Svegliamoci, i tagliagole islamici sono tra noi
di Luigi Santambrogio da Nuova Bussola Quotidiana del 21 agosto 2014
«Wake up, svegliatevi!». Papa Francesco avrebbe dovuto estendere il suo appello per i giovani coreani ai governanti italiani ed europei. Basta dormire, datevi una mossa se non volete svegliarvi domani con una scimitarra alla gola. Messaggio che dovrebbe far tornare dal mondo dei sogni pure gli oltranzisti del dialogo con l’islam e dell’accoglienza a mani alzate. Troppo tardi: oggi, più che il Papa a dare una scossa alla nostra assopita Italia servirà il terribile video della decapitazione del reporter americano James Foley, messo in rete dagli stessi macellai dell’Isis. Nel video, il reporter è vestito di arancione, inginocchiato vicino a un uomo armato di coltello e vestito di nero. Il terrorista afferma di essere un membro dello Stato islamico, dice che l’esecuzione del giornalista è la risposta ai bombardamenti americani contro le postazioni Isis in Iraq. Dopo Foley toccherà a Steven Joel Sotloff, un secondo ostaggio americano, che verrà decapitato se Washington non fermerà i raid.
All’attenzione degli analisti c’è ora il particolare per nulla trascurabile che il jihadista dell’Isis si esprime in inglese, con un marcato accento britannico: segno piuttosto evidente della provenienza europea del guerrigliero. E ieri il primo ministro, David Cameron, ha interrotto all’improvviso le vacanze in Portogallo per tornare a Londra per seguire da vicino l’inquietante sviluppo.
Ma che il tagliagole possa venire dalla civilissima Inghilterra può sorprendere solo gli sprovveduti o i finti ingenui: da tempo, infatti, le intelligence di Inghilterra, Francia e Italia avvertono dell’esistenza di una “quinta colonna” presente nelle capitali europee che fiancheggia il terrorismo islamico, gruppi formati da pochi protagonisti palesi e attivi, ma di tanti comprimari che contribuiscono a promuovere la causa dell’islamizzazione globale.
Li chiamano terroristi “self starters”: si auto-indottrinano, sono molto ideologici e potrebbero autonomamente decidere di passare all’azione contro bersagli e obbiettivi simbolo, sulla spinta della propaganda che incita al martirio contro “cristiani, apostati ed ebrei”. E specie in relazione ad eventi percepiti come un’aggressione o offesa all’islam. In Italia, ha scritto recentemente Magdi Allam, «è presente principalmente negli ambienti islamici delle moschee e dei siti Internet, annovera immigrati che non si integrano e quelli che sono nati e cresciuti da noi con o senza cittadinanza, con un peso crescente degli italiani convertiti che più agevolmente e spavaldamente si avvalgono e sfruttano le nostre leggi e risorse per diffondere la causa di Allah».
Affermazioni confermate dalla cronaca: decine di imam espulsi, l’ultimo quello di San Donà di Piave, il marocchino Abdul-Barra Ar-Rawda, allontanato dal ministro dell’Interno Alfano. E poi almeno 50 terroristi islamici residenti in Italia partiti per combattere la loro guerra santa in Siria e in Iraq. Come Giuliano Ibrahim Delnevo, il venticinquenne genovese ucciso in Siria nel 2013 ed elevato a “martire” dell’islam. O come il marocchino Haisam noto con il soprannome di Abu Omar. Viene arrestato dalla nostra polizia e subito liberato mentre partecipa all’assalto dell’ambasciata siriana del 12 febbraio 2012. Denunciato a piede libero, Haisam Abu Omar ripara in Siria per unirsi ai gruppi combattenti. La sua faccia ricompare in un inquietante video in cui insieme ad altri militanti partecipa alla spietata esecuzione di 7 soldati governativi appena catturati e assassinati con un colpo alla nuca.
