Libia: Zuara si ribella ai trafficanti di esseri umani

Reportage di Nancy Porsia –Agenzia Redattore Sociale

Zuwara (Libia) – Erano terrorizzati, spaventati, le decine di eritrei stipati nel casolare di campagna alla periferia est della città di Zuwara, quando un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione lo scorso 20 agosto. E’ stato detto loro che avrebbero dovuto lasciare la città immediatamente e abbandonare l’idea di imbarcarsi da Zuwara verso l’Europa. Dopo aver distribuito dell’acqua e del cibo tra i migranti, le brigate della città sulla costa occidentale della Libia hanno accompagnato con delle macchine i 170 uomini provenienti da Ghana, Mali, Nigeria e Somalia, alle porte della città di Sabratha, in direzione della capitale Tripoli. Uno degli uomini che ha preso parte all’operazione, ha raccontato a Redattore sociale: “Siamo stanchi di vedere affiorare sulla nostra costa i corpi mutilati dei migranti.” Poi, con fare sbrigativo ha continuato: “Inoltre siamo molto preoccupati per il rischio epidemia: il pericolo che il virus Ebola arrivi qui in città ci terrorizza”. Zuwara, città berbera sul versante occidentale della costa libica, al confine con la Tunisia, è considerata il maggior snodo del traffico degli esseri umani dalla Libia verso l’Europa.

Mei periodi di alta stagione per i migranti, da giugno fino a settembre le carrette che attraversano il mar Mediterraneo partono a ritmo giornaliero. Ogni viaggio genera un giro di affari di circa 150 mila euro. Tra le spese anche il pedaggio di circa 18 mila euro da pagare alle milizie locali alla ricerca di forme di autofinanziamento per i propri arsenali di guerra. Tuttavia la consapevolezza del rischio che questi migranti possano di fatto veicolare virus contagiosi, pare sia riuscita a mettere insieme la società civile, stanca dello stillicidio di uomini e donne a cui sono costretti ad assistere sulle loro coste, e anche le milizie. Foto dei corpi mutilati dei migranti naufragati insieme con le imbarcazioni sempre più logore messe in mare dai trafficanti degli esseri umani, sono oggi esposte in alcuni caffè sulla spiaggia di Zuwara. A metà agosto decine di persone sono scese in piazza per manifestare contro gli smugglers.

“Non lasceremo che i trafficanti trasformino Zuwara in una città di vampiri” recitava un cartello brandito in piazza da un ragazzo, il cui volto era celato da una mascherina chirurgica, chiaro riferimento al rischio contagio per la popolazione locale. Il movimento civile insieme al pugno di ferro adottato dalle milizie locali ha di fatto fermato le partenze dei “barconi della speranza” verso l’Europa. “Fino ad oggi abbiamo mandato via circa 700 persone. Poi abbiamo bloccato le operazioni di ricerca, perché fondamentalmente non sappiamo verso dove indirizzarli”, ci ha spiegato uno dei miliziani impegnati nella campagna contro il traffico.

Le autorità di Zuwara sono oggi impegnate in colloqui con le istituzioni internazionali per definire un piano di assorbimento delle migliaia di uomini e donne presenti in città. “Abbiamo avuto vari incontri con l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, ma ad oggi non è stata presa nessuna misura concreta”. Mentre le istituzioni sembrano latitare sulla terra ferma sulla sponda sud del Mediterraneo, anche in mare i migranti rischiano di essere lasciati nuovamente in balia del loro destino. I militari italiani dell’operazione italiana Mare Nostrum che dallo scorso ottobre hanno salvato oltre 70 mila persone, 4 mila solo nell’ultimo weekend, potrebbero andare via, come annunciato dal ministro degli Interni Angelino Alfano a metà dello scorso mese.

Nel frattempo s’intensificano gli scontri in Libia tra le milizie rivali e le centinaia di uomini, donne e bambini da Siria, Eritrea, Somalia, Sudan, Gana, Mali Pakistan e Bangadesh che cercano ogni giorno di conquistarsi un posto su uno dei barconi in partenza per l’Europa. Barconi logori con motori poco affidabili o addirittura gommoni come gli Zodiak vengono messi in mare. Un posto su una di queste carrette oggi costa circa 350 euro, prezzo nettamente inferiore rispetto allo scorso giugno, quando il business era ancora strutturato su dei parametri minimi di sicurezza. Tra venerdì e sabato l’ennesimo barcone è naufragato a un miglio dalla costa libica.

Era partito da Sabrata, citta’ sul versante occidentale della costa libica, a Est di Zuwara, ci ha riferito una fonte della citta’ berbera. Quarantaquattro corpi sono stati rinvenuti domenica scorsa dalla Guardia Costiera tunisina a Ben Guerdane, città al confine con la Libia. Mentre i corpi di altri ventisette migranti sono emersi sulla spiaggia di Farwa, isola a mezzo miglio dalla costa di Zuwara. Tuttavia il bilancio delle vittime di questo ennesima tragedia che si è consumata nelle acque del Mediterraneo è destinato a salire. Infatti resta sconosciuto il numero delle persone a bordo del peschereccio naufragato. “Quel peschereccio è rimasto fermo per sette anni nel porto di Sabrata. Esposto al sole e alle intemperie. Il legno era fradicio e non ha retto alla pressione del mare”, ha concluso l’uomo.

Foto: Marina Militare

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