per ricerche scientifiche. È quanto riferiscono fonti governative irakene alle Nazioni Unite, spiegando che il furto è avvenuto in una università di Mosul, nel nord dell’Iraq, dove circa 500mila persone, cristiani e musulmani, sono fuggite il mese scorso, originando una crisi umanitaria, economica e politica. In una missiva – scoperta e pubblicata dalla Reuters – l’inviato di Baghdad all’Onu avverte che sono spariti “almeno 40 chili di composti derivati dall’uranio”; autori del furto alcuni membri di quello che era lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis, formazione sunnita jihadista già legata ad al Qaeda), ora miliazioni del califfato islamico.
Nella lettera il diplomatico irakeno chiede aiuto alla comunità internazionale, perché venga “allontanata la minaccia di un loro uso da parte dei terroristi in Iraq o all’estero”. Tuttavia, alti funzionari degli Stati Uniti – che in passato hanno usato il grimaldello delle armi chimiche o atomiche per attaccare l’Iraq o chiedere l’intervento armato in Siria – hanno voluto “minimizzare” la possibile minaccia; fonti del governo americano sottolineano infatti che il materiale sottratto non dovrebbe essere uranio arricchito e con molta difficoltà può essere usato per fabbricare armi.
Diversa l’opinione dell’ambasciatore irakeno Mohamed Ali Alhakim, secondo cui il quantitativo rubato, sebbene “limitato”, può permettere “ai gruppi terroristi con le competenze necessarie”, a usarle “separate o combinate con altri materiali per compiere attentati terroristici”. Egli non esclude inoltre la possibilità che il materiale atomico possa essere “trafugato all’estero”.
Ieri le autorità di Baghdad hanno confermato le voci secondo cui i miliziani hanno assunto il controllo di una fabbrica di armi chimiche in disuso, situata a nord-ovest della capitale. Anche in questo caso le Nazioni Unite e Washington hanno contenuto il livello dell’allerta, spiegando che le munizioni sono ormai “degradate” e i ribelli non potranno usare il materiale chimico per la fabbricazione di armi.
Dopo aver conquistato ampie porzioni di territorio e aver attaccato dighe, pozzi petroliferi e altri centri strategici, le milizie estremiste – già attive da tempo in Siria nella guerra contro il presidente Bashar al Assad – puntano sugli armamenti chimici e atomici. Oggi il materiale nucleare è dunque a disposizione di chi, in passato, incolpava proprio Damasco di abusi e violazioni legate all’uso di armi chimiche. E non esitava ad usarle sulla popolazione civile.
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