Le reazioni cinesi al Rapporto USA sul riarmo di Pechino

da Pechino, Andrea Ghiselli

Il 5 giugno è stato pubblicato l’annuale rapporto al Congresso USA riguardo lo stato delle forze armate cinesi. Nel rapporto sono toccati vari temi, fra cui la poca trasparenza del budget militare, l’organizzazione delle forze armate cinesi, la situazione dell’industria bellica cinese e i rapporti fra Cina e Taiwan. Attenzione speciale è dedicata anche alla sicurezza informatica e allo sviluppo della prima portaerei cinese autoctona (il cui completamento è stato stimato dopo il 2020), dei missili balistici Dongfeng 41 e dei droni.
Le reazioni cinesi non si sono fatte attendere. Il giorno seguente l’Ufficio per l’Informazione del Ministero della Difesa cinese ha emanato un breve comunicato affermando che questo genere di rapporti, preparati dal Dipartimento della Difesa fin dal 2000, servono solo a spargere la cosiddetta “teoria della minaccia cinese”, cioè l’idea che l’ascesa della Cina sia una minaccia per l’ordine regionale e, eventualmente, mondiale. Nel comunicato comunque non c’è nessun riferimento a contenuti specifici, i quali però “verranno affrontati più tardi in attesa di una più attenta valutazione”.

Durante una conferenza stampa tenutasi il giorno stesso, tuttavia, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hong Lei ha dichiarato che dietro i toni usati per descrivere lo sviluppo delle forze armate cinesi ci siano sicuramente dei secondi fini e viene ignorato il fatto che le forze armate cinesi hanno un ruolo puramente difensivo nei confronti degli interessi nazionali. Oltre all’indipendenza e la sovranità cinesi, la politica estera cinese e l’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) mirano a contribuire nel mantenimento della stabilità regionale e mondiale. Il portavoce ha accusato gli USA di avere ancora una mentalità da Guerra Fredda che non gli permette di avere una visione oggettiva e razionale della situazione.

Mentre queste critiche ufficiali cinesi rimangono poco dettagliate e non rappresentano un significativo cambio di atteggiamento nei confronti americani, sui media cinesi il rapporto del Pentagono è stato accolto con toni molto più critici.

Xu Guangyu, un ricercatore presso l’Associazione Cinese per il Controllo delle Armi e il Disarmo, ha commentato  per il Global Times dicendo che il rapporto serve principalmente ad espandere l’influenza americana in Asia e, dipingendo la Cina come il nuovo nemico, a supportare l’industria bellica a stelle e strisce. Nello stesso articolo, l’esperto di affari militari Zhang Junshe definisce i dati riportati nel documento americano poco affidabili, “trovati su internet”. I commentatori cinesi hanno poi respinto le accuse di poca trasparenza del budget ufficiale per la difesa. Per esempio, è stato messo in evidenza come il budget per la difesa cinese stimato dal Pentagono dell’anno scorso sia molto maggiore rispetto a quello stimato quest’anno. Questo per far capire che mentre i dati americani sono il frutto di un’esagerazione di qui anche gli USA si sono resi conto quest’anno, Pechino è stata trasparente nelle proprie dichiarazioni nonostante le accuse del contrario. Altre critiche

di incoerenza sono arrivate per quanto riguarda la valutazione della politica cinese in termini di cooperazione e cyber security. In entrambi i casi Pechino viene infatti descritta sia come una minaccia concreta che come un partner dal grande potenziale. Tutte queste critiche sono state riassunte in un incendiario editoriale dell’agenzia stampa Xinhua in cui le sobrie critiche mosse a livello ufficiale si trasformano in un chiaro avvertimento di come le relazioni sino-americane soffriranno come risultato di questo tipo di documenti.

Le critiche cinesi hanno comunque un fondo di verità. Per esempio, enfatizzare i rischi dovuti alla crescita militare della Cina serve sicuramente agli interessi dell’industria bellica americana che trova in Giappone, Corea del Sud e Australia i tre maggiori acquirenti  di aerei F-35 e dei sistemi per la difesa aerea Aegis. Inoltre, le accuse contro Pechino di spionaggio informatico non possono che suonare ipocrite dopo lo scandalo della NSA.

Tuttavia, difficilmente ci saranno ripercussioni concrete nel momento in cui tre navi
della marina militari cinese, con squadre di forze speciali a bordo, sono partite il 9 maggio per partecipare per la prima volta assoluta all’esercitazione RIMPAC organizzata dagli USA  fin dal 1971 presso le isole Hawaii in collaborazione con altri paesi asiatici e non.
Per concludere, questo rapporto non rappresenta un elemento significativo nei rapporti sino-americani. Tuttavia, esso è da considerare come l’ennesimo messaggio diretto dagli USA agli altri Stati asiatici per indurli a mantenere alta la guardia e renderli coesi attorno alla leadership di Washington. Nel momento in cui il ribilanciamento in Asia delle forze armate americane procede a rilento a causa dei costi economici e dalla volontà non di entrare in scontro diretto con Pechino, è stato notato

che molti stati in Asia hanno cominciato a spendere di più per ammodernare i propri eserciti. In questo modo, pur rimanendo dipendenti dell’appoggio americano, hanno in parte alleggerito il carico di lavoro e i costi che altrimenti sarebbero ricaduti interamente sulle forze armate e sulle finanze statunitensi.

Immagini: Taxas University,Reuters, Xinhua, AFP

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