Non è un mistero, che la quinta colonna dei tagliagole si avvalga anche di coperture negli ambienti sia dell’estrema destra sia dell’estrema sinistra, benefici di cospicui aiuti finanziari e logistici da parte di molte Ong italiane e straniere, laiche, cattoliche e musulmane, che simpatizzano più o meno pubblicamente ed esplicitamente con il terrorismo islamico. Una realtà smascherata dalla sconcertante vicenda delle due ragazze italiane, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, rapite ad Aleppo, Siria, la notte dello scorso 31 luglio. Nel cartello in arabo con cui Vanessa e Greta si sono fatte fotografare in una manifestazione si legge: «Agli eroi della Brigata dei Martiri – Grazie dell’ospitalità – Se Allah vorrà, presto Idlab sarà liberata – E noi ci torneremo». La “Brigata dei Martiri”, in arabo Liwa Shuadha, è anch’essa un gruppo di terroristi islamici il cui capo, Jamal Maarouf, ha ammesso di collaborare con Al Qaeda. Questa è la tragica realtà che forse le due giovani hanno sottovalutato: i terroristi islamici non fanno differenze tra nemici e amici e nella jihad non c’è posto per i buoni e caritatevoli sentimenti.
I cittadini o residenti europei che in questi quasi tre anni hanno preso parte al jihadin Siria sarebbero quasi 5000. I contingenti più numerosi, dopo quello francese, sono del Regno Unito, del Belgio e della Germania. In rapporto alla popolazione, il paese con la maggiore presenza di jihadisti in Siria è il Belgio (sarebbero 2,7 ogni 100 mila abitanti). Ecco in dettaglio chi sono e quanti sono i guerriglieri della brigata europea di Allah.
In Italia, la brigata può contare su almeno 50 elementi: tanti sono i militanti partiti dal nostro Paese che ora si troverebbero soprattutto nel Nord della Siria e tra questi ci sarebbe anche una donna. Di questi, 6 o 7 sono cittadini italiani convertiti all’islam. Ma ecco cosa scrivono i nostri 007 al riguardo: «C’è un ininterrotto attivismo, sulla rete, di giovani perlopiù completamente formati dal punto di vista ideologico o che sono ancora in fase di auto indottrinamento, sia appartenenti alla seconda generazione di immigrati sia cittadini italiani caratterizzati da una visione intransigente dell’islam e da atteggiamenti di insofferenza verso i costumi occidentali».
Per quanto riguarda in particolare la crisi siriana, «numericamente contenute sono risultate le partenze dall’Italia di cittadini siriani intenzionati a sostenere la rivolta in madrepatria o a fornire supporto umanitario alla popolazione, ma non sono emersi strutturati canali di instradamento verso quel teatro di aspiranti mujahidin». I servizi segnalano in prospettiva possibili «insidiosi casi di reducismo, nonché forme di riattivazione sul territorio nazionale, in funzione di sostegno al jihad siriano, di circuiti estremisti di origine prevalentemente maghrebina rimasti sinora sottotraccia».
Francia. Per ammissione dello stesso presidente François Hollande, con i suoi 700 combattenti in Siria la Francia è il Paese europeo col più grosso contingente di jihadisti. Si tratta quasi sempre di immigrati o figli di immigrati dal Nordafrica, ma si danno anche casi di giovani convertiti francesi. Come i fratellastri Nicolas e Jean-Marie, 30 e 22 anni, di Tolosa morti in battaglia: il primo in un attentato suicida a Homs e il secondo nei combattimenti di Aleppo. Anche l’attentatore del Museo Ebraico di Bruxelles è un cittadino francese, Mehdi Nemmouche, di origine magrebina e islamico radicale, ex carcerato pluri-recidivo e con più di un anno di esperienza militare nella guerriglia siriana, inquadrato nell’Esercito Islamico dell’Iraq e del Levante.
Francese è pure l’autore dalla strage alla scuola ebraica di Tolosa, commessa da Mohammed Merah, pregiudicato: nel suo curriculum di guerra c’è anche con uno “stage” di terrorismo in Afghanistan. Recentemente, le cronache si sono occupate del caso di due adolescenti di Tolosa, un 15enne e un 16enne, che sono partiti per unirsi al jihad in Siria acquistando un biglietto aereo per la Turchia. Traumatizzati dal soggiorno in territorio siriano, sono tornati in Francia con l’assistenza delle autorità turche.
Regno Unito. Gli estremisti britannici che si sono uniti allo Stato Islamico in Siria e Iraq sono «i combattenti tra i più feroci». É l’opinione di un esperto del King’s College di Londra, secondo il quale musulmani sunniti radicali provenienti dal Regno Unito stanno prendendo parte al conflitto “in ogni suo ambito”. Di tale ferocia i londinesi hanno avuto la prova lo scorso anno quando Lee Rigby, soldato britannico, è stato sgozzato per strada con un machete da due nigeriani al grido di: «Nessuno di voi potrà dirsi al sicuro (…) Noi abbiamo fede in Allah e non finiremo mai di combattervi». Parole mai scordate nella capitale, dove si fanno da mesi le stime di quanti musulmani hanno lasciato l’isola per andare a combattere in Siria: almeno 500, forse anche di più. Venti sono gli uomini morti nel combattere per la Siria.
Qualche giorno fa, il rapper londinese Abdel-Majed Abdel Bary ha postato una foto dalla Siria in cui esibisce la testa mozzata di un nemico. Bary ha lasciato in Inghilterra un appartamento da un milione di sterline, preferendo alla noia degli agi borghesi, la via del sangue. E sono sempre più numerose le donne, in genere musulmane immigrate, che desiderano trasferirsi in Siria e sposarsi in forma permanente con combattenti. Ne hanno dato notizia The Times e il Daily Telegraph, raccontando di un blogger jihadista di lingua inglese al quale si rivolgono le aspiranti spose in cerca di veri credenti impegnati nel campo di battaglia siriano.
Dall’Olanda, sono partiti per la Siria almeno 100 guerriglieri. Ciò ha spinto Frans Timmermans, ministro olandese degli Affari Esteri, e il suo omologo belga Didier Reynders a esprimere serie preoccupazioni su questo trend, troppo sottovalutato dai media occidentali e dalla stessa Ue. «Questi giovani faranno ritorno in patria traumatizzati e dopo aver subito un totale lavaggio del cervello», hanno dichiarato i due ministri ad un incontro internazionale. Secondo i due diplomatici «essi saranno una potenziale minaccia per i Paesi europei». In Olanda sono già diverse decine le famiglie che chiedono al Ministero degli esteri e alle organizzazioni internazionali indicazioni su come riportare indietro i loro figli.
Danimarca. “I giovani gangster combatteranno in nome dell’Islam”, titolava qualche tempo fa un quotidiano della capitale. Secondo i servizi segreti danesi, infatti, diversi esponenti delle più violente bande di immigrati di Copenaghen sono attualmente in Siria per partecipare alla guerra santa. Ciò rischia di aggiungere una componente fondamentalista alla vita di criminali incalliti. «È una nuova tendenza. Queste persone sono già potenzialmente violente, e tornando a casa hanno accesso ad armi ed esplosivi. Il rafforzamento dei legami tra i criminali comuni e gli islamisti è inquietante», dichiarava il capo dell’intelligence intervistato dal quotidiano.
Neppure i belgi, infine, di sicuro dormono sonni tranquilli: in Europa il Belgio sarebbe infatti diventato “Il principale punto d’origine” dei giovani che partono per la Siria, scrive De Morgen. Il quotidiano cita un esperto di terrorismo, secondo cui «in Belgio esiste ancora un grande [bacino] potenziale di combattenti», anche se «molti di loro resteranno delusi. Hanno in mente un’immagine eroica e vogliono diventare guerrieri, ma la maggior parte di loro non avrà un’arma. Sono impiegati per costruire barricate, per tenere un posto d’osservazione o come carne da cannone».
Foto: Reuters, AP, Stato Islamico
